RATTA, Dionisio
RATTA, Dionisio. – Figlio di Ludovico di Dionisio Ratta e di Diamante Pannolini, nacque a Bologna nel 1548 e fu battezzato il 27 dicembre. Gran parte della fortunata carriera di Dionisio fu il risultato di oculate strategie di ascesa perfezionate dal padre, ma già seguite dai suoi avi.
Per valutare il peso che ebbe il suo successo nel consolidare l’identità nobiliare della sua famiglia, che fino a quel momento si era retta su basi molto fragili e su un reticolo di rapporti costruito con matrimoni ipergamici, è necessario soffermarsi sulle origini del casato Ratta, delle quali abbiamo notizie in buona parte fantasiose e spesso contraddittorie. Tutti, cronachisti e genealogisti, seguono il solco di Pompeo Scipione Dolfi, il quale traccia una linea ascendente che faceva capo all’esponente di una stirpe che vantava di essere «imparentata col sangue regio di Aragona» (Dolfi, 1670, p. 635), cioè al conte Diego della Ratta, principe di Caserta, condottiero a servizio di re Roberto d’Angiò che da Barcellona si era trasferito nel Regno di Napoli.
Nel 1317 Diego si sarebbe ritirato a Bologna, anche se solo gli autori locali ricordano questo suo soggiorno; comunque, né Pompeo Scipione Dolfi né i genealogisti che setacciarono fondi archivistici e atti notarili sono riusciti a stabilire con certezza il momento in cui questo cognome aveva sostituito quello originario dei della Lana, ascendenza che avrebbe anticipato l’origine documentabile della famiglia al XII secolo e bilanciato la vocazione militare della famiglia (per la verità assai scarsa e impersonata con una certa risonanza solo da Alessandro di Giovanni Ratta) con la carriera ecclesiastica, rappresentata ai massimi livelli da Uberto della Lana, creato cardinale nel 1125 e solo retrospettivamente nominato dai cronisti locali come Ratta, quando questo cognome si fu stabilizzato, si dice attorno all’anno 1400.
Fino a quella data le genealogie rimaste nel frammento superstite dell’archivio di famiglia seguono la successione dei della Lana; che un innesto ci sia stato, secondo Dolfi e altri sarebbe comprovato dallo stemma dei due casati – un leone rampante in entrambi i casi. Nessuno tuttavia sa dire con sicurezza quando e come siano avvenute l’unione delle due famiglie e, per i della Lana, la sostituzione del cognome. Come dice prudentemente Dolfi «né è inverisimile che per congiuntione di parentella o per altro modo ne prendesse il cognome e l’arma» (ibid.). Nel manoscritto Della famiglia dalla Ratta, si ipotizza che fosse stato «tralasciato il cognome dei Lana a titolo di alcuna eredità» (c. 1r), ma non risulta traccia né di unione per matrimonio, né di lascito testamentario, né di atto di adozione.
La famiglia Ratta acquistò visibilità nella prima metà del XV secolo, con Bartolomeo, e soprattutto con suo figlio Giovanni che «è asserito nobile dall’Alidosi», che era stato «notaro e mercante secondo la costumanza de’ nobili di quel tempo» (ibid., cronologia collocata alla fine del fascicolo, 8 cc. n.n.) e il cui fratello Lorenzo, morto nel 1431, era stato dottore collegiato. Dal XVI secolo le cose erano cambiate e se ne era certamente accorto il suo bisbisnipote Ludovico, il padre di Dionisio, che non si accontentò della posizione di semplice cittadino – all’epoca erano tali, a Bologna come altrove, quanti esercitavano una professione, benché onorata. Per convalidare l’ascrizione alla nobiltà bolognese da due generazioni, ciò che poteva essere documentato era la carica di dottore degli Anziani ricoperta da Benedetto di Bartolomeo, il quale fu nominato ambasciatore presso Martino V. Fu però il suo pronipote Dionisio di Alessandro a spianare il terreno alla futura carriera di monsignor Dionisio con il primo matrimonio con Margherita, figlia del giureconsulto Floriano Gessi, e soprattutto, in secondo voto, con Elisabetta Musotti – un vincolo che avrebbe portato i Ratta a stretto contatto con l’entourage dei bolognesi più introdotti nella Curia romana.
Ludovico, figlio di Dionisio di Alessandro, «fu né suoi tempi in molta stima e con singolar concetto d’huomo prudente e di maneggio nella sua patria e fuori e s’acquistò un’intrinsichezza particolare con diversi notabili personaggi, fra quali uno fu monsignor Fachinetti che fu poi Innocenzo IX, come testificano […] le dimostrazioni di quel pontefice verso di monsignor suo figlio [Dionisio] nel breve spazio del suo pontificato» (ibid.). In particolare, Ludovico Ratta era molto vicino all’auditore di Rota Lorenzo Bianchetti, poi cardinale, così come al fratello di questi, Ludovico, maestro di Camera di Gregorio XIII, e ad Alessandro Musotti, tesoriere segreto di papa Boncompagni, con i quali era imparentato «per causa di Elisabetta [Musotti], sua avia materna». La nobiltà gli fu conferita con il cavalierato e il titolo di conte palatino nel 1543; il matrimonio con Diamante Pannolini, figlia del cavalier Alberto, lo legò a una «famiglia notabile per due Confalonieri della città» (ibid.).
Il 29 maggio 1572 Dionisio si laureò a Bologna in diritto civile e canonico e divenne dottore collegiato; il padre intanto aveva accumulato «assai ricchezze» ed ebbe la fama di averne usato buona parte per acquistare favori e uffici per il figlio; la rendita di monsignor Ratta al culmine della carriera ecclesiastica è stata stimata tra i 7000 e gli 8000 scudi annui. Quasi subito dopo la laurea era stato chiamato a Roma presso Lorenzo Bianchetti; successivamente passò ai governi di Iesi e nel 1576 di Ravenna; nel 1577 fu al servizio del duca Giacomo Boncompagni, generale di S. Chiesa e nel dicembre risulta suo luogotenente al governo di Fermo. Tornato a Roma fu nominato capitano delle Appellazioni in Campidoglio; in seguito fu promosso luogotenente civile dell’auditore di Camera e referendario dell’una e dell’altra Segnatura.
Nel 1591 Gregorio XIV gli conferì il governatorato di Campagna e Marittima. Con l’elezione di Innocenzo IX la carriera di Ratta ebbe un’impennata, con riconoscimenti sempre più prestigiosi in successione rapidissima. Come consultore del S. Uffizio partecipò al terzo processo che il 21 luglio 1594 votò e approvò la tortura per Tommaso Campanella. Fu poi scelto per la nunziatura in Francia, incarico che però non ricoprì per la repentina morte di Innocenzo IX. Venuto meno il suo sostegno, monsignor Ratta riuscì a guadagnarsi anche il favore del nuovo pontefice, Clemente VIII, che lo nominò auditore e maggiordomo del cardinale nipote Pietro Aldobrandini, e poi segretario della Sacra Consulta e della congregazione del Buon Governo. Inoltre andò in Spagna con Giovanni Francesco Aldobrandini, fratello del papa, nel 1595. Al ritorno fu inviato come nunzio straordinario presso il cardinale Alberto d’Asburgo, arciduca d’Austria, per rendergli omaggio in occasione del suo passaggio in Italia.
Il culmine della carriera di Ratta era stato raggiunto l’anno prima, con la nomina ad auditore della Sacra Rota. Tutto faceva prevedere la prossima promozione al cardinalato. Questo ufficio, infatti, era la via maestra per ottenere la porpora, risultato che avrebbe consolidato il prestigio della famiglia Ratta, ma Dionisio morì il 5 novembre 1597 a Roma, dove fu sepolto in S. Maria sopra Minerva.
Suo erede fu Carlo di Lorenzo, suo cugino in quarto grado, che beneficiò del patrimonio di monsignor Ratta, della sua reputazione e del reticolo di rapporti che aveva saputo annodare nel corso della sua carriera, pur senza riuscire a conseguire la promozione più ambita. Infatti, fu grazie ai crediti da lui accumulati che i suoi eredi e i loro discendenti si radicarono fra le famiglie nobili bolognesi e non solo. Già nel 1566 Carlo era stato creato conte palatino dal cardinale Alessandro Farnese, mentre suo fratello Ludovico è ricordato come dottore e cittadino romano. Designando alla sua successione gli esponenti più prestigiosi di un casato prolifico ma di recente ascrizione ai ranghi dell’élite bolognese, monsignor Dionisio riuscì a collocare le future generazioni dei Ratta nelle fila della nobiltà pontificia, realizzando una sinergia che supplì all’ambito traguardo del cursus honorum curiale, mancato per un soffio.
Fonti e Bibl.: Della famiglia Ratta esiste un piccolo fondo frammentario tra le carte de’ Bosdari, conservate all’Archivio di Stato di Bologna: del vol. 192 sono utili in particolare due fascicoli, Fides nobilitatis ac descendentiae illustrissimae ac patritiae Domus Lanae et Rattae, datato 24 marzo 1677, e Della famiglia della Ratta, senza data, ma certamente coevo. Sia questi sia altri fogli sciolti contengono notizie non sempre attendibili, come del resto non lo è del tutto P.S. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, testo al quale si attinge comunemente anche ora, ma le cui affermazioni vanno attentamente verificate. Nessuno cita con esattezza l’anno di nascita di Ratta, che si può ricavare dalla trascrizione dei libri dei battesimi di B. Carrati (Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms. B 856). Uno strumento indispensabile per accertare la progressione della carriera di Ratta ai suoi esordi è Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809), a cura di Ch. Weber, Roma 1994, anche se alcune date sono ricavate dallo stesso Dolfi. Si vedano inoltre M.T. Guerrini, Qui voluerint in iure promoveri. I laureati in diritto nello Studio di Bologna, Bologna 2005; C. Della Valle, Tra storia e letteratura: i conti della Ratta e Boccaccio, in Medievalia, 2013, n. 1, pp. 1-16. Alle rendite di monsignor Ratta accenna E. Cerchiari, Capellani Papae et Apostolicae Sedis auditores causarum Sacri Palatii Apostolici seu Sacra Romana Rota, II, Syntaxis Capellanorum Auditorum, Romae 1920, p. 127. Sull’auditorato di Rota come ultima tappa verso il cardinalato si veda A. Gnavi, Carriere e Curia romana. L’Uditorato di Rota (1472-1870), in Mélanges de l’Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée, 1994, t. 106, n. 1, pp. 161-202. Su Ratta inquisitore si veda L. Firpo, I primi processi campanelliani in una ricostruzione unitaria, in Giornale critico della filosofia italiana, XX (1939), p. 26.