FACOLTATIVI, DIRITTI
I diritti facoltativi sono stati variamente concepiti nella storia della letteratura giuridica, e la loro definizione varia notevolmente a seconda dell'epoca e della scuola, cui lo scrittore appartiene.
Le discussioni sono oggi meno frequenti, forse perché l'attenzione della dogmatica del diritto è rivolta a un'altra categoria, quella dei diritti potestativi, che non ha affinità con la prima, se non formali; le quali, tuttavia, hanno indotto qualche scrittore a ritenere che sostanzialmente diritti facoltativi e diritti potestativi fossero la stessa cosa.
Quelle che veramente sembrano espressioni identiche, secondo la critica giuridica, sono res merae facultatis, actus facultativi, facoltà o diritti facoltativi, a differenziare le quali si sono, invece, molto affaticati scrittori anche recenti. Giova poi avvertir subito che gli atti meramente facoltativi o di semplice tolleranza del tormentato articolo 688 cod. civ. (che non possono servire di fondamento all'acquisto del possesso legittimo) non hanno nulla da vedere coi diritti facoltativi in esame. Questi sono veri diritti soggettivi, mentre quelli vanno considerati come puri fatti: gli uni interessano la teoria della prescrizione estintiva, gli altri quella della prescrizione acquisitiva. Anche la contrapposizione di diritto e di facoltà nel senso giuridico non resiste alla critica, sebbene su essa si fondino in gran parte le costruzioni dottrinarie dei diritti facoltativi. In fondo ogni diritto è una facoltà, e ogni facoltà è un diritto: né un diritto si concepirebbe se il titolare non avesse la facoltà di esercitarlo o di non esercitarlo: né una facoltà si comprenderebbe se il titolare non avesse il diritto di farla valere o di non farla valere. L'abbinamento dei due termini serve solo per individualizzare una speciale categoria di diritti, per la quale si verifica un particolare fenomeno giuridico (partìcolare, come si vedrà, solo in apparenza) che i giuristi pratici osservarono e rilevarono con la nota massima in rebus merae facultatis non datur praescriptio. Oggi l'abbinamento si accetta per omaggio alla tradizione.
Ma quale che sia la denominazione più esatta, i diritti facoltativi sono diritti sGggettivi nel verti senso della parola, che la legge o la convenzione fa sorgere in rapporto a una determinata condizione giuridica, in modo che l'inazione del titolare non può pregiudicarli. Esempî di diritti facoltativi derivanti dalla legge sono il diritto di chiedere la comunione del muro, di chiedere la separazione dei patrimonî, di uscire dalla comunione, di costruire sul proprio fondo, di redimere il fondo enfiteutico, il diritto di reclamo o di contestazione di stato, di separazione personale tra i coniugi, il diritto agli alimenti, i diritti sanciti dagli articoli 488 e 489 cod. civ. in favore dell'usufruttuario, ecc. Esempî di diritti facoltativi derivanti dalla convenzione sono la revoca di concessione di servitù di passaggio revocabile ad nutum del concedente, la scelta della prestazione nelle obbligazioni alternative (art. 1178 cod. civ.), ecc. Nessuno di questi diritti si prescrive finché dura la condizione giuridica per cui la legge o la convenzione li ha stabiliti.
L'origine dei diritti facoltativi si fa risalire al Dig., XXXXIII, 11, de via publica, 2, in cui è detto: viam publicam populus non utendo amittere non potest: ma il diritto romano non conobbe diritti facoltativi. Il principio accennato non ha nulla di comune con essi; giacché non si tratta di un diritto soggettivo del cittadino, né la sua conservazione è giustificata da una situazione giuridica del titolare o dal rapporto del titolare sulla cosa; sibbene da un principio di diritto pubblico. La presente trattazione, invece, prende in esame i diritti facoltativi solo dal punto di vista del diritto privato. Il non aver nettamente distinto i diritti pubblici facoltativi dai privati è stato causa di frequenti e gravi confusioni, soprattutto nei riguardi della non prescrittibilità. Ma neppure bisogna risalire alla scuola del diritto naturale per trovare la prima sistemazione dei diritti facoltativi. Questa è in Bartolo: in facultativis nunquam praescribitur. Per Bartolo la facoltà sussiste se la legge permittit aliquid fiendum ab aliquo in se vel in suo. La scuola di diritto naturale ha avuto un concetto dei diritti facoltativi metagiuridico, e perciò così vasto da abbracciare dgni atto naturale, come il ridere o il mangiare, ecc. Bisogna giungere al Pothier per ritrovare una concezione giuridica dei diritti in esame. Il Pothier riconosce dal carattere refrattario alla prescrizione una serie di diritti da comprendere nella nostra categoria, fra i quali colloca anche alcuni nascenti dalla natura o dall'essenza del contratto, che sono del pari non soggetti a prescrizione (es. il diritto di reluere pignus). Così per la prima volta si ammette che il diritto facoltativo non si esercita più su noi o sulle cose che sono a nostra disposizione, secondo il concetto di Bartolo. La dottrina recente, come conseguenza di tale evoluzione del concetto dei diritti facoltativi, riconosce che le fonti degli stessi sono la legge e la convenzione. Giova appena osservare che col contratto non si rinunzia anticipatamente alla prescrizione contro il divieto dell'art. 2107 cod. civ., ma si istituiscono diritti non suscettibili di prescrizione, come nei casi già accennati.
I diritti facoltativi si riconoscono praticamente dal loro carattere d'imprescrittibilità. Se un diritto non muore per la lunga inerzia del titolare, lo si dice facoltativo. L'imprescrittibilità è la pietra di paragone, ma non è l'essenza del diritto. Anzi le più vive dispute hanno avuto luogo per giustificare codesto carattere d'imprescrittibilità. Comunemente se ne è adottata come ragione la natura stessa dei diritti, i quali, avendo per contenuto una facoltà, non devono essere esercitati per vivere. Ragione insufficiente perché ogni diritto, come si è detto, è una facoltà nel senso giuridico e tuttavia la prescrizione è la norma comune di tutte le azioni tanto reali quanto personali (art. 2135 cod. civ.). Si è addotto anche che i diritti facoltativi per la loro natura "debbono reputarsi egualmente attuati da coloro cui spettano, sia che li esercitino contro altri sia che non li esercitino". Il principio deriva dall'altro che il proprietario usa della proprietà anche non usandola. Ma a proposito della proprietà codesto principio ha una portata diversa, in quanto il non uso della proprietà importa sempre il divieto dell'uso da parte di altri e il divieto in questo caso è esercizio del diritto di proprietà. Altrettanto non accade per i diritti facoltativi. Si è anche osservato che per i diritti facoltativi manca una qualsiasi coercizione all'esercizio, che sarebbe inerente alla grande categoria di diritti commutativi, i quali sono eccitati all'attuazione dalla stessa controprestazione. Dopo le cose dette, anche questa appare una vana spiegazione. I diritti facoltativi, come si è visto, possono chiedere il concorso di terzi e possono obbligare i terzi a prestarsi alla loro esecuzione. Così, il proprietario del muro sarà obbligato a stabilirne la comunione; il comunista a sentirla sciolta. È stato, infine, osservato, con particolare riguardo al diritto di chiedere lo scioglimento della comunione, che ciò che la prescrizione non colpisce è l'azione per uscirne, non il diritto del comunista in sé stesso considerato. Sulla base di questa giusta osservazione, si è fatto notare che dallo stato di comunione sorge ad ogni istante una nuova azione per lo scioglimento, un'azione che si rinnova di continuo come il getto di una fonte, sì che non può parlarsi di prescrizione dell'azione, perché quella estinta si riorodurrebbe all'istante successivo, e così via, finché dura la comunione. Ora questa concezione immaginosa della riproduzione dell'azione altro non significa se non che l'azione è sempre viva, finché dura la condizione giuridica, derivante dalla comunione, per la quale è stato dato dalla legge al comunista il diritto di uscirne; concetto sostanzialmente identico a quello contenuto nella nostra definizione; nella quale non è indicata soltanto la natura dei diritti facoltativi, ma anche la ragione della loro imprescrittibilità. Dal momento, infatti, che essi sono creati in rapporto di una situazione giuridica, è naturale che vivano fin tanto che la situazione sussista. In conseguenza, il non uso non può pregiudicarli; per legge o per convenzione il tempo non li tange.
Non sembra che debbano ammettersi eccezioni al principio affermato. Anche l'art. 943 cod. civ., col disporre che il diritto di accettazione dell'eredità si prescrive, non vi apporta deroghe. È vero che la delazione dell'eredità ha creato una situazione giuridica, i cui diritti relativi dovrebbero durare quanto la stessa situazione; ma nel caso particolare, nella facoltà dell'accettazione non è da ravvisare un vero diritto facoltativo dell'erede, perché la situazione giuridica non è ancora definitivamente costituita mediante la delazione, la quale fa sorgere una semplice presunzione di volontà di acquistare l'eredità, che deve essere confermata poi dall'accettazione. Sono qui in giuoco i diritti degli eredi successivamente chiamati e dei creditori, e non sarebbe equo lasciare indefinitamente incerta la condizione del primo chiamato.
Anche i diritti facoltativi possono essere contrastati o impugnati da colui contro il quale potrebbero esercitarsi. Per esempio: il proprietario del fondo vicino si oppone all'appoggio sul muro di confine della progettata costruzione del proprietario confinante. La contradictio non può mutare la natura del diritto. Se esso è facoltativo, vale a dire non soggetto a prescrizione, non sarà per ciò minorato di valore, e l'azione per farlo valere non sarà caduca. La semplice contradictio in massima non obbliga neppure il titolare a replicare. Bisogna, però, andare cauti quando l'opposizione si fondi su un diritto capace di prescrizione acquisitiva, a ragione o a torto vantato dall'opponente. In questo caso l'opponente, se non possiede tal diritto, può cominciare ad acquistarlo, con carattere contrario a quello facoltativo; e, se il titolare di quest'ultimo lascia che si compia l'acquisto col decorso del tempo necessario a prescrivere, non contrastando l'opposizione, sorgerà un diritto dell'opponente contrario all'esercizio futuro di quello contrastato. In tal modo, il diritto facoltativo può aver fine; ma non per prescrizione estintiva della relativa azione a causa del non uso; sibbene per prescrizione acquisitiva di un contrario diritto, da parte di un terzo. Lo stesso avverrebbe se, mediante un'azione di accertamento, alcuno facesse risultare la libertà del suo fondo o anche più genericamente la rinunzia al diritto facoltativo, che altri potrebbe vantare contro di lui. In tal caso, il giudicato colpirebbe il diritto non per il non uso, ma per altra ben diversa causa di estinzione. Liberata dalla superstruttura, che un lunghissimo periodo di tempo vi aveva accumulata, la dottrina dei diritti facoltativi ci appare, così, nella sua forma scheletrica. Sostanzialmente essa non rappresenta che un breve capitolo di un trattato sulla prescrizione estintiva e sotto questo punto di vista è meritevole di considerazione; ma forse non ha ragione d'essere nella dogmatica dei principî generali del diritto..
Come si è avvertito fin dal principio, è necessario distinguere i diritti facoltativi dai diritti potestativi, altrimenti detti diritti del potere giuridico. L'esistenza di questi ultimi, come categoria a parte, è stata fortemente messa in dubbio, ma essa nella scuola si va sempre più affermando. I diritti potestativi "tendono alla produzione di effetti giuridici, indipendentemente dalla volontà e dalla prestazione di un obbligato, essi si esauriscono, quindi, nel potere di produrre quegli effetti o mediante una semplice dichiarazione di volontà o mediante sentenza che, dichiarando il diritto potestativo, sia seguita dagli effetti a cui il diritto tende" (Chiovenda). Intesa in tal modo questa nuova categoria, è manifesto che alcuni diritti facoltativi possono essere considerati anche come diritti potestativi, perché anch'essi agiscono come questi ultimi; ma la nota differenziale è nell'autonomia che è assoluta in quelli potestativi, mentre i diritti facoltativi dipendono dalla situazione giuridica, cui sono connessi. Ma non sempre una separazione netta è possibile.
Bibl.: Bartolo, Opera Omnia, II, Venezia 1615, p. 78; G. B. De Luca, De benficiis, Napoli 1758, disc. XCVII; R. G. Pothier, Trattato del possesso, II, Parigi 1810, tit. 14; U. Grozio, De iure pacis ac belli, Parigi 1825, I, i, 4; A. Vazeille, Trattato della prescrizione, Amiens 1849, par. 56-60; R. T. Troplong, Della prescrizione, Parigi 1857, art. 2226, par. 112; Fr. Laurent, Principes de droit civil, Bruxelles 1878, XXXII, par. 228; G. Mirabelli, Trattato della prescrizione, Napoli 1883, par. 12; G. Salvioli, Sulla dottrina degli atti meramente facoltativi, in Circolo giuridico, Palermo 1887; F. Glück, Commentario alle Pandette, Milano 1888, I; G. Gauthier, Sens juridique du mot faculté dans l'article 2232 du code civil, in Revue critique de lég. et de jurispr., VI; G. Poncet, De la règle que les actes de pure faculté, ecc., ibid., IX; G. F. Savigny, Trattato di diritto romano, IV, trad. Scialoja, Torino 1889, p. 177; C. F. Gabba, Teoria della retroattività delle leggi, I, Torino 1891, p. 254 segg.; F. Bolchini, I diritti facoltativi e la prescrizione, Torino 1899; F. S. Bianchi, Principî generali sulle leggi, Torino 1900, par. 41 segg.; A. Sraffa, I diritti facoltativi e l'imprescrittibilità di alcune azioni sociali, in Foro Italiano, 1901, p. 28; B. Dusi, Diritti subbiettivi e facolta giuridica, Torino 1901; P. E. Bensa e C. Fadda, in Pandette del Windscheid, Torino 1902, I, p. 1086; A. Rocco, L'emissione di cambiale in bianco, in Riv. di dir. comm., 1905, I, p. 353 segg.; G. Messina, Sui così detti diritti potestativi, in Studi in on. di C. Fadda, Napoli 1906, VI, p. 279; G. Chiovenda, Principi di diritto processuale civile, Napoli 1913; id., Dell'azione nascente dal contratto preliminare, in Saggi di dir. proc., Roma 1930, p. 116 seg.; id., Sul litisconsorzio necessario, ibid., II, p. 427; id., L'azione nel sistema del diritto, ibid., I, p. 25 segg.; E. Pacifici Mazzoni, Istituzioni di diritto civile, Firenze 1925, II, 2, p. 62 segg.; A. Pugliese, Prescrizione acquisitiva, Torino 1927, p. 56 segg.