dio
Di questo aggettivo si registrano tre occorrenze, tutte del Paradiso, sempre al femminile e sempre in rima. La parola, indipendentemente dalla sua origine, poteva essere attratta sia da ‛ Dio ' che da ‛ dì '; inoltre il Paradiso è il regno proprio del ‛ divino ' e della ‛ luce ', e questo spiega perché i commentatori antichi e moderni, concordi nel dare a dia il valore di " divina " nel passo di XXVI 10 - la donna che per questa dia / region [" ‛ regione ' d'Iddio ", dice il Buti] ti conduce -, ne considerano il significato oscillante tra quello di " divina " e quello di " risplendente " negli altri due casi, o fondono insieme le due accezioni, considerando la luminosità una conseguenza dell'essere divino.
Più numerosi (Ottimo, Vellutello, Venturi, Tommaseo, Casini-Barbi, ecc.) sono tuttavia quelli che intendono " divina ", in Pd XXIII 107 Io sono amore angelico, che... / girerommi, donna del del, mentre / ...farai dia / più la spera supprema, mentre alcuni altri propendono per " splendente " (così l'Andreoli, il Sapegno, il Chimenz), o accettano entrambi i valori, rifacendosi al " lucidiorem et diviniorem " di Benvenuto (cfr. Buti, Del Lungo, Provenzal, Mattalia).
Per l'altra occorrenza, invece - E io udi' ne la luce più dia / del minor cerchio una voce modesta, XIV 34 - prevale anche presso i moderni l'interpretazione dell'Ottimo: " più divina e più esplendiente " (ma Benvenuto, Buti e Landino sono per il solo " divina "; il Lombardi sostiene, per entrambi i casi, " risplendente "; la sua ipotesi - far risalire l'aggettivo a dies, non a dius .- è ripresa dal Tommaseo, che cita Lucr. I 22 " dias in luminis oras "). v. anche DIVO.