dire (Dicere)
1. Il verbo - a prescindere da ‛ essere ', di cui il solo è ne supera tutte le attestazioni - è, insieme con ‛ vedere ', il più frequente della Commedia: vi appare circa 760 volte, ed è frequentissimo anche nella , Vita Nuova e nel Convivio. Le forme più usate sono la I e III singol. del pass. rem. (rispettivamente 81 e 217) e l'infinito, anche sostantivato (v. 15.), con 120 attestazioni (66 dir, 24 dire, 18 dicer, 3 dicere, 2 dirne, dirmi, dirti, 1 dirsi, dirvi, dirci). Il pres. indic. è attestato, invece, in circa 80 forme autonome (39 dico, 28 dice, comprese le forme impersonali; 5 dici, 1 .die, 2 dicon, 1 diciamo [dicemo, Cv I V 11, tre volte, 13, III II 9, XI 5, 16, XIII 8, due volte], dicete, dicono) e 38 comuni con quelle dell'imperativo (28 dì; inoltre 29 dimmi, 3 dille, dilci, dinne, 2 dilli, digli, 1 dillo [dilloci, Vn XVII 3], dilci, dilmi; 4 dite e 7 ditemi [ditemel, Rime LXX 2]), 1 diteli, ditene, ditel. Nel futuro, a 14 dirò e 2 dirotti si oppongono 3 dicerò (cfr. Vn XVII 2 e Cv I XII 12) e 1 dicerolti (cfr. dirallami, Fiore XII 11). Nel condizionale, 3 direi a 1 dicerei; nell'imperf., 6 dicean a 1 dicevan; inoltre 37 dicea, 8 diceva - sia di I che di III pers. -, 1 dicevi. I gerundi sono 35 (33 dicendo, 1 dicend', 1 dicendomi). Fra le altre attestazioni si ricordino 5 dicesse, 1 dicessi, 6 dicesti, 5 disser, mentre nel Fiore, oltre a disser [CCXIX 12], si ha disson [CCIV 9, CCV 6]; 6 dica, 2 diche, " tu dica ", sempre in rima; 1 dichi: cfr. Vn XII 7, XVII 6, XIX 13. Le 30 attestazioni del participio, con funzione sia verbale che aggettivale, sono di scarso rilievo (cfr. detto, " suddetto ", in Cv II V 13; lo detto cielo, II XIV 15; ma II XIV 15; ma II VII 1 per le prenarrate parole). Un solo caso di dicente, Cv IV XII 7 (v. 13.). Con funzione sostantivale, ‛ detto ' (" parole ", " discorso ") è sempre accompagnato da un attributo (3 volte da ‛ mio ', 2 da ‛ tuo ', 1 da ‛ vostri ' e 1 da ‛ primo '), come per lo più l'infinito sostantivato (v. 15.).
2. L'uso di d. all'interno del discorso diretto, non attestato nella Vita Nuova, è frequente nella Commedia, forse in relazione al modello virgiliano, di contro a quello della Vita Nuova vagamente riecheggiante la prosa dei Vangeli. Al tipo " Frate ", diss'elli, " più ridon le carte... " (Pg XI 82), " Oh! ", diss'io lui, " non se' tu Oderisi... ? " (v. 79; cfr. If XXXIII 139 e 142) si affianca il più raro " Marzïa piacque tanto a li occhi miei / mentre ch'i' fu' di là ", diss'elli allora (Pg I 86; una disposizione analoga con ‛ rispondere ' in If II 86). Ancor meno frequenti sono i tipi che possono esemplificarsi:
3.1. Con If II 56 e cominciommi a dir soave e piana... / " O anima cortese... " (cfr. Cavalcanti Di vil matera 10 " insegna Amor sottile e piano / di sua manera dire e di su' stato ", e v. anche If II 75-76, 132-133, III 13-14, V 88): al coincidere dell'inizio del discorso diretto con quello del verso, nella Commedia sembra accompagnarsi un particolare rilievo espressivo. Sempre anteposto è d. nella Vita Nuova e nel Convivio (per le Rime, cfr. i monotoni e disse, E io le dissi, Ed eo li dissi, Ed el rispose di LXVII 2, 5, 12 e 13, tutti a capo verso. Ma cfr. CIV 31-32 ‛ Oh di pochi vivanda ', / rispose in voce con sospiri mista).
3.2. Con If III 32 dissi: " Maestro, che è quel ch'i'odo ? " (cfr. III 12, 33, 43, 45, 84, ecc.).
3.3. Con l'uso ‛ conclusivo ' di d.: cfr. Pd XVII 28 Così diss'io a quella luce stessa, dopo le parole di D. a Cacciaguida; e v. If V 139 Mentre che l'uno spirto questo disse.
4. Oltre che nella funzione di elemento di connessione tra narrazione e discorso diretto, d. s'incontra, più spesso nella Commedia, con significato di " esporre ", " raccontare " (non sempre con un reale atto fonatorio) in strutture che, in relazione alla forma del verbo usata, si possono distinguere come segue:
4.1. Prolettiche: If I 9 dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte; II 86 dirotti brievemente; Pg XV 125 io ti dirò... ciò che m'apparve; XI 139 più non dirò; If III 45, XVIII 6, XXXIII 15, Pg V 103, Pd XVI 124; Vn XVII 2 però che la cagione de la nova matera è dilettevole a udire, la dicerò; Fiore LX 7 Tu le dirai (cfr. CLXXII 10, LXVII 5 e po' sì le dirai; CLXXXV 5, CXXIV 13, CLX 5, CLXXIX 3 e dirà; CLXXXIV 2, CLXXXIX 9).
4.2. Esortative: If XIII 52 Ma dilli chi tu fosti; II 82 Ma dimmi la cagion; XXII 64 or dì (cfr. XXVIII 55, Pd VIII 115); If VI 67 or mi dì (cfr. XIX 90, Pg XIX 95); If XIII 89 e dinne, se tu puoi (cfr. Pg XXVI 22); Pg XVI 44 ma dilmi, e dimmi s'i' vo bene al varco (per analoghe strutture allitteranti, cfr. If IV 46 Dimmi, maestro mio, dimmi, segnore; Pd VII 10 e 11 Io dubitava e dicea ‛ Dille, dille! ' / fra me, ‛ dille ' dicea, a la mia donna / che mi diseta con le dolci stille'; Pg XVIII 111 però ne dite ond'è presso il pertugio); XVI 134 dì ch'è rimaso; XXXI 5 dì, dì se questo è vero; XVI 127 Dì oggimai che la Chiesa di Roma; VIII 71 dì a Giovanna mia; Pd V 122; XXIV 52 Dì, buon cristiano; If X 83 dimmi: perché; XXXII 135 dimmi 'l perché. Per costrutti affini a questi, ma con significato di " consigliare ", cfr. If XXIV 127 Dilli che non mucci; Vn XII 16 dico a lei ov'ella vada... e dico ne la cui compagnia si metta; Rime L 27 Se dir voleste, dolce mia speranza, / di dare indugio a quel ch'io vi domando.
4.3. Per il significato di " parlare ", cfr. Vn XVIII 3 Altre v'erano che mi guardavano, aspettando che io dovessi dire; Rime LXX 7 Deh, gentil donne, non siate sdegnose, / né di ristare ... / e dire al doloroso che disia / udir de la sua donna alquante cose, se alquante cose dipende da udir e non anche da dire. Per il significato di " rispondere ", cfr. Vn IV 3 quando mi domandavano... io sorridendo li guardava, e nulla dicea loro (e v. IV 2); per quello (eventuale) di " chiedere ", cfr. Pg XIV 25 E l'altro disse lui: " Perché nascose / questi il vocabol di quella riviera... ? ".
4.4. Piuttosto raro è il tipo rappresentato da Cv II V 3 e disse a noi la veritade di quelle cose che noi sapere sanza lui non potavamo; cfr. Vn XVIII 7 Se tu ne dicessi vero; Pg III 117 e dichi 'l vero a lei, s'altro si dice; If II 22 a voler dir lo vero; Pd XXVIII 22; Fiore CXCIV 14 né non dicea giamai parola vera.
5. L'uso specificativo di ‛ dico ' è ben attestato nella Vita Nuova (XXV 3 tra noi, dico, avvegna forse che tra altra gente addivenisse; XXVIII 4; per l'uso con il passato remoto, cfr. XXXII 6 dissi allora " Lasso ! "... dissi " lasso " in quanto mi vergognava di ciò), nel Convivio (I VII 13 contra loro volere, largo parlando dico, sarebbe...; II VIII 13 e dico ‛ corporeo o incorporeo ' per le diverse oppinioni ch'io truovo di ciò; XIII 26 e dico ‛ cerchio ' largamente ogni ritondo, o corpo o superficie; VI 6 questa persuasione, cioè, dico, abbellimento; XIV 16 dico dì, cioè tanto tempo quanto misurano cotanti dì; VII 4, X 7) e in misura minore nella Commedia (Pd XXIII 17 del mio attender, dico, e del vedere; If XI 32 far forza, dico in loro ed in lor cose; Pg IV 28, VI 22, Pd VII 105; per ‛ i(o) dico ', cfr. Pg III 43 io dico d'Aristotile e di Plato; Pg III 68, VI 45, X 76, XXXII 14) e nelle Rime (XL 12 dico, pensando l'ovra sua d'allore; cfr. anche CIV 7 'l possente segnore, / dico quel ch'è nel core). Per ‛ non dico ', cfr. Cv II VII 4 non dico pur de le minori bestie; VI 9 e 11; Pg XVI 74 non dico tutti, ma, posto ch'i' 'l dica.
A fianco di questo, l'uso di ‛ dico ' asseverativo e che, insieme, serve di passaggio nella narrazione, si trova in If VIII 1 Io dico, seguitando; XIV 8 A ben manifestar le cose nove / dico...; Pg XXXII 71; Vn XXV 10 acciò che non ne pigli alcuna baldanza persona grossa, dico che...; XXX 1, XXXI 2-3, II 7, XIX 2; è seguito da veracemente in II 4, da bene in XIX 22 (cfr. Rime LI 13 e dico ben; e v. B.A. Terracini, Analisi stilistica, Milano 1966, 220). Per il Convivio, cfr. II XII 1 E però, principiando ancora da capo, dico...; XI 4 E però dico; cfr. II XIV 12; III IV 1 Dico adunque; cfr. II VI 1, X 7, IX 1, XI 3.
6. Coordinato con altro verbo, d. si trova in pochi passi della Vita Nuova (XXXI 14 55 chiamo Beatrice, e dico; XIX 7 15 Angelo clama... e dice; XII 2 chiamando misericordia... e dicendo; XXXIII 6 10 chiamo la Morte... e dico), del Convivio (II XV 12 dico e affermo; VI 5 conchiudo e dico; XI 8 ammonisco lei e dico; V 5 Salomone... dice, crede e predica),della Commedia (If V 126 dirò come colui che piange e dice; XXXII 98 lo presi per la cuticagna / e dissi; cfr. Fiore III 9 Allor que' prese il cor e disse; If VI 90 più non ti dico e più non ti rispondo; VIII 8) e delle Rime (LXVIII 13 e 'l viver mio... / fin a la morte mia sospira e dice). Quest'uso si trova con l'infinito, anche sostantivato (v. oltre), nel Convivio (II VIII 3 io intenda più a dire e a ragionare... ragionevole fu prima dire e ragionare), nella Commedia (Pg XXVI 100 sanza udire e dir; 111 nel dire e nel guardar; Pd XII 44 al cui fare, al cui dire; XIII 50 il tuo credere e 'l mio dire; XXI 47 il come e 'l quando / del dire e del tacer) e nelle Rime (LXV 7 paura, che mi fa tremare, / e dicer).
7. Più diffuso nella Vita Nuova che nel Convivio, ma assente nella Commedia, è l'uso del verbo in relazione all' ‛ arte del dire parole per rima ', con evidente riecheggiamento dell'ars dictandi.
Come complemento oggetto, per lo più si trova parole (Vn XII 7, XIV 10, XV 3, XXVI 4 propuosi di di(ce)re (certe) parole ne le quali...; cfr. XVIII 9, XIX 1, XXI 1, XXII 7, XXIII 16, XXIV 3, XXXVI 3; in Rime CVI 3 s'io dico / parole quasi contra a tutta gente, / non vi maravigliate, il ‛ dire ' è egualmente ‛ poetico ': cfr. vv. 11-17 e 53; CXVI 8 chi mi scuserà, s'io non so dire / ciò che [Amore] mi fai sentire?), ma non è infrequente sonetto (Vn VII 2 dissi questo sonetto, che [lo quale] comincia; cfr. XIII 7, XIV 10, XV 3, XVI 6, XX 2, XXIV 6, XXVI 4, XXXII 3; XVI 1 Appresso ciò, che io dissi questo sonetto, mi venne una volontade di dire anche parole, ne le quali io dicesse...); canzone (XXXII 1, XXXIII 2 dissi due stanzie d'una canzone). Né manca l'uso assoluto: XVIII 9 con disiderio di dire e con paura di cominciare; XIX 1 a me giunse tanta volontade di dire (cfr. Cavalcanti Io non pensava 29 " Quando 'l pensier mi ven ch'i' voglia dire / a gentil core... / i' trovo me di sì poca salute, / ch'i' non ardisco di star nel pensero "). Notevole è Vn XXV 4 dire per rima in volgare tanto è quanto dire per versi in latino; 5-6 alquanti grossi ebbero fama di saper dire... fuoro li primi che dissero in lingua di sì. E lo primo che cominciò a dire sì come poeta volgare... cotale modo di parlare fosse dal principio trovato per dire d'amore. Per il Convivio cfr. II XII 9 Cominciai dunque a dire: Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete, per cui v. Rime LXXXIV 3 Parole mie... / voi che nasceste poi ch'io cominciai / a dir per quella donna... / " Voi che 'ntendendo... ".
Quest'uso tecnico e traslato di d. (per le cui remote origini latine cfr. Orazio Epist. II I 67 " Si quaedam nimis antique, si pleraque dure / dicere credit eos, ignave multa fatetur "), che si riferisce non necessariamente a un ‛ parlare ad alta voce ', può identificarsi con il canto (Rime LVI 9 e 'n suo cantar sottile / dicea: " Chi mi vedrà / lauderà 'l mio signore "), con il cantare poeticamente la donna amata (LVI 13 Se io sarò là dove sia / Fioretta mia bella... / allor dirò la donna mia) e con la personificazione, anche cavalcantiana, del proprio canto (LXXXIV 7 Parole mie... andatevene a lei... ditele...; 14 gittatelevi a' piedi umilmente, / dicendo ...; LXXXV 4 O dolci rime che parlando andate / ... a voi verrà... / un che direte: " Questi è nostro frate ", e 12; XCI 101-103 [Canzone] Digli che 'l buon col buon non prende guerra / ... digli ch'è folle chi non si rimove / ... da follia).
8. Il tipo ‛ d. fra sé ', ‛ d. nel proprio pensiero ', è attestato nella Vita Nuova (XIV 9 piangendo e vergognandomi, fra me stesso dicea; XVIII 8 venia dicendo fra me medesimo; XXIII 3, XXXVII 3, XXXVIII 2, XL 3; XXXVII 2 bestemmiava la vanitade de li occhi miei, e dicea loro nel mio pensero) e nella Commedia (Pd VII 10 Io dubitava e dicea " Dille, dille! " / fra me).
9. In citazioni, che conferiscono autenticità e veridicità al proprio discorso, nelle quali venga o non riportato il brano ricordato, d. appare soprattutto nel Convivio, in proposizioni sia principali (II V 4 Questo nostro Salvatore con la sua bocca disse...; X 10 Veramente per costoro dice Salomone ne lo Ecclesiaste; cfr. Fiore CIX 5 'n un su' libro dice Salomone; Cv II XIII 22 E Seneca dice però; 25 Onde Tolomeo dice; XIV 20 Di costei dice Salomone; V 12 E però dice lo Salmista) sia dipendenti, introdotte da ‛ sì come ' (il Convivio comincia appunto Sì come dice lo Filosofo: cfr. II IX 7, XIV 15; XIII 30 sì come dice Aristotile; V 1 e 3, VII 4, XIII 26 sì come dice Euclide... e secondo che dice); da ‛ secondo che ' (II XIII 18 secondo che dice Aristotile; XIV 14 secondo che dice Tommaso), ‛ (d)ove ' (II V 14 nel primo de lo Eneida, ove dice Venere ad Amore), e relative (II XIII 11 Secondo che pone Alfagrano, che dice...; V 5 la... Santa Ecclesia - de la quale dice Salomone). Quest'uso, quasi assente nella Vita Nuova (cfr., forse, VII 7 quelle parole di Geremia profeta che dicono; XXX 1; XXV 9 Virgilio... dice che Iuno... parloe a Eolo), è appena attestato nella Commedia (If XI 95 là dove di' ch'usura offende / la divina bontade; Pg XXII 70 Facesti come quei che va di notte / ... quando dicesti: " Secol si rinova ". Per le proposizioni introdotte da ‛ quando ' e per il gerundio dicendo, v. 13.).
10. Strettamente collegato con il precedente è l'uso di d. in quelle che potrebbero chiamarsi autocitazioni: quando, cioè, l'autore si riferisce a quello che ha scritto, e lo riassume e spiega, o un personaggio è immaginato chiosare parole sue precedenti. Raro nella Commedia (Pd XIII 46 e però miri a ciò ch'io dissi suso, / quando narrai che non ebbe 'l secondo), è ovviamente frequentissimo, ed appena alternato con quello di ‛ narrare ', forse popolare nel significato di " dire " (Cv II VII 2 narro quello che dicea l'una e l'altra diversitade, e ... quello che dicea la parte che perdea), nel commento continuo della Vita Nuova e degli ultimi tre libri del Convivio (II XI 1 secondo che di sopra disse la littera di questo commento). Dalla Vita Nuova si ricordi: VII 7 narro là ove Amore m'avea posto... e dico che io hoe ciò perduto; IX 13 ne la prima parte dico... ne la seconda dico quello ch'elli mi disse... ne la terza dico com'elli mi disparve; XIII 10 ne la prima dico e soppongo che tutti li miei pensieri sono d'Amore; ne la seconda dico che sono diversi, e narro la loro diversitade... ne la quarta dico che volendo dire d'Amore... e dico " madonna " quasi per disdegnoso modo di parlare; XIX 17-21, XX 6-8, XXI 5-8, XXII 8, XXIV 10-11, XXV 2 (cfr. Cv II IX 2 e dico che dice parole lamentandosi... dicendo, e 3).
In questo tipo rientrano alcune tra le più artificiose e bisticciose frasi della Vita Nuova, nelle quali si trovano significati diversi di d., inversioni dello stesso costrutto, allineamenti di costrutti affini e un certo gusto della ripetizione dei suoni, che non manca in poesia (cfr. Vn XIX 4 2 i'vo' con voi de la mia donna dire; cfr. 9 30 or voi di sua virtù farvi savere; XXII 9 7 Ditelmi, donne, che 'l mi dice il core, / perch'io vi veggio andar sanz'atto vile; Pg XXI 119-120 " Non aver paura ", / mi dice, " di parlar; ma parla e digli / quel ch'e' dimanda con cotanta cura "). Tra le frasi più ricche di d. nelle condizioni suddette, cfr. Vn XIX 16 ne la prima dico a cu'io dicer voglio de la mia donna, e perché io voglio dire; ne la seconda dico quale me pare avere a me stesso quand'io penso lo suo valore, e com'io direi s'io non perdessi l'ardimento; ne la terza dico come credo dire di lei... ne la quarta, ridicendo anche a cui ne intenda dire, dico la cagione per che dico a loro. Del Convivio si ricordi II VII 1, 3, 5, 7 e 9-10 Poi quando dico... narro la radice... dicendo... E dico ‛ fuggire ', per mostrare... E dico che questo pensiero... dicendo; IX 3; VI 1-2 Dico adunque a quelli... e non dico ‛ udite '... ma dico ‛ udite '... Dico ‛ udite '; VII 5-6, IX 5, X 11, IX 1 e 2 Poi quando dico... e dico che dice parole lamentandosi... dicendo; XV 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11, ove è caratteristica l'opposizione tra dice, si dice, riferito alla canzone composta, e spicca il conclusivo [§ 12] dico e affermo.
11. Anche in citazioni e ‛ autocitazioni ' s'incontra d., preceduto da verbo servile, a indicare ‛ intenzione espressiva ': cfr. Cv II X 3 e questo vuol dire lo riprendere di questo pensiero; XI 9 non voglio in ciò altro dire... se non; XV 7; XIII 1 si vuol vedere che per questo solo vocabulo ‛ cielo ' io voglio dire; in forma attenuata e probabilistica in IV 13 quello che par dire Aristotile; XIV 7 [Aristotele] Ne la Nuova [cioè translazione] pare dicere che ciò sia uno ragunamento di vapori... Ne la Vecchia dice..., e 6 Quello che Aristotile si dicesse, non si può bene sapere di ciò.
In riferimento al ‛ significato ' delle parole, cfr. ‛ voler d. ', in Cv IV VI 2-3 E qui è... da vedere che questo vocabulo vuole dire... Questo vocabulo... può discendere da due principii: l'uno si è d'uno verbo... che significa tanto quanto ‛ legare parole ', ov'è chiara l'identificazione del significato con l'etimologia, esatta o no, della parola. Per l'uso di d. nell'indicazione del rapporto tra una forma - linguistica o simbolica in genere - e il suo significato, cfr. II VII 3 quando si dice l'uomo vivere, si dee intendere...; XIII 7 Ora perché terzo cielo' si dica, è da vedere; Pd XII 81 se, interpretata, val come si dice; in If VIII 8 Questo che dice? e che risponde / quell'altro foco?, il rapporto tra ‛ usare un segnale '-d. si è esteso a quello ‛ usare un segnale di rimando '-‛ rispondere ' (cfr. Pg XXI 104 con viso che, tacendo, disse ‛ Taci '). Con d. si allude alla pura sostanza, fonica o grafica, di una parola o di una frase, in Vn XXIV 4 se anche vogli considerare lo primo nome suo, tanto è quanto dire " prima verrà "; Cv IV VI 5 uno vocabulo greco che dice ‛ autentin ', che tanto vale in latino quanto ‛ degno di fede e d'obedienza '; If XI 8 vidi una scritta / che dicea...
12. Collegato con questa funzione significativa, d. vale " chiamare " in pochi passi del Convivio (II III 11 la prima Mente, la quale li Greci dicono Protonoé) e della Commedia: in Pd IX 61 Sù sono specchi, voi dicete Troni, la denominazione diversa si collega prima con la natura delle gerarchie angeliche, poi con il riconoscimento della loro autorità; struttura semantica affine presentano Pd XII 70 perché fosse qual era in costrutto, / quinci si mosse spirito a nomarlo / del possessivo di cui era tutto. / Domenico fu detto, e IX 94 Folco mi disse quella gente a cui / fu noto il nome mio; e questo cielo / di me s'imprenta, com'io fe' di lui, ove non è tuttavia chiaro qual significato o associazione D. scorgesse nel nome dell'anima che gli era apparsa qual fin balasso in che lo sol percuota (v. 69). Indicazione di un processo definitorio (" riconoscere proprie di qualcuno determinate caratteristiche e funzioni ") Si osserva in Cv II IV 6 (Giuno, la quale [i gentili] dissero dea di potenza ... Pallade o vero Minerva, la quale dissero dea di sapienza ... Vulcano, lo quale dissero dio del fuoco ... Cerere, la quale dissero dea de la biada). Rispetto a questo, l'uso di ‛ chiamare ' (cfr. poco prima Li gentili le chiamano Dei e Dee; IV 2 intelligenze, le quali la volgare gente chiamano Angeli) si limita alla sola espressione del processo di denominazione (v. CHIAMARE).
Per l'equivalenza tra forme significanti, anche in caso di traduzione, si ricordi l'uso di ‛ che (tanto) è (a) dire (quanto) ', in Cv II III 8 lo cielo Empireo, che è. a dire cielo di fiamma; V 5 tre gerarchie, che è a dire tre principati santi o vero divini; IV 5 ‛ idee ', che tanto è a dire quanto forme e nature universali; IX 5; X 8 Lo qual vocabulo... non sarebbe altro a dire che turpezza. Si trova ‛ ciò è a d. ' nei commenti contenuti in Vn XLI 6 e Cv II VI 5, VII 5.
Per " prendere ", " derivare il proprio nome da ", cfr. Pd XV 91 Quel da cui si dice / tua cognazione. Tra " chiamare " e " giudicare " oscilla il significato di dirà, in Rime LXXXIII 32 Qual non dirà fallenza / divorar cibo ed a lussuria intendere?
13. Nel Convivio introducono una frase dipendente, riprendendo un precedente verbo di d., ‛ pensare ', ‛ narrare ', ‛ obiettare ' (in D. anche ‛ dire contra ') e affini, il gerundio dicendo, il più raro quando dice, a volte affiancati nella stessa frase, e l'unicum dicente. Cfr. IV XV 14 contra costoro Aristotile parla... dicendo quelli essere insufficienti uditori de la morale filosofia; XIV 12; XV 8 ecco la testimonianza d'Ovidio... dove tratta la mondiale constituzione... dicendo, e 16 di costoro dice lo Filosofo... dicendo...; III VII 9 E se alcuno volesse dire contra, dicendo che alcuno uccello parli; VII 14-15 Poi quando dico... intendo narrare come la bontà... è a li altri buona e utile. E prima, com'ella è utile... dicendo. Secondamente narro com'ella è utile... dicendo; II XV 11 sì come... pare sentire lo Filosofo, dicendo; XIII 10 sì come dice Orazio... quando dice; XIII 6, V 14, III 11, VIII 10. Della Commedia si ricordi Pd XIII 46 ciò ch'io dissi suso, / quando narrai che non ebbe 'l secondo, ove si osserva la sostanziale equivalenza funzionale tra d. e ‛ narrare '.
Per dicente, cfr. Cv IV XII 7 a maggiore testimonianza di questa imperfezione, ecco Boezio in quello De Consolatione dicente.
14. Il verbo è seguito da ‛ di ' in Vn II 8 (di lei si potea dire...); XIX 4 2 (i'vo' con voi de la mia donna dire; cfr. le varianti lessicali; ma tratterò del suo stato gentile / ... con vui, / ché non è cosa da parlarne altrui [6 11]; per una simile serie sinonimica v. Pg XIV 20 dirvi ch'i' sia, saria parlare indarno); XLII 2 io spero di dicer di lei quello che mai non fue detto d'alcuna; XIX 11, XXII 6 e 11, XXV 1 e 2: in questi casi il significato sembra " trattare poeticamente di ", con la stessa costruzione di d. che in Cv II VIII 2 (prima si convien dire de la parte de l'anima, cioè de l'antico pensiero) e in Rime LX 8 (audendo dire e dir di suo valore), ma con il valore che abbiamo visto (v. 7.; e cfr. B.A. Terracini, Analisi, cit., p. 221).
15. Le 28 attestazioni di d. sostantivato nella Commedia per lo più hanno il significato di " parole "; 11 sono accompagnate da aggettivi possessivi (mio, If III 80, Pg XXIV 90, XXVII 139, XXVIII 137; Pd XI 24 lo dicer mio; XXXII 150; Rime CVI 53 lo meo dire; tuo, If XIII 86, Pg XXII 27; suo, If III 129, IX 13, XXVII 130), 2 da un aggettivo qualificativo (dolce, If XIII 55; vero, Pg XI 118). In 4 casi manca ogni elemento determinatore (Pg XXV 18, Pd XXI 66, XXIV 154, XXXIII 121). L'articolo indeterminativo di fronte all'infinito è soltanto in Pg XXVI 130 falli per me un dir d'un paternostro.
L'opposizione tra ‛ agire ' e ‛ parlare ' è espressa in If IV 147 (al fatto il dir vien meno), XXXII 12 (sì che dal fatto il dir non sia diverso; cfr. Fiore CIII 11 ma molt'è il fatto mio al dir diverso), Pg XVII 30, XXIV 1, Pd XII 44, XVIII 39; meno perspicue sono quelle tra d. e ‛ vedere ' (Pg XIV 73, XXVI 111), tra d. e ‛ credere ' (Pd XIII 50), tra d. e ‛ tacere ' (Pd XXI 47).