Frescobaldi, Dino
Rimatore del dolce Stil nuovo; ne ignoriamo sia la data di nascita, sia quella di morte. Tuttavia da alcuni documenti che lo riguardano si evince che egli sarebbe nato dopo il 1271 e morto prima dell'aprile del 1316. Appartenne a potente, più che nobile, famiglia di mercanti e di banchieri; fu figlio di un poeta, cioè del guittoniano messer Lambertuccio di Ghino, e padre di un poeta, cioè dell'epigono stilnovista, Matteo; poeta egli stesso, ormai tradizionalmente incluso nel gruppo degli stilnovisti, sebbene non sia mai ricordato da Dante.
" Bello uomo del corpo e piacevole " e " grande vagheggiatore " secondo il Velluti, il quale aggiunge che Dino trasse in moglie una certa Giovanna, poi monacatasi in San Donato da Rifredi, e che ebbe due figli, il già ricordato Matteo e Lambertuccio (Cronica domestica, a c. di I. Del Lungo e G. Volpi, Firenze 1914, 93). " Famosissimo dicitore per rima " lo definisce il Boccaccio, sia nel Trattatello in laude di D., sia nelle Esposizioni sopra la Comedia di D., con giudizio piuttosto genericamente topico che consapevolmente critico, quando in entrambi i luoghi egli ricorda il preteso ritrovamento a Firenze, in circostanze singolari, dei primi sette canti dell'Inferno. Questi canti sarebbero stati mostrati subito al F. e sottoposti al suo giudizio; ed egli avrebbe procurato che fossero inviati al marchese Moroello Malaspina, presso il quale dimorava D., perché inducesse il poeta a continuare la sua opera (è noto che questa testimonianza del Boccaccio fu di grande momento nella formulazione dell'ipotesi de I due tempi della D.C. da parte di G. Ferretti, Bari 1935). Di lui ci son pervenuti 16 sonetti (2 in vario modo doppi) e 5 canzoni oltre a una canzone dubitativamente attribuitagli. Pur nell'esiguità di questa produzione e nell'ambito della comune poetica stilnovistica, il F. è tutt'altro che un orecchiante ripetitore. Egli sembra aver coscienza del progressivo logorarsi del linguaggio stilnovistico; ma, incapace di spostare l'accento dalla figuralità oggettiva all'analisi psicologica soggettiva (come nel miglior Cino, invischiato anch'egli nella crisi), tenta di rompere i confini della ‛ dolcezza ' e della ‛ paura ' con l'inserimento, nel tessuto linguistico ormai pressoché cristallizzato, d'immagini ardite (la donna amata " che si fa loba e trovasi possente ") e violente (" se m'abbraccia da tua parte [cioè da parte della Morte] il pensier, il bacio in bocca "). Talora si rifugia in un immaginoso allegorismo, che può sembrare ispirato all'impostazione iniziale del poema dantesco (particolarmente nella canzone Voi che piangete ne lo stato amaro), così come quelle immagini ardite e violente ricordano qualche volta certi specifici movimenti delle ‛ petrose '.
Bibl. - Tutti i componimenti poetici del F. in Rimatori del Dolce stil novo, a c. di L. Di Benedetto, Bari 1939, 89-109, e in Poeti del Dolce stil nuovo, a c. di M. Marti, Firenze 1969, 353-419, con introduzione e ampio commento (solo cinque di essi in Contini, Poeti I 615-627). Sulla biografia: S. Debenedetti, Matteo F. e la sua famiglia, in " Giorn. stor. " XLIX (1907) 314-342; ID., Lambertuccio F., poeta e banchiere fiorentino del sec. XIII, in Miscellanea Manzoni, Firenze 1907, I 19-55; ID., recens. a I.M. Angeloni, D.F. e le sue rime, Torino 1907, in " Giorn. stor. " LI (1908) 344-348.
Per il resto occorrerà rifarsi alle trattazioni generali sullo Stil nuovo, a parte i due soli importanti scritti ove sono affrontati i problemi specifici della poesia e della personalità del F., e cioè L.F. Benedetto, il " Roman de la Rose " e la letteratura italiana, in " Beihefte zur Zeit. Romanische Philol. ", Halle 1910, 151 ss.; e D. De Robertis, il " caso " F. - per una storia della poesia di Cino da Pistoia, in " Studi Urbinati " XXVI (1952) 31-63.