DIOPEITHES ([Δ]ιοπ[είϑ]ης)
1°. - Bronzista ateniese, attivo in patria e a Delfi alla fine VI-prima metà V sec. a. C. Nessuna fonte lo ricorda, ma il suo nome appare su parecchie basi, che attestano un'attività piuttosto intensa. La sua firma accompagnata dall'etnico appare su una grande base in calcare, trovata a Delfi, nel tempio di Apollo, presso l'altare dell'àdyton. Sul lato anteriore è incisa un iscrizione, redatta metricamente, da parte degli isolani di Peparethos che dedicano l'opera col bottino ricavato dalla cattura di due navi carie, avvenimento che si pone negli anni immediatamente seguenti al 480-479 a. C. La firma dello scultore è incisa al di sopra della dedica, in caratteri simili a quelli della dedica, e da cui si deduce un'analoga datazione. Sul lato superiore sono ancora visibili quattro tracce per il fissaggio di una grande statua di bronzo. La ricostruzione generalmente accettata (v. Foullles de Delphes, ii [2]) raffigura un Apollo stante, con una serpe o un cerbiatto ritto presso il piede destro, forse con l'arco nella sinistra (vedi l'offerta macedone in Pausania, x, 13, 5); l'Apollo doveva cioè rientrare nella tipologia dei koùroi arcaici. Sul lato destro è inciso un decreto di proxenìa del IV sec. a. C. Da ciò si nota che questa grande base non doveva poggiare terra, ma su uno stilobate, così che le iscrizioni erano in posizione agevole per la lettura. Infatti il luogo del trovamento non è certo quello originario: il Courby colloca la statua sulla terrazza del tempio, presso il parapetto.
Quasi sicuramente D. si identifica con lo scultore di etnico ignoto, che firma ad Atene varie basi, tutte più antiche di quella di Delfi; su alcune il nome appare sicuro; altre gli vengono attribuite per identità di scrittura. Sono:
a) (Marcadé, i, 27; Raubitschek, 106) piccola base in marmo pentelico dall'Acropoli, datata all'inizio del V sec. (prima del 480). Il nome, anche se integrato, è sicuro; appare sul lato adiacente a quello che recava la dedica; la base, alquanto lunga e stretta, doveva sostenere la raffigurazione in bronzo di un quadrupede.
b) (Marcadé, ib.; Raubitschek, 279) frammento di abaco appartenente ad una colonna in marmo pentelico bluastro, dall'Acropoli; superiormente sono visibili le tracce di fissaggio per un ex voto in bronzo; sul lato anteriore dedica, molto frammentaria, che il Raubitschek interpreta come redatta da parte di un Kalynthos, da lui identificato con l'artista che lavora con Onatas al principio del V secolo. La firma appare sul lato adiacente a questo: l'integrazione è sicura, perché la disposizione delle lettere e l'incisione fine e poco profonda concordano con quelle della base di Delfi. È da respingere invece l'aggiunta dell'etnico proposta dal Raubitschek.
c-e) (Marcadé, ib.; Raubitschek, 107) base frammentaria dall'Acropoli. L'attribuzione proposta dal Raubitschek, è alquanto ardita e accettata con riserva dal Marcadé. Invero non convince, perché le sole lettere leggibili sono . . .ios (= athenàios); ma pare che D. mai abbia aggiunto l'etnico nella sua attività ateniese. Per analoghe ragioni non pare si possano attribuire a D. né il capitello reimpiegato nel muro N dell'Acropoli (Marcadé, ib.; Raubitschek, 52), datato al 500 a. C., né l'altro capitello in marmo pario (Marcadé, ib.; Raubitschek, 53) privo assolutamente di firma, del 500-490, dedicato dal pittore Smikros.
Da questi resti, è possibile ricostruire l'attività di D., se non lo stile delle sue opere (eccettuato l'Apollo in Delfi). Visse nel periodo tra Antenor e Kritios, contemporaneo di Hegias. Probabilmente dopo aver lavorato in Atene acquistando notorietà, passò a Delfi dove, firmando, non dimentica di menzionare la sua patria. Le iscrizioni sulle sue basi sono quasi tutte stoichedòntes.
Bibl.: C. Robert, in Pauly-Wissowa, V, 1903, c. 1048, s. v.; H. Pomtow, Delphicà, II, Parigi 1909, p. 40 e III, 1912, p. 149; W. Amelung, in Thieme-Becker, IX, 1913, p. 319, s. v.; C. Robert, in Pauly-Wissowa, Suppl. III, 1918, c. 338, s. v.; F. Courby, La terrasse de temple, in Fouilles de delphes, II, 2, Parigi 1927, p. 283; S. Lauffer, in Ath. Mitt., LXII, 1937, p. 104 ss.; Ch. Picard, Manuel, II, Parigi 1939, pp. 68 e 906; A. E. Raubitschek, Ded. f. Ath. Akr., Cambridge 1949, pp. 52, 53, 106, 107, 279 e p. 488; G. Lippold, Die Plastik, in Hand. d. Arch., Monaco 1950, p. 108; J. Marcadé, Rec. d. Sign. d. Sculpt. Gr., I, Parigi 1953, pp. 26 e 27.