DIPOINOS (Δίποινος, Dipoenus)
Scultore, allievo e forse figlio, con il fratello Skyllis, del mitico Dedalo (v.) cretese. I due fratelli, nati a Creta durante l'Olimpiade 50 (580-572; Plin., Nat. hist., xxxvi, 9) presto emigrarono nel continente ed influenzarono con la loro maniera cretese l'arte peloponnesiaca, specialmente ad Argo e Sicione; quantunque su questo punto la questione sia molto incerta e d'altra parte non si debba esagerare facendo addirittura derivare l'arte sicionia da quella cretese. Certo è però che è stata provata ormai una priorità dello stile "dedalico" in Creta e una seguente diffusione dall'isola nel continente greco (v. i recenti trovamenti dell'acropoli di Gortina: D. Levi, in Annuario Atene, 1955-56, p. 207 ss.). Plinio, che deriva su questo punto probabilmente da Varrone, racconta che a Sicione D. e Skyllis ebbero l'incarico dallo stato di scolpire quattro statue di Apollo, Artemide, Eracle, Atena; ma, non credendosi sufficientemente remunerati, fuggirono in Etolia prima di finire il lavoro; in seguito furono richiamati, obbedendo a un responso dell'oracolo di Delfi, e, con la promessa di una maggiore ricompensa, terminarono la loro opera. Plinio (Nat. hist., xxxvi; 9) aggiunge che lavorarono solo marmo pario e che delle loro opere molte erano state ad Ambracia, Argo, Cleone. Pausania ricorda una Atena a Cleone (ii, 15, 1) e le statue dei Dioscuri ad Argo (II, 22, 5) con i cavalli, le mogli ed i figli, in legno d'ebano con incrostazioni d'avorio. Importante è questa notizia, poiché è la prima che si abbia di una scultura di avorio e di altra materia, da cui si può dedurre che i due fratelli abbiano introdotto la tecnica crisoelefantina in Grecia. Clemente Alessandrino menziona altre due statue: un Eracle a Tirinto ed un'Artemide Munichia a Sicione. Meno attendibili altre notizie presso Mosè di Chorene (Hist. Armen., ii, 11, ed. Whiston, 1736) e Giorgio Cedreno. Pausania attribuisce ai maestri parecchi allievi e, tra questi, Klearchos di Reggio (v.) che, egli dice, si riteneva peraltro scolaro di Dedalo.
Bibl.: W. Amelung, in Thieme-Becker, IX, 1913, p. 323; C. Robert, in Pauly-Wissowa, V, 1903, c. 1159 ss., s. v.; S. Ferri, Plinio il Vecchio, Roma 1946, p. 222; Ch. Picard, Manuel d'arch. grecque, I, Parigi 1935, p. 160, 451, 481, 494, 499; II, Parigi 1935, p. 357; D. Levi, Arkades, in Annuario Atene, X-XII, 1927-9, p. 697 ss.; A. Rumpf, in Bonner Jahrbücher, CXXXV, 1930, p. 74; R. J. H. Jenkins, Dedalica, Cambridge 1936; F. Matz, in Gnomon, 1937, p. 409 ss. (recens. a Jenkins); P. Demargne, La Crète dédalique, Parigi 1947, p. 244 ss. (specie p. 263); F. Matz, Gesch. d. griechischen Kunst, Die geom. u. d. früharch. Form, Francoforte s. M. 1950, p. 167; F. Brommer, in Mitt. d. arch. Inst., III, 1950, p. 81 ss.; A. Rumpf, Mal. u. Zeichn., in Handb. d. Arch., Monaco 1953, p. 30 ss.; D. Levi, in Boll. d'arte, XLI, 1956, p. 271 ss. e in Annuario Atene, N. S. XVII-XVIII, 1955-56, p. 207 ss.