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MARICONDA, Diomede

di Carmine Boccia - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2008)
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MARICONDA, Diomede

Carmine Boccia

– Nacque a Napoli da Andrea, di una nobile famiglia del seggio di Capuana, intorno al 1455, con anticipo di un quindicennio rispetto al 1470 tramandato da Giustiniani (p. 224).

Andrea fu un noto avvocato, ricoprì importanti incarichi istituzionali e dal 1466 tenne l’insegnamento di diritto nello Studio; di lui restano alcune lettere sul Digestum infortiatum e sul Digestum novum.

Addottoratosi in utroque iure nello Studio napoletano, il M. ebbe una carriera folgorante: ventenne, fu chiamato nello Studio in qualità di professore di diritto civile e, con privilegio del 22 sett. 1501 «post patrocinia per ipsum praestita in infinitis causis, ob suam singularem doctrinam, exemplarisque vitae et morum integritate» (Grammatico, Additiones, c. 1r col. b) entrò nel S. Regio Consiglio. Il 30 maggio 1507 Ferdinando il Cattolico lo creò presidente della Regia Camera della Sommaria; intorno al 1509, insieme con il fratello Nicola, figura nell’amministrazione del principato di Salerno all’epoca della reggenza di Marina di Villahermosa, in favore del giovane Ferrante Sanseverino.

Ebbe come discepoli Scipione Di Gennaro e Tommaso Grammatico, che lo esaltarono nelle loro opere con espressioni di profonda ammirazione e rispetto. Vista la fama di cui godeva presso i contemporanei, sembra strana la scarsità delle opere pervenute, tutte legate all’esercizio dei suoi incarichi, che evidentemente comportarono la rinuncia a un esercizio più propriamente teorico, volto alla produzione di scritti di natura dottrinale. Il suo contributo più consistente riguarda glosse e additiones alle costituzioni e ai capitoli del Regno utilizzate nei tribunali e nello Studio. Fra i Consilia civilia di Grammatico, al n. 66, ne è registrato uno del M., reso con Coluccio Coppola in una pubblica adunanza tenutasi nella chiesa di S. Domenico alla presenza di Antonio Di Gennaro, presidente del S. Regio Consiglio, a favore di un certo Giulio Scorciato contro le accuse dello stesso Grammatico, avvocato del Fisco. Alcuni Consilia sono nella miscellanea di Consuetudines Neapolitane [sic] cum glosis curata da S. Di Gennaro (Napoli, G.P. Suganappo, 1546). Chioccarelli (I, p. 145), Toppi (p. 252) e Giustiniani (p. 266) riferiscono di un Consiliorum legalium liber da lui compilato e posseduto da Bartolomeo Caracciolo d’Aragona. Incerta pure la notizia riportata in Minieri Riccio (p. 201), che gli attribuisce una Glossa super capitulis Regni Siciliae.

A parziale risarcimento, è intervenuto il recupero di un testo inedito del M., il De modo in iure studendi, tramandato dal codice B.6.23 della Biblioteca del Seminario de S. Carlos di Saragozza, un manuale indirizzato a studenti e docenti di diritto. Opera giovanile del M., assegnabile agli anni 1475-80, fu uno dei primi lavori da docente, dedicata al domenicano Enrico Lugardo, arcivescovo di Acerenza e Matera, ma soprattutto confessore di Ferdinando I d’Aragona e governatore dello Studio partenopeo. Ricco di citazioni patristiche, filosofiche e giuridiche – ma vi si trova finanche riportato il sonetto di F. Petrarca Cara la vita, et dopo lei mi pare (Rerum vulgarium fragmenta, CCLXII) –, discute di tutto quanto è necessario «in scolaribus ut periti efficiantur», ovvero «ut digne promoveri ad doctoratum» e di come comportarsi una volta laureati, oppure dei requisiti «ut digne cathedram ascendere» e infine sulla necessità di giuristi in ambito cittadino e sui loro privilegi. Ma il M. abbandonò per tempo i suoi propositi didattici per dare ampio spazio all’esaltazione dell’Università partenopea, svolgendo il topos della fondazione classica dello Studio, in auge fin dai tempi di Virgilio, e che, soprattutto grazie all’azione del re e del suo governatore, era tornato a eccellere negli anni Settanta del secolo, dopo un lungo periodo di stagnazione e decadenza. L’opera rivela così il suo obiettivo eminentemente propagandistico di fornire una legittimazione alla cultura napoletana, che vantava un illustre passato e poteva competere con gli altri centri culturali della penisola.

Il M. morì a Napoli nel 1511.

Fonti e Bibl.: Aureus et singularis tercentum regularum tractatus… per dominum Scipionem Ianuarium nobilem Neapolitanum, Neapoli 1525, c. 36v; T. Grammatico, In constitutionibus, capitulis, et pragmaticis Regni Neapolitani et ritibus Magnae Curiae Vicariae additiones et apostillae, Venetiis 1562, c. 1r col. b; Id., Consilia et vota seu iuris responsa, Lugduni 1575, Cons. crim., 13; N. Toppi, De origine omnium tribunalium nunc in Castro Capuano fidelissimae civitatis Neapolis existentium libri quinque, II, Neapoli 1659, p. 252; B. Chioccarelli, De illustribus scriptoribus qui in civitate et Regno Neapolis…, I, Neapoli 1780, pp. 145 s.; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, II, Napoli 1787, pp. 224-226; G. Manna, Della giurisprudenza e del foro napoletano. Dalla sua origine fino alla pubblicazione delle nuove leggi, III, Napoli 1839, pp. 100 s.; C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 201; B. Capasso, Sulla storia esterna delle costituzioni del Regno di Sicilia promulgate da Federico II, Napoli 1869, p. 101; G. De Crescenzo, Diz. storico-biografico degli illustri e benemeriti salernitani, Salerno 1937, p. 76; C. De Frede, Studenti e uomini di legge a Napoli nel Rinascimento…, Napoli 1957, p. 46; R. Colapietra, I Sanseverino di Salerno. Mito e realtà del barone ribelle, Salerno 1985, p. 118; E. Cortese, Sulla scienza giuridica a Napoli fra Quattro e Cinquecento, in Scuole, diritto e società nel Mezzogiorno medievale d’Italia, a cura di M. Bellomo, I, Catania 1985, p. 124; A. Cernigliaro, Patriae leges, privatae rationes: profili giuridico-istituzionali del Cinquecento napoletano, Napoli 1988, pp. 313-316; D. Maffei, Di un inedito «De modo in iure studendi» di D. M. con notizie su altre opere e lo Studio di Napoli nel Quattrocento, in Riv. internazionale di diritto comune, II (1991), pp. 7-29.

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