MANTOVANI, Dino
Nacque il 14 nov. 1862 a Venezia, da Antonio, medico, che aveva prestato la sua opera nei moti del 1848 a Venezia, e da Matilde Badoer, di famiglia patrizia veneziana. Dopo essersi diplomato nel 1880 a Venezia, presso il liceo-ginnasio M. Foscarini, dove ebbe come professore di lettere P. Molmenti, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Padova. Trasferitosi nel 1882 all'Università di Bologna, fu irresistibilmente attratto, anche per influenza di G. Carducci (di cui seguì assiduamente le lezioni) e del suo ambiente, verso gli studi letterari.
Nel 1884 conseguì la laurea in giurisprudenza, ma non praticò mai la professione forense. Trasferitosi a Roma nello stesso anno, cominciò a collaborare (con lo pseudonimo di Sordello) al Capitan Fracassa e alla Cronaca bizantina, nelle cui redazioni conobbe G. D'Annunzio, E. Scarfoglio e Matilde Serao.
La condizione economica del giornalista era in quegli anni assai precaria, e il M., per interessamento di F. Martini, segretario generale al ministero della Pubblica Istruzione, ottenne la cattedra di lettere al liceo di Senigallia; iniziò così nel 1885 quella carriera di "uomo di scuola" che avrebbe percorso con grande onestà ed entusiasmo. Due anni dopo pubblicò le Novelle (Torino 1887), che B. Croce giudicò poco originali, ma nelle quali, specialmente in quelle "sull'amore" e d'ambiente veneziano, è possibile trovare significative tracce di sensualismo dannunziano.
Nel 1888 (l'anno della morte del padre), il M. passò a insegnare ad Ascoli Piceno, dove stette un anno per poi trasferirsi al liceo di Teramo. Nel 1890, infine, ottenuto il trasferimento al liceo di Udine, poté riavvicinarsi alla famiglia, che si era spostata a Portogruaro.
Nel 1891 comparve l'opera più importante del M., quelle Lettere provinciali (Teramo 1891) considerate il suo capolavoro e nate proprio dall'esperienza di vita di insegnante in provincia.
Si tratta di otto capitoli concepiti in forma di lunghe lettere, indirizzate ognuna a un intellettuale del tempo, e ognuna concentrata su un particolare settore della vita culturale, anche se con molte "divagazioni" e non poche riflessioni di costume o annotazioni biografiche. "Per tutto, il segno di una intelligenza ben formata, di uno spirito retto, le pagine di un letterato di buona razza e di buona scuola. C'è tutto questo nelle Lettere provinciali […], e insieme qualche altra cosa: un uomo che, solo con se stesso, si apre, si dichiara: come fuori della società, fa i suoi conti con gli uomini e con se stesso. Letterato sempre, e scrittore, ma lo stile gli serve a fissare la meditazione volubile, la pagina prende a tratti il tono della confidenza. Ogni lettera è come un "saggio", dall'andare vagabondo, che sempre torna al motivo centrale, e si arresta quando lo spirito s'è come liberato. Né mai viene meno la decorosa misura, che pare il segno dell'uomo, pur fra i travagli intimi e gli abbandoni al sogno" (Lugli, p. 197).
Quattro anni dopo seguì Passioni illustri (Torino-Roma 1895), "divertissement di gusto un po' francese, antiche storie ricercate con curiosità erudita, con studio d'ironia e di stile" (Lugli, p. 197).
Nel 1897 il M. si stabilì a Torino come ordinario di lettere italiane presso il liceo Massimo d'Azeglio. A Torino non tardò a distinguersi per le sue doti di dottrina e di eleganza, divenendo tra l'altro il critico letterario "ufficiale" de La Stampa, che negli anni pubblicò, puntualmente, quasi trecento suoi articoli di letteratura. Fu il periodo in cui il M. portò a compimento il suo libro di maggiore impegno, quel volume su I. Nievo, cui aveva cominciato a lavorare fin da Udine (Il poeta soldato. Ippolito Nievo 1831-1861: da documenti inediti, Milano 1900).
In quest'opera il M. prestò attenzione per la prima volta all'attività teatrale di Nievo, di cui proiettò l'opera su un palcoscenico nazionale e non più soltanto provinciale.
Anche grazie al libro su Nievo, il M. ottenne nel 1900 la libera docenza, e l'anno seguente svolse all'Università di Torino un corso di lezioni sulla prosa moderna. Affermatosi anche come conferenziere, dal 1900 al 1908 fu incaricato a Firenze, in Orsanmichele, di tenere alcune importanti letture dantesche (sui canti XVII e XXXII dell'Inferno, e sul XXXI del Purgatorio): testimonianza esemplare di quanto la lezione estetica di Croce fosse penetrata in profondità, già nel primo decennio del Novecento, anche nella critica letteraria e in quella dantesca in particolare.
Introdotto da G.C. Buzzati - che aveva sposato sua sorella Alba - fra il 1904 e il 1911 il M. fu collaboratore assiduo del Corriere della sera. Nel 1908, alla morte di E. De Amicis, con il quale aveva stretto rapporti di amicizia, curò la pubblicazione per l'editore Treves di una raccolta di suoi scritti inediti: Alla gioventù. Letture scelte dalle opere di Edmondo De Amicis. Antologia scolastica e famigliare (Milano 1908).
La morte della madre, avvenuta dopo breve malattia il 15 luglio 1907, gettò il M. in una profonda prostrazione da cui poté uscire anche grazie al matrimonio con Emilia Gherlone (agosto 1911). Furono gli anni più felici della sua vita, sia pur funestati dalla morte prematura del fratello più giovane Umberto (avvenuta nel dicembre 1912), avviato a una brillante carriera nella Banca d'Italia.
Nel 1908 era stato nominato preside del liceo Vittorio Alfieri di Torino, carica che tenne fino alla morte. Dal luglio 1909 al luglio 1910 fu assessore all'Istruzione per le scuole medie, di cultura professionale e musicale nella giunta municipale di Torino guidata dal sindaco T. Rossi. Le scuole medie che dipendevano dal Comune furono da lui riordinate e razionalizzate, e fu migliorata e resa più sicura la condizione economica degli insegnanti. Per due anni egli fu inoltre presidente dell'Istituto musicale, dove stabilizzò un nuovo organico, aumentò gli stipendi degli insegnanti e riconobbe loro il diritto al pensionamento. Come sovrintendente del teatro Regio, curò direttamente l'alta qualità dei programmi, mostrando competenza e buon gusto in materia musicale. L'attività politica e amministrativa del M. fu interrotta, tuttavia, da un dissidio sorto con i colleghi della giunta per non aver incluso un corso di insegnamento religioso nel progetto di riforma dell'istituto letterario femminile Margherita.
Nel 1913 uscì la terza edizione accresciuta dei suoi migliori articoli letterari, compendiati in volume: Letteratura contemporanea (Torino).
Sensibile alle esperienze delle letterature straniere (francese, russa, statunitense), e attento soprattutto a quello che accadeva nel panorama letterario italiano, il M. ebbe modo di confrontarsi - con equilibrio e misura - con i maggiori scrittori del tempo (tra i quali Carducci, G. Verga, A. Boito, A. Graf, De Amicis, E. Calandra, G. Pascoli, D'Annunzio).
Il M. morì a Torino, nella notte fra il 17 e il 17 apr. 1913, e fu seppellito nella tomba di famiglia a Portogruaro.
Fonti e Bibl.: Due profili biobibliografici sono in D. Mantovani, Pagine d'arte e di vita raccolte a cura di L. Piccioni. Con un profilo dettato da E. Bettazzi, Torino 1915, pp. IX-XLIV e C. Cappuccio, Profilo biografico, in Memorialisti del secondo Ottocento, III, Milano-Napoli 1962, pp. 943-946. Necr., in La Stampa e Il Piccolo, 19 apr. 1913; Il Marzocco, 27 apr. 1913, pp. 4 s. (G. Rabizzani); Rass. bibliografica della letteratura italiana, XXI (1913), pp. 143 s.; Giorn. stor. della letteratura italiana, 1913, vol. 62, pp. 287 s.; G. Petrocchi, Scrittori piemontesi del secondo Ottocento, Torino 1948, pp. 105-110; L. Russo, I narratori (1850-1957), Milano-Messina 1958, pp. 133 s.; V. Lugli, Un professore in provincia, in Il Resto del Carlino (Bologna), 16 dic. 1967 (poi in Id., La cortigiana innamorata e altri saggi, Torino 1972, pp. 195-199); B. Croce, U. Fleres - D. M., in Letteratura della nuova Italia. Saggi critici, VI, Bari 1974, pp. 139-143; G. Licata, Storia del Corriere della sera, Milano 1976, p. 137; S. Timpanaro, Il socialismo di E. De Amicis. Lettura del "Primo Maggio", Verona 1983, passim; A. Carrannante, Un intellettuale della "belle époque": D. M. (1862-1913). Con una scelta di articoli dispersi, in Otto-Novecento, XI (1987), pp. 137-177.