Abstract
La disciplina dei profili di diritto internazionale privato e processuale dei diritti della personalità è dettata in parte da fonti dell’Unione europea e in parte da fonti nazionali. La responsabilità per violazione di tali diritti è inclusa, infatti, nell’ambito dell’applicazione del regolamento n. 44/2001, mentre per il diritto applicabile ai diritti della personalità è necessario far riferimento all’art. 24 l. n. 218/1995. Nell’esame dei profili internazionalprivatistici della materia è inoltre importante distinguere il profilo “positivo” dei diritti della personalità dal profilo attinente la violazione degli stessi, nonché l’interazione tra diritti della personalità e tutela dei diritti fondamentali.
Frutto dell’elaborazione teorica della dottrina tedesca della seconda metà dell’ottocento, i diritti della personalità presentano alcune peculiarità che ne rendono la definizione e la disciplina particolarmente complesse e tuttora oggetto di discussione. Si tratta infatti di diritti connaturati alla nozione di essere umano e per ciò stesso tradizionalmente considerati di difficile inquadramento in categorie puramente privatistiche, dato il loro legame con valori di rilevanza costituzionale e la previsione da parte del legislatore di rimedi anche penalistici e amministrativi a loro tutela (Rescigno, U., Personalità (diritti della), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1990, 1).
Da tali caratteristiche discende la tendenza della dottrina a dare rilievo preminente, nello studio dei diritti della personalità, al profilo della responsabilità conseguente a una loro violazione. Spettando infatti detti diritti alla persona in quanto tale, non vi dovrebbe essere incertezza sulla loro sussistenza, sicché i diritti della personalità avrebbero carattere prettamente difensivo e negativo e non sarebbero idonei ad essere oggetto di azioni di accertamento. Dal legame con l’individuo e dall’evoluzione della tutela dello stesso deriva inoltre il carattere aperto ed eterogeneo della categoria, che si estende dal diritto all’integrità fisica, al nome, all’onore e alla reputazione, alla privacy a diritti quali quello alla paternità intellettuale delle opere dell’ingegno; nonché la necessità di bilanciare i diritti in questione con altri diritti e libertà, che, anche a causa dello sviluppo di nuove tecnologie in grado di incidere sulla sfera personale del soggetto, con essi possano venire in conflitto.
Le peculiarità ora sottolineate si riflettono sulla disciplina di diritto internazionale privato in senso lato della materia. La difficile distinzione tra esistenza dei diritti della personalità e loro violazione rende infatti arduo (sia dal punto di vista della giurisdizione sia dal punto di vista del diritto applicabile) l’inquadramento in una norma di conflitto, trovandosi l’interprete di fronte all’alternativa tra disposizioni relative allo status della persona e disposizioni concernenti la responsabilità extracontrattuale. Il problema del bilanciamento dei diritti della personalità con altri diritti si scontra poi, nelle fattispecie di carattere transnazionale, con gli ostacoli derivanti dal diverso peso attribuito nei vari ordinamenti a libertà quale quella di informazione. Il legame inscindibile con la persona umana solleva infine il problema del rapporto tra diritto internazionale privato e diritti dell’uomo e della necessità di individuare criteri di collegamento idonei a conciliare le esigenze proprie delle due discipline.
Mentre le disposizioni preliminari al codice civile, sotto l’influenza di quella parte della dottrina che riteneva che i diritti della personalità non assumessero rilievo autonomo nell’ambito del diritto internazionale privato (v. Di Blase, A., Personalità (diritti della) - dir. int. priv., in Enc. giur. Treccani, Roma, 2000, 2 s.), non dedicavano alcuna disposizione specifica a tali diritti, questi ultimi sono oggetto di disciplina da parte della legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato (l. 31.5.1995, n. 218), che dedica al diritto applicabile ai diritti della personalità una disposizione apposita, l’art. 24. Sotto il profilo del diritto applicabile, la disciplina di tali diritti non ha subito l’influenza della cosiddetta “comunitarizzazione” del diritto internazionale privato, dal momento che, come vedremo, il regolamento n. 864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni non contrattuali li esclude dal proprio campo di applicazione. L’emanazione di atti di diritto derivato dell’Unione europea in materia di cooperazione giudiziaria civile ha invece rilievo per quanto riguarda i profili processuali della materia, rientranti – almeno in parte – nell’ambito di operatività del regolamento n. 44/2001 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Bruxelles I).
Il regolamento n. 44/2001 (così come la Convenzione di Bruxelles del 1968 concernente la medesima materia, che del regolamento costituisce l’antecedente), all’art. 1, esclude dal proprio ambito di applicazione «lo stato e la capacità delle persone fisiche», mentre, all’art. 5, n. 3, tra le competenze speciali, include la materia degli «illeciti civili dolosi o colposi», in relazione ai quali l’attore può convenire l’altra parte dinanzi al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire.
Almeno per quanto concerne gli aspetti processuali del profilo relativo alla violazione dei diritti della personalità il regolamento n. 44/2001 troverà dunque applicazione, sia quando il convenuto è domiciliato nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea, sia quando è domiciliato nel territorio di uno Stato terzo. Nella prima ipotesi il regolamento si applicherà proprio vigore, nella seconda in virtù del richiamo effettuato dall’art. 3 l. n. 218/1995, secondo il quale la giurisdizione italiana sussiste anche in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione di Bruxelles del 1968 e successive modificazioni (oggi regolamento n. 44/2001) anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione.
Come è noto, l’art. 5, n. 3, della Convenzione di Bruxelles e del regolamento n. 44/2001 è stato più volte oggetto di interpretazione da parte della Corte di giustizia, la quale ha messo in luce come per «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire» si debba intendere, a scelta dell’attore, il luogo nel quale è avvenuto il fatto che ha dato origine al danno o il luogo nel quale si è verificato il danno stesso (sentenza 30.11.1976, 21/76, Mines de Potasse d’Alsace, in Racc. C. giust. CE, 1976, 1735).
La violazione dei diritti della personalità avviene tuttavia frequentemente attraverso l’utilizzo di mezzi di comunicazione di massa, quali giornali, televisione o internet. Tali strumenti sono per loro stessa natura volti a una diffusione capillare di informazioni, e pertanto suscettibili di dar luogo a fattispecie collegate con una molteplicità di ordinamenti. L’individuazione del luogo nel quale il danno si è verificato risulta dunque alquanto problematica. La Corte di giustizia ha affrontato la questione in relazione alla lesione del diritto all’onore e alla reputazione tramite pubblicazioni cartacee o tramite internet. Nella sentenza Shevill (sentenza 7.3.1995, C-68/93, in Racc. C. giust. CE, 1995, 415), di fronte a un’ipotesi di diffusione di informazioni diffamatorie relative a una cittadina britannica pubblicate da un quotidiano francese distribuito in Francia e in altri Stati tra i quali il Regno Unito, la Corte ha in effetti precisato che in fattispecie di questo genere il luogo dell’evento generatore del danno consiste nel luogo nel quale è stabilito l’editore della pubblicazione controversa, e che il giudice di tale luogo ha la competenza a conoscere dell’azione di risarcimento dell’intero danno cagionato dall’atto illecito. Il luogo in cui si è manifestato il danno coincide invece con tutti i luoghi nei quali la pubblicazione è stata diffusa, quando la vittima sia ivi conosciuta, sicché i giudici di ognuno di tali Stati saranno competenti a conoscere dei danni arrecati in tale Stato membro alla reputazione della vittima.
Dal momento che, come risulta da costante giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza 19.9.1995, C-364/93, Marinari, in Racc. C. giust. CE, 1995, 2719), rileva solo il luogo nel quale si è manifestato l’evento generatore del danno (nel caso di specie il luogo di diffusione della pubblicazione), e non quello nel quale si sono verificati gli eventuali danni indiretti (es. danni patrimoniali verificatisi nel luogo di domicilio dell’attore), «per luogo di diffusione della pubblicazione deve intendersi unicamente quello nel quale l’editore l’ha posta in distribuzione, restando privo di valore il luogo in cui è stato distribuito un altro mezzo di stampa, editorialmente separato dal primo, che abbia ripreso l’enunciato diffamatorio» (Cass., S.U., 27.10.2000, n. 1141, in Riv. dir. int. priv. proc., 2001, 678; in Giur. it., 2001, 1363; in Giust. civ., 2001, I, 99).
La nozione di «luogo di diffusione» è tuttavia di difficile definizione nell’ipotesi di violazioni di diritti della personalità avvenute attraverso l’utilizzo di internet, essendo quest’ultimo uno strumento caratterizzato dal fatto che i dati in esso pubblicati sono potenzialmente consultabili da qualsiasi luogo. La Corte di giustizia è stata chiamata a pronunciarsi sul punto nella sentenza eDate Advertising-Martinez, del 25.10.2011 (cause riunite C- 509/09 e C-161/10, in http://curia.europa.eu/), relativa a ipotesi di pubblicazione su pagine internet di notizie lesive della reputazione o della privacy. In tale pronuncia, il criterio enunciato nella sentenza Shevill viene adattato alle particolarità di internet. Secondo la Corte, infatti, se vuole agire per il risarcimento della totalità del danno, l’attore ha facoltà di scegliere se esercitare l’azione dinanzi ai giudici dello Stato membro del luogo di stabilimento del soggetto che ha emesso i contenuti lesivi di un diritto della personalità (criterio già enunciato dalla sentenza Shevill) o dinanzi ai giudici dello Stato membro in cui si trova il proprio centro d’interessi. Quest’ultimo coincide generalmente con il luogo in cui la persona ha la propria residenza abituale, e risponde all’obiettivo di garantire una buona amministrazione della giustizia e la prevedibilità del foro competente, dal momento che chi emette l’informazione lesiva (il convenuto) al momento della messa in rete della stessa è in grado di conoscere il centro di interessi principale dei soggetti che formano oggetto dell’informazione stessa. In alternativa, l’attore potrà adire i giudici di ogni singolo Stato membro sul cui territorio l’informazione messa in rete è o sia stata accessibile, per ottenere il risarcimento dei danni prodotti in ciascuno di detti Stati.
Se in relazione alle ipotesi sopra citate è indubbia l’applicabilità del regolamento n. 44/2001, più complessa è la determinazione dei criteri di giurisdizione relativi ai profili dei diritti della personalità non assorbiti dalla violazione degli stessi. Basti citare il diritto all’immagine, suscettibile di sfruttamento commerciale e dunque rilevante anche al di fuori del momento della violazione, o il diritto al nome, che può far sorgere esigenze di accertamento, dal momento che vi può essere incertezza sulla spettanza a un soggetto di un particolare nome, o al diritto morale d’autore nelle ipotesi nelle quali si agisca, ad esempio, contro il non uso del nome dell’autore di un’opera.
Nelle ipotesi nelle quali un’azione di accertamento sia necessaria, la questione sembra esulare dall’ambito di applicazione del regolamento Bruxelles I: ci troviamo infatti in presenza di questioni attinenti allo stato e alla capacità delle persone fisiche. In relazione a simili fattispecie, la determinazione del giudice competete dovrà dunque avvenire sulla base dei criteri di giurisdizione relativi al foro generale delle persone fisiche, dettati dall’art. 3 l. n. 218/1995 o dall’art. 9 della stessa nel caso di provvedimenti di volontaria giurisdizione. Così – a titolo di esempio – quando il nome sia oggetto di contestazione, e venga dunque negato il diritto di un soggetto a portarlo, il giudice italiano sarà competente nelle ipotesi in cui il convenuto sia domiciliato o residente in Italia o ivi abbia un rappresentante autorizzato a stare in giudizio oppure quando, in assenza di tali criteri, egli abbia giurisdizione sulla base dei criteri di competenza per territorio.
Nel caso di sfruttamento commerciale di un diritto della personalità, il criterio di giurisdizione applicabile dipenderà invece dall’oggetto della controversia. Si pensi all’ipotesi di inadempimento di un contratto relativo allo sfruttamento dell’immagine di un soggetto, nella quale entrerà in gioco l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 44/2001.
Contrariamente a quanto sopra affermato in relazione ai profili di diritto processuale civile internazionale, per quanto concerne la legge applicabile ai diritti della personalità non entra in gioco alcun atto adottato dall’Unione europea nel settore della cooperazione giudiziaria civile. Il regolamento n. 864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II) esclude infatti espressamente dalla propria sfera di applicazione «le obbligazioni extracontrattuali che derivano da violazioni della vita privata e dei diritti della personalità, compresa la diffamazione».
Nel nostro ordinamento, la legge applicabile ai diritti della personalità sarà dunque determinata dall’articolo 24 l. n. 218/1995, secondo il quale «1. L’esistenza e il contenuto dei diritti della personalità sono regolati dalla legge nazionale del soggetto; tuttavia i diritti che derivano da un rapporto di famiglia sono regolati dalla legge applicabile a tale rapporto. 2. Le conseguenze della violazione dei diritti di cui al comma 1 sono regolate dalla legge applicabile alla responsabilità per fatti illeciti».
Il primo elemento che emerge dalla citata disposizione è la distinzione tra profilo positivo dei diritti della personalità e profilo negativo e difensivo degli stessi; e dunque la conferma dell’impossibilità di ridurre la disciplina dei diritti della personalità unicamente alla questione del diritto applicabile alla responsabilità derivante da violazione degli stessi.
L’articolo 24, in particolare, fa espresso riferimento al contenuto e all’esistenza di tali diritti. Quanto al contenuto, la legge nazionale del soggetto o la legge regolatrice del rapporto di famiglia (se il diritto deriva da tale rapporto), definiranno i confini del diritto della personalità in questione, la sostanza e l’estensione dello stesso. È invece discusso se l’art. 24 disciplini anche lo sfruttamento commerciale dei diritti della personalità (si pensi allo sfruttamento commerciale dell’immagine a fini pubblicitari o la cessione in esclusiva di un avvenimento privato) o se esso si limiti a coprire l’aspetto morale di tali diritti. La soluzione preferibile sembra essere nel senso che la concessione del godimento di tali diritti ad altri soggetti ricada nell’ambito di applicazione dell’art. 54 l. n. 218/1995, relativo ai diritti sui beni immateriali, che sottopone questi ultimi alla legge dello Stato di utilizzazione (Di Blase, A., Diritti della personalità, cit., 2 s.). Non mancano tuttavia voci contrarie, secondo le quali la determinazione dei limiti entro i quali è possibile lo sfruttamento commerciale di un diritto della personalità e lo sfruttamento dello stesso ricadrebbero sotto la disciplina della legge richiamata dall’art. 24 (Resta, G., Autonomia privata e diritti della personalità, Napoli, 2005, 245).
Per quanto concerne invece l’esistenza di tali diritti, come accennato, la questione presenta maggiori profili di complessità, dal momento che i diritti della personalità spettano all’individuo in quanto tale, e dunque la loro sussistenza non può essere messa in dubbio. Ciò che può essere oggetto – almeno per taluni diritti della personalità – di accertamento non è dunque l’esistenza del diritto in questione, bensì la spettanza dello stesso a un determinato soggetto. Come accennato, la questione si pone in modo particolarmente evidente in relazione al diritto morale d’autore e al diritto al nome. Peraltro, in tale ultima ipotesi (nome) non entrerà in gioco la legge richiamata dall’art. 24 della legge di riforma del diritto internazionale privato. L’Italia è infatti parte contraente della Convenzione di Monaco del 1980 sulla legge applicabile ai cognomi e ai nomi, che richiama, per la disciplina della materia, la legge nazionale del soggetto, sia nell’ipotesi in cui il nome derivi da un atto della pubblica autorità (es. intervento della pubblica autorità per il cambiamento del cognome di un soggetto) sia nell’ipotesi in cui sia conseguenza di un rapporto di famiglia. La distinzione operata dall’art. 24 l. n. 218/1995 in relazione al nome perde dunque di rilevanza.
Va infine notato che l’art. 65 l. n. 218/1995 prevede l’automatica efficacia in Italia dei provvedimenti relativi all’esistenza di diritti della personalità quando siano stati pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dall’art. 24 l. n. 218/1995 o producono effetti in detto ordinamento, fatti salvi l’ordine pubblico e i diritti essenziali della difesa. E una disposizione analoga è dettata dall’art. 66 l. 218/1995 per quanto concerne i provvedimenti di giurisdizione volontaria.
Per quanto concerne la legge applicabile alle conseguenze della violazione dei diritti della personalità, l’art. 24 l. n. 218/1995, come già sottolineato, sottopone questo aspetto alla legge regolatrice della responsabilità per fatto illecito. Quest’ultima è individuata dall’art. 62 l. n. 218/1995, secondo il quale «1. La responsabilità per fatto illecito è regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l’evento. Tuttavia, il danneggiato può chiedere l’applicazione della legge dello Stato in cui si è verificato il fatto che ha causato il danno. 2. Qualora il fatto illecito coinvolga soltanto cittadini di un medesimo Stato in esso residenti, si applica la legge di tale Stato». La possibilità per il danneggiato/attore di scegliere tra legge dell’evento e legge del luogo nel quale si è verificato il fatto che ha causato il danno può dar luogo, nel caso in cui il giudice italiano sia investito della controversia, a un’auspicabile coincidenza tra forum e ius, dal momento che l’art. 5, n. 3, del regolamento Bruxelles I offre all’attore la medesima possibilità. Un’ulteriore ipotesi di coincidenza tra foro e diritto applicabile si potrà avere nelle ipotesi di violazione di diritti della personalità tramite internet. Se il giudice italiano viene adito in quanto giudice dello Stato nel quale si trova il centro di interessi/residenza dell’attore (giurisprdenza e-Data Advertising-Martinez), questi potrà applicare infatti la legge italiana se anche gli altri soggetti coinvolti nel fatto illecito sono residenti in Italia.
Va tuttavia sottolineato il fatto che il frazionamento tra legge regolatrice dell’esistenza/contenuto dei diritti della personalità e legge regolatrice delle conseguenze della violazione degli stessi operato dall’art. 24 l. n. 218/1995 può dar luogo ad incoerenze nella disciplina inernazionalprivatistica dei diritti in questione: la norma di conflitto applicabile alle conseguenze della violazione di un diritto della personalità potrebbe infatti portare all’applicazione della legge di uno Stato che non riconosce l’esistenza di tale diritto.
Nonostante il regolamento Roma II non entri in gioco per l’individuazione della legge applicabile alla responsabilità per violazioni dei diritti della personalità, l’esame dei lavori preparatori dello stesso consente di mettere in luce alcuni aspetti problematici della disciplina internazionalprivatistica di tali diritti. In effetti, l’esclusione di questi ultimi dalla sfera di applicazione del regolamento compare solo nella versione finale dello stesso; al contrario, le proposte della Commissione si occupavano anche della legge applicabile alla responsabilità derivante dalla violazione dei diritti della personalità. In particolare, nella versione iniziale della proposta della Commissione le obbligazioni extracontrattuali derivanti da violazioni dei diritti della personalità erano sottoposte alla legge dello Stato di residenza del danneggiato; mentre nella proposta del 2003 a tale criterio si sostituisce quello del luogo nel quale il danno si verifica o minaccia di verificarsi, fatta salva l’applicazione della lex fori nel caso in cui la citata legge sia contraria ai principi fondamentali del foro in materia di libertà di espressione e di informazione.
Dalle citate proposte emergono due elementi importanti dei quali è opportuno tener conto quando si affronti la questione della legge applicabile ai diritti della personalità. Il primo consiste nella tendenza a dar rilievo, nella disciplina internazionalprivatistica di tali diritti, a criteri di tipo territoriale (nelle proposte della Commissione la legge di residenza abituale del danneggiato). Il secondo concerne il problema del bilanciamento tra diritti.
Quanto al primo aspetto, il ruolo dei criteri di tipo territoriale è fortemente legato ai connotati pubblicistici dei diritti della personalità e allo stretto legame di questi con i diritti fondamentali della persona umana (v. Diritti umani. Profili generali), elementi che rendono i diritti della personalità in parte estranei alla logica relativistica del diritto internazionale privato. Il diritto internazionale privato, in effetti, è una disciplina che mira al coordinamento tra ordinamenti e si fonda dunque sulla loro diversità. Le norme in materia di tutela dei diritti dell’uomo, al contrario, per il carattere essenziale di tali diritti, impongono allo Stato di garantirli a chiunque si trovi sul suo territorio, indipendentemente dalla cittadinanza del soggetto in questione e dal legame che questi può avere con altri ordinamenti. Ora, l’utilizzo di criteri di tipo domiciliare – come quello della residenza – sembra meglio assicurare l’obiettivo di garantire il godimento dei diritti della personalità, attributi fondamentali della persona umana, a chiunque si trovi nella sfera di giurisdizione dello Stato. La sottoposizione di tali diritti a una legge straniera comporta infatti il rischio che detta legge non ne riconosca il godimento all’individuo che si trovi nello Stato stesso o che lo limiti in modo inaccettabile. Il medesimo risultato può essere raggiunto – come emerge dalla proposta della Commissione del 2003 – attraverso l’applicazione della lex fori ad alcuni aspetti della tutela di tali diritti.
Il nostro ordinamento, come già sottolineato, non ha seguito una simile impostazione. Nelle ipotesi, dunque, nelle quali l’ordinamento straniero richiamato non riconosca il diritto della personalità in questione, o lo limiti in modo arbitrario, entrerà in gioco il limite dell’ordine pubblico. La questione è stata affrontata dalla giurisprudenza di merito in relazione al diritto all’identità sessuale. Di fronte a normative straniere che non contemplavano la possibilità di riconoscere il cambiamento di sesso di un soggetto, il Tribunale di Milano (sentenza 14.7.1997, in Riv. dir. int. priv. proc., 1998, 568; sentenza 17.7.2000, in Fam. dir., 2000, 608) ha infatti applicato la legge italiana, considerando l’assenza di disposizioni in materia nell’ordinamento straniero in oggetto come contraria all’ordine pubblico.
La lex fori non rimane tuttavia priva di rilevanza nella materia in oggetto. Essa, infatti, può venire in considerazione nel nostro ordinamento nelle ipotesi in cui assumano rilievo norme di applicazione necessaria, cioè disposizioni del foro che, dato il loro carattere imperativo, devono essere applicate alla fattispecie nonostante il richiamo alla legge straniera. Tali disposizioni non sono rare nel settore dei diritti della personalità, e in particolare in materia di diritto d’autore e in materia di tutela della vita privata. Basti citare la l. 22.4.1941, n. 633 sul diritto d’autore, il cui regime di tutela si applica agli autori italiani, dovunque le loro opere siano pubblicate per la prima volta, e agli autori stranieri domiciliati in Italia, in riferimento alle opere di questi pubblicate per la prima volta in Italia; e il codice della privacy (d.lgs. 30.6.2003, n. 196), le cui norme, secondo quanto dispone l’art. 5, disciplinano il trattamento dei dati personali, anche detenuti all’estero, effettuato da chiunque è stabilito nel territorio dello Stato o in un luogo comunque soggetto alla sovranità dello Stato. Nelle ipotesi ora citate, la legge italiana si applica ogniqualvolta la fattispecie concreta ricada nella sfera di applicazione di dette norme, indipendentemente dall’operare delle norme di diritto internazionale privato.
Il forte legame tra diritti fondamentali e diritti della personalità pone in primo piano anche il bilanciamento tra i vari diritti oggetto di tutela. Il problema si pone in modo particolarmente evidente il relazione alla diffamazione, laddove si debba bilanciare il diritto della vittima alla privacy o all’onore e alla reputazione con la libertà di espressione e di informazione dell’autore della violazione. La difficoltà di operare un simile bilanciamento ha costituito una delle ragioni principali dell’esclusione delle violazioni dei diritti della personalità dalla sfera di applicazione del regolamento Roma II. Come si evince dalla formulazione dell’esclusione, in effetti, la diffamazione è stata per alcuni versi assunta a paradigma delle violazioni dei diritti della personalità e la forte opposizione dei media all’utilizzo del criterio della lex loci delicti per la disciplina di tale tipo di illecito ha impedito che si raggiungesse un consenso sull’inclusione delle violazioni dei diritti della personalità nella sfera di applicazione del regolamento.
Del bilanciamento tra libertà di espressione e diritti della personalità si è occupata a più riprese anche la Corte europea dei diritti dell’uomo. Nel caso Von Hannover c. Germania (sentenza 24.6.2004), in particolare, la Corte ha sottolineato che la libertà di espressione può prevalere sulla tutela della vita privata prevista dall’art. 8 della CEDU solo nell’ipotesi in cui le informazioni divulgate riguardo a personaggi pubblici riguardano l’esercizio delle loro mansioni ufficiali e non dettagli della loro vita privata. Nella sentenza Pfeifer c. Austria (sentenza 15.11.2007) ha poi esteso la tutela di cui all’art. 8 alla reputazione dell’individuo, che forma parte integrante della sua identità personale, sottolineando che gli attentati alla reputazione si giustificano solo in ragione di un preminente interesse generale, per accertare il quale si terrà conto anche della veridicità dei fatti assunti come presupposto delle opinioni e delle valutazioni espresse.
L. 22.4.1941, n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio); l. 31.5.1995, n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato); d.lgs. 30.6.2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali); Convenzione di Monaco del 5 settembre 1980 sulla legge applicabile ai cognomi e ai nomi; regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Bruxelles I); regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II).
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