ETIOPICI, DIRITTI
. Con la generica denominazione di diritti etiopici si indicano le consuetudini giuridiche, secondo le quali si regola la vita presso le svariate masse umane che sono stabilite nella vastissima regione detta Etiopia. È denominazione essenzialmente geografica, più che indicativa di sistemi. È noto come tali masse umane presentino, fra loro, differenze profonde per stadio di civiltà, per cultura, per religione, per sviluppo storico, a volte anche sostanzialmente per razze; ed è noto altresì come per moltissimi secoli molte di esse siano state politicamente e socialmente separate in modo assoluto dalle altre, e come soltanto nella recente conquista scioana abbiano trovato, attraverso una sanguinosa soggiogazione e una dura signoria, collegamenti col mondo esteriore. Tutto ciò, naturalmente, si traduce in differenze sensibili nelle norme giuridiche che ogni gruppo etnico si è venuto elaborando, in piena autonomia. Ne avviene che possono constatarsi, in popolazioni limitrofe ma storicamente divise, stadî di diritto che rappresentano, altrove, il percorso di millennî: così, nell'Eritrea, a fianco degli Abissini, dotati di un diritto privato relativamente evoluto, fondato sull'agnazione, con una non sfavorevole posizione della donna, con un'organizzazione sociale strettamente disciplinata, si hanno i Cunama, i quali sono ancora nello stadio del matriarcato, e che soltanto con la dominazione italiana sono usciti da un assai primitivo reggimento democratico, in cui, mancando i capi e tutti essendo pari, le stesse deliberazioni della collettività finivano col non avere valore se non in quanto fossero spontaneamente accettate; con gli Abissini e i Cunama, poi, confinano le tribù a lingua tigré, caratterizzate dalla divisione in due classi, signori e vassalli, andando il diritto dei signori, presso qualche tribù, fino alla vendita del vassallo ereditario e alla facoltà di ucciderlo senza dare luogo alla faida. Tutti questi diritti sono puramente tradizionali e trasmessi oralmente; gli stessi Abissini, sebbene da oltre due millennî abbiano avuto un'organizzazione politica, e sebbene siano dotati di una letteratura le cui origini sono molto antiche, non hanno, si può dire, leggi scritte, non avendo se non principalmente valore di consultazione il loro Ietha Nagast, collezione di precetti canonici, di leggi romane e di norme malechite tradotta dall'arabo. Certamente gli Abissini, come sono i più evoluti nei riguardi della civiltà, così hanno il diritto più progredito; colpisce, peraltro, il fatto che non esista presso di loro una legislazione emanante dal supremo potere, dal re, e che, sia pure verbalmente trasmessa, valga per tutto il popolo: sono da trascurarsi i recentissimi tentativi di ras Tafari o negus Haile-Sellasié, inspirati in buona parte dall'esempio europeo, e che non ebbero tempo di diffondersi e radicarsi in paese. Anche presso gli Abissini, i varî aggruppamenti si sono andati elaborando proprie consuetudini, tanto che, per esempio, in Eritrea talvolta nello stipulare un negozio giuridico tra persone appartenenti a diversi aggruppamenti (genti) si sente la necessità di precisare convenzionalmente che le eventuali contestazioni saranno risolte attenendosi a questa o a quella "legge" consuetudinaria. La "legge", almeno in Eritrea (soltanto per l'Eritrea, infatti, si hanno notizie precise) vuole essere stabilita in particolari assemblee, cui partecipano tutti i notabili dell'aggruppamento etnico o delle genti, e spesso prende nome dall'acqua presso cui l'assemblea è tenuta: così si ha la legge degli Adchemé Melgà per il Seraè, quella del Mién Mahazà (posto d'acqua presso Coatìt) per buona parte degli abitanti dell'Acchelè Guzài, ecc.
La pubblicità dei giudizî e il fatto che il giudice deve essere assistito da notabili valgono a impedire sensibili deviazioni dalla "legge", quale fu stabilita nell'assemblea e solennemente accettata con giuramento. Più raramente, la "legge" è stabilita dall'editto di un autorevole capo locale: così è, per esempio, per quella applicata in buona parte dello Hamasén, e che rimonta a un Hab-Sellùs, governante la contrada sul cadere del sec. XVII. Sotto qualche aspetto, siffatte " leggi" locali possono compararsi con gli statuti dei nostri comuni medievali, almeno del tempo più antico: comune il fondo sostanziale; divergenti questa o quella applicazione; talvolta diverso lo stesso spirito informatore, onde, per esempio, allo spirito aristocratico della legge degli Adchemé-Melgà può contrapporsi - conseguenza di diversa evoluzione storica - quello democratico della legge del Mién Mahazà. Future indagini potranno dirci quanto le consuetudini dell'Amhara, del Goggiam, dello Scioa si discostino da quelle del Tigré, con cui le eritree concordano, salvo che in particolari. Ma oltre al diritto abissino vi è quello degli altri gruppi etnici, Somali, Galla Sidama, ecc. Per i Somali si hanno studî interessanti, disgraziatamente incompiuti, del Colucci, del Cucinotta, ecc. Per i Galla il lavoro può dirsi debba essere fatto tutto ex-novo, ben poco valore avendo le contrastanti informazioni di viaggiatori. Per i Sidama si ha uno studio di F. Bieber circa il diritto del Caffa, che va controllato ed esteso alle altre popolazioni del gruppo. In breve, può dirsi che in questo campo quasi tutto è da fare.
Bibl.: C. Conti-Rossini, Diritto consuetudinario etiopeco, in Atti Soc. it. per il progr. delle scienze, conv. di Venezia 1937.