DIRHAM
. Nome della moneta fondamentale d'argento nel sistema monetario musulmano del Medioevo. Il nome e la moneta, già noti agli Arabi prima dell'islamismo, erano venuti a questi ultimi dalla Persia, che a sua volta aveva preso la denominazione dal greco δραχμή. Già il califfo ‛Omar I (13-23 èg., 634-644 d. C.) fece battere questa moneta, la quale tuttavia ebbe un conio prettamente arabo soltanto con la riforma monetaria di ‛Abd al-Malik nel 77 èg. (696 d. C.). Il dirham legale, quello a cui si riportano i giuristi musulmani, ha un peso che sta nel rapporto di 7 a 10 rispetto a quello della moneta aurea base (dīnār, v.), ossia, posto il dīnăr di gr. 4,25, il peso del dirham risulta di gr. 2,97. Quanto al valore, i giuristi hanafiti e mālikiti fanno equivalere 10 dirham a un dīnār; invece i giuristi shāfi῾iti e ḥanbaliti danno l'equivalenza di 12 a 1. L'uso dei dirham scomparve verso la metà del sec. VIII èg. (XIV d. C.), insieme con quello dei dīnār; per il suo ripristinamento nella moderna Mesopotamia, v. dīnār.
Nel Medioevo i dirham arabi ebbero larghissimo corso nell'Europa orientale e settentrionale, tanto che molti se ne sono ritrovati in età moderna nella Scandinavia e nei paesi del Baltico orientale.
Esiste anche un peso di nome dirham, indipendente da quello della moneta e adoperato ancor oggi negli usi farmaceutici e d'oreficeria; attualmente esso in Egitto ha il valore ufficiale di gr. 3,12, a Costantinopoli di 3,207; secondo il von Zambaur, il dirham legale peso sarebbe stato di gr. 3,148. Esso è il tarì peso o trappeso della Sicilia prima del 1860.
Bibl.: H. Sauvaire, Matériaux pour servir à l'histoire de la numismatique et de la métrologie musulmanes, in Journal Asiatique, s. 7ª XIV, Parigi 1879, pp. 503-526; XV (1880), pp. 228-247 (parte 1ª, § 3 e 5) per la moneta, e s. 8ª, III (1884), pp. 428-445 per il peso (la base del Sauvaire per la valutazione della moneta è errata); E. von Zambaur, art. Dirham, in Encyclopédie de l'Islam, I, Leida 1913, pp. 1005-1006.