Diogene di Sinope
Filosofo (4° sec. a.C.). Nella fioritura di notizie intorno alla sua vita, difficile è distinguere quelle create dalla leggenda da quelle che corrispondono alla realtà. Certo egli è il rappresentante tipico di quella regola di vita, che era nata da taluni aspetti dell’atteggiamento pratico di Socrate, e che insegnava a contentarsi del più misero tono di esistenza: tanto che, secondo la leggenda, D. avrebbe abitato in una botte, rinunciando persino alla ciotola, dal momento che questa poteva essere sostituita dal cavo delle mani. Per tale dispregio di ogni umana esigenza e convenienza, gli fu dato dagli Ateniesi il nome di «cane», da cui «cinismo» (➔ cinici). Secondo la tradizione antica, D. sarebbe stato scolaro di Antistene, del quale peraltro avrebbe elaborato le dottrine in quattro punti: estensione dello stato di natura ai rapporti tra i due sessi; proclamazione della civitas mundi; interpretazione ascetica del cinismo; professione dell’ἀναίδεια o «impudenza». Tuttavia, anche in questo campo è incerto quanto sia pensiero di Antistene e quanto di Diogene. Così è impossibile valutare l’attività letteraria di D. che è attestata da frammenti e da titoli di opere. Comunque, il tratto più certo della figura di D. è la sua volontà di mutare la norma sociale vigente e di sovvertire i valori che ne stavano alla base, con l’affermazione della «indifferenza» (ἀδιαφορία) di fronte a qualsiasi realtà esteriore, e il conseguente affrancamento dello spirito dalla necessità dell’agire. Nella iconografia classica (per es., in una statuetta di villa Albani, copia di un originale del 2° sec. a.C.) D. viene raffigurato con la barba, nudo, curvo, appoggiato al bastone, accanto a un cane (copia a New York).