DIONIGI da Piacenza (al secolo Giuseppe Flaminio Carli)
Nacque a Piacenza nel 1635; si ignora l'esatta data, come nulla sappiamo dei genitori e della prima giovinezza. Vestì l'abito dei frati minori cappuccini il 25 apr. 1652, nel convento di Cesena della provincia di Bologna, ricevendo il nome di Dionigi: questo sarà reso (col casato) nella forma latina "Dionysius de Carolis", che a sua volta diverrà in retrotraduzione Dionisio de' Carli, variante assai frequente sino al sec. XIX. Nel noviziato professò solennemente il 25 apr. 1653; fu poi allievo dello Studio di Parma, per la logica e la filosofia, e conseguì la patente di predicatore.
D. dimorava nel convento di Bologna, quando nel 1666, su sua istanza, ricevette obbedienza di recarsi a Genova, per imbarcarsi con Michel Angelo da Reggio, in sostituzione di due confratelli della spedizione cappuccina, per le missioni del regno di Congo e limitrofe "conquiste" portoghesi dell'Africa occidentale. Nella città i religiosi si unirono ai compagni e al prefetto designato Crisostomo da Genova; lì ricevettero i decreti della sacra congregazione de Propaganda Fide con le facoltà e i privilegi apostolici - anche, racconta D., "di leggere libri prohibiti, fuor che quelli di astrologia giudiciaria e quelli di Nicolò Machiavelli" (Viaggio ... nel Regno del Congo, Bologna 1674, p. 9).
I missionari lasciarono Genova il 3 apr. 1667; venti giorni dopo raggiunsero il porto di Lisbona; il 29 luglio simbarcarono su un vascello diretto al Pernambuco, ove pervennero tre mesi più tardi; il 2 novembre presero posto su un mercantile per le coste d'Africa; il 24 dicembre fu toccata Benguela e il 6 genn. 1668 il viaggio ebbe termine a Luanda.
D. e Michel Angelo da Reggio vennero destinati alle poste di Mbamba, governo fra i più cristianizzati del Congo. Arrivati via mare all'estuario del fiume Ndande - confine settentrionale della conquista d'Angola - proseguirono per terra con l'ausilio di portatori; al capoluogo furono accolti con ogni onore dalla governatrice in assenza del consorte, dom Theodosio da Vale de Lágrimas, generalissimo delle armi reali in campagna. Appreso che il re di Congo, Alvaro VIII Alfonso, era a Mpemba, a dieci giorni di marcia dalla città, D. volle proseguire il cammino; nel luogo convenuto egli s'incontrò col sovrano e fu da questo invitato a seguirlo a San Salvador, la capitale, ma rifiutò l'onore e tornò a Mbamba.
Qui - con senso pratico, davvero commendevole - aprì e diresse una scuola tecnica agraria, svolgendo nel contempo le mansioni di precettore dei figli del governatore e compiendo alcuni viaggi d'apostolato nel sertão. La missione sembrava così bene avviata, quando, a pochi mesi dall'arrivo, Michel Angelo da Reggio venne improvvisamente a morte, colto da "infermità stravagante" (parotite); D., assistendo il compagno, contrasse il morbo e fu in pericolo di vita. Dopo l'inutile attesa di un confratello che lo rilevasse, decise di far ritorno a Luanda. Dal maggio al novembre 1668 fu nella capitale angolana e in luoghi vicini; poi, essendo riuscita vana ogni cura, i superiori decisero il suo invio in Brasile.
Nel dicembre D. s'imbarcò su una nave carica di schiavi diretta alle Indie di Spagna, che in cinquanta giorni lo condusse a Bahia. Qui, l'assidua assistenza dei fratelli laici esperti in medicina gli consentì il recupero delle forze; ma, contrariamente ai suoi intendimenti, ciò non valse a sottrarlo al rinvio in provincia. Da Genova, ove era giunto via Recife-Lisbona, egli il 20 maggio 1670 s'indirizzava alla Propaganda, facendo istanza di essere inviato a terminare il settennio missionario all'isola di Madeira o in Georgia, ma la domanda non venne accolta e il cappuccino fu fatto proseguire per Bologna, ove giunse il 25 genn. 1671. L'11 genn. 1672 scriveva nuovamente al dicastero romano che, avendo conosciuto nella navigazione dall'Africa quanto frutto potesse fare un sacerdote imbarcato fra marinai e schiavi, chiedeva di essere nominato cappellano di vascello, ma, ancora una volta, la risposta fu negativa.
Già durante l'infermità durata ventisette mesi e la susseguente convalescenza, e poi nel ritiro assegnatogli, D. raccolse le memorie della sfortunata missione di cui era stato protagonista con Michel Angelo da Reggio, ed in particolare le lettere che questi aveva inviato al padre, Giovanni Guattini, nel corso della navigazione da Genova a Luanda. Tale ingente materiale opportunamente ordinato fu, con licenza dei superiori, dato alle stampe ed apparve in prima edizione a Reggio per i tipi di Prospero Vedrotti nel 1671, col titolo Viaggio... nel Regno del Congo. L'operetta - che venne corretta e aumentata in successive edizioni - non manca di spunti e notizie di rilievo ed è pervasa da una sorta di naïbeté e bonomia religiosa che ne rende la lettura dilettevole; ma è del pari frutto di esperienze troppo brevi e dolorosamente concluse: le indicazioni sulla geografia dei luoghi e la storia naturale sono spesso vaghe e palesano l'ignoranza degli autori e il racconto degli avvenimenti manca dell'autorevolezza riscontrabile in altre relazioni di confratelli. È ad essa del tutto estranea la problematica delle rivalità dinastiche al Congo, per quanto i due religiosi avessero svolto il loro apostolato in tempi e terre sconvolti dalle atrocità della guerra civile.
Nel periodo in cui rimase in provincia D., suddito parmense, ebbe la ventura di scontrarsi - non sappiamo per qual causa - col suo sovrano, il duca Ranuccio II, che nel 1675 lo bandì dagli Stati farnesiani. Fu forse a causa di ciò che la Propaganda poco tempo dopo accolse le reiterate istanze di completamento del settennio missionario. Era l'anno 1678 quando D., che dimorava in Bologna, ricevette l'obbedienza di viceprefetto apostolico delle missioni della Georgia orientale, con l'invito a portarsi a Livorno in compagnia di Bonaventura da Lucca e Carlo da Pescia.
Dopo una sosta di tre mesi nel porto toscano, i religiosi si imbarcarono il 12 nov. 1678; toccate le isole di Malta e Cipro sfuggendo alle insidie dei corsari barbareschi, la nave giunse a Tripoli di Siria il 12 dicembre. Nella città fra' Bonaventura cadde ammalato; D., con l'altro compagno, proseguì verso la lontana meta: il 9 febbr. 1679 si unì ad una carovana per Aleppoldi qui il 3 aprile prese la strada per Diyarbakïr, attraverso il paese dei Curdi; poi, scendendo il Tigri in zattera, il 14 marzo fu a Baghdad e il 2 luglio a Bassora; via mare, raggiunse Bandàr 'Abba's; via terra, passò per Shīirāz, Ispahan (ove fu ospite dei cappuccini francesi), Tabrīz; nel febbraio 1680 pervenne finalmente a Tbilisi.
L'itinerario così tortuoso seguito da D. rispondeva alla situazione politica della Georgia, divisa in più signorie, alcune soggette alla Sublime Porta di Istanbul, altre - come quella di 'Kart'li, con capitale Tbilisi, il cui territorio coincideva in pratica con la giurisdizione missionaria dei cappuccini - allo shāhānshāh safavide di Ispahan. Governava in 'Kart'li, dal 1676, in qualità di viceré ereditario, il bagratide Gurǧin khān (re Giorgio XI per i sudditi), principe valoroso, musulmano per la ragion di Stato ma segretamente tornato alla fede dei padri, che sempre più tentava di scuotere il pesante giogo persiano.
Non appena giunto in Georgia, D. fu destinato dal prefetto Giuseppe da Bocognano alla guardiania del convento di Gori. Qui, nella città reale, D. rimase tutto il tempo della sua missione - eccetto che per sei mesi, in cui risiedette a Tbilisi come proprefetto - esercitando il ministero apostolico fra i monofisiti armeni (e, sembra, la medicina). La lontananza dalla capitale impedì che D. fosse partecipe o quanto meno diretto osservatore dei grandi fatti che s'andavano svolgendo in quegli anni nel paese: i torbidi antipersiani e la susseguente persecuzione dei missionari cattolici; i progetti di unione con la Chiesa di Roma, mediati dal re di Polonia Giovanni III Sobieski. Ma a lui fu affidato, nel 1684, il difficile compito di provvedere in Italia alle necessità della missione.
D. lasciò la Georgia nel mese di maggio; nel giugno - traversato fortunosamente il confine ottomano - fu a Trebisonda; nell'agosto giunse a Istanbul. Nella città dimorò sino al 29 marzo 1685, nella casa del custode delle missioni di Grecia, Urbano da Parigi. A quella data s'imbarcò su un vascello francese con destinazione Malta; di qui passò a Messina e nel continente.
Nel 1686 troviamo D. a Roma, a perorare la causa della prefettura georgiana; i termini esatti della missione ci sfuggono (forse si trattava di porre ripari ai disordini che nascevano dall'insufficienza delle provvisioni); in ogni caso, essa fu portata a termine rapidamente, perché nello stesso anno D. poteva far ritorno in provincia. Nel 1687, però, passava a Venezia, rispondendo all'invito della religione per l'occasione della guerra della Lega santa contro i Turchi: fu così a Cefalonia, ove prestò servizio di cappellano negli ospedali da campo, e nel 1688 si imbarcò in qualità di sacerdote dell'armata dei collegati nell'impresa di Negroponte.
Fra il 1685 e il 1686-87, D. a più riprese compose la sua seconda opera, pubblicata a Bassano nel 1687 da Giovanni Antonio Remondini, col titolo d'occasione Il Moro trasportato nell'inclita città di Venetia. Trattavasi - come recita il sottotitolo molto più appro-. priato - del Curioso racconto de costumi, riti e religione de popoli dell'Africa, America, Asia et Europa, che il frate aveva conosciuto nei dodici anni del suo girovagare pei quattro continenti. Anche per Il Moro valgono le considerazioni di incompiutezza svolte a proposito del Viaggio; ma è apprezzabile l'equanimità dei giudizi, che precorre l'interesse del sec. XVIII per le cose d'Oriente.
Dal 1689 le notizie biografiche di D. si fanno incerte: non sappiamo se si imbarcasse nuovamente nell'armata dei collegati; alcuni lo vogliono morto in Morea (dominio della Serenissima), a Monemvasia, il 15 dic. 1694; altri, a Venezia, il 21 aprile del 1695.
Nonostante i limiti rilevati, il Viaggio ... nel Regno del Congo ebbe grande fortuna presso i contemporanei: dell'opera apparvero altre tre edizioni (Reggio 1672; Bologna 1674; Venezia 1679) - la seconda delle quali sarà la più diffusa in Italia - e nel 1680 una traduzione in lingua francese (edita da Th. Amaulry in Lione). Nei secoli XVIII e XIX fu di moda ricomprenderne l'epitome nelle collezioni di relazioni di viaggio: come nei lavori degli inglesi A. e J. Churchill (1704, 1732, 1744, 1752), Th. Anstley (1746) e J. Pinkerton (1814); dei francesi J.-B. Labat (1732), A-F. Prévost d'Exiles (1748) e Ch.-A. Walckenaer (1828, 1842); degli italiani A. Zani (1693) e G. Albrizzi (1756); dei tedeschi J. Schwabe (1749) e T. Ehrmann (1794); e di altri ancora. Anche Il Moro trasportato nell'inclita città di Venetia fu tradotto in lingua tedesca ed apparve in Augusta nel 1692 (ristampa del 1693).
Fonti e Bibl.: Fu D. biografo di se stesso, con le due opere ricordate. Altre fonti (inedite e smora pressoché inutilizzate) sono in: Roma, Arch. storico della S. Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, Acta, XXXV-XLII (anni 1666-1672) e XLVIII-LVI (1678-1686); Ibid., SOCG, s. 1, CCL; s. 2: cfr. Acta; Ibid., SC Angola, I; Ibid., SC Giorgia, I; Ibid., CP, XXXI; Bologna, Arch. storico dei frati minori cappuccini della Provincia di Bologna: Vestizioni fatte nel noviziato di Cesena, II, 1622-1662; Professioni fatte nel noviziato di Cesena, VI, 1645-1704; Campione della provincia, I, 1601-1677; Firenze, Arch. storico dei frati minori cappuccini della Provincia di Toscana, Missione della Giorgia (1669-1688), busta unica. Numerosissimi sono le opere di sintesi, i saggi e i repertori antichi e moderni che ricordano D. come missionario ed autore; un elenco puntuale è in Felice da Mareto, Biblioteca dei frati minori cappuccini della Provincia parmense, Modena 1951, p. 229. Per quanto concerne le edizioni italiane e straniere degli scritti di, D., ci si è attenuti a T. Filesi-Isidoro da Villapadierna, La "Missio Antiqua" dei cappuccini nel Congo (1645-1835). Studio preliminare e guida delle fonti, Roma 1978, pp. 144-47.