Abstract
Viene esaminata la disciplina internazionalprivatistica dei diritti reali così come delineata dagli artt. 51-55 della l. 31.5.1995, n. 218.
1. La norma di diritto internazionale privato sui diritti reali
La disciplina internazionalprivatistica dei diritti reali è contenuta negli artt. 51-55 della l 31.5.1995, n. 218. In base alla regola generale espressa dall’art. 51, co. 1, il possesso, la proprietà e gli altri diritti reali sui beni mobili ed immobili sono regolati dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano. Il richiamo della lex rei sitae costituisce una soluzione ampiamente condivisa sul piano comparatistico, già consacrata in Italia, prima della riforma del 1995, dall’art. 22 disp. prel. c.c. del 1942.
L’applicazione della lex rei sitae ai diritti reali si giustifica in ragione dello stretto collegamento esistente tra il regime della proprietà e degli altri diritti reali, da un lato, e il sistema economico-sociale dei vari Stati, dall’altro, il che rende impossibile valutarne la portata e le vicende prescindendo dalla legge locale. Soltanto l’applicazione di quest’ultima, infatti, è idonea ad assicurare l’uniformità di trattamento dei rapporti privati inerenti alle cose che si trovano nel territorio di un dato Stato (Luzzatto, R., Proprietà in generale dir. intern. priv., in Enc. dir., XXXVII, Milano, 1988, 298 ss.).
Storicamente il criterio di collegamento del situs rei si ricollega all’antica categoria degli statuti reali, ossia di quelle leggi che, per il loro oggetto, erano di applicazione strettamente territoriale, definendo la condizione giuridica delle cose situate nel territorio del Comune o dello Stato che le aveva emanate. Nella tradizione statutaria, la portata territoriale degli statuti reali concerneva principalmente, se non esclusivamente, i beni immobili (immobilia reguntur lege loci), mentre i beni mobili venivano in genere ritenuti appartenere agli statuti personali, ossia alle leggi disciplinanti la condizione giuridica delle persone, e come questi sottoposti ad un criterio di collegamento di tipo domiciliare (mobilia sequuntur personam). Pertanto, mentre per gli immobili l’applicazione della lex rei sitae era pressoché integrale, estendendosi a quasi tutte le questioni relative a tali beni (ad es. la successione ereditaria, i rapporti patrimoniali, la tutela), per i mobili l’applicazione della lex rei sitae, in quanto deroga al principio mobilia sequuntur personam, era limitata ai casi in cui detti beni fossero considerati come oggetti, singolarmente presi, di determinati rapporti giuridici (cfr. Anzilotti, D., Corso di diritto internazionale privato, Roma, 1918, rist. Padova, 1996, 307 ss.). Un regime differenziato per immobili e mobili venne mantenuto, in Italia, sotto l’influenza del pensiero di P.S. Mancini, nell’art. 7 delle disp. prel. c.c. del 1865. Questa norma, mentre sottoponeva i beni immobili alla legge del luogo di situazione (co. 2), assoggettava i beni mobili alla legge nazionale del proprietario, salve le contrarie disposizioni della legge del luogo di situazione (co. 1). La distinzione tra mobili e immobili fu poi abbandonata, a favore di una soluzione unitaria, nel codice civile del 1942, scelta da ultimo confermata con la riforma del 1995. Peraltro, la diversa intensità di collegamento che i beni mobili e gli immobili presentano con la lex rei sitae si riflette sulla diversa ampiezza del richiamo di siffatta legge, specialmente nella disciplina dei diritti reali di garanzia.
L’art. 51 non si applica ai diritti reali sulle navi e sugli aeromobili, per i quali l’art. 6 c.nav. richiama la loro legge nazionale.
L’art. 51 definisce la propria fattispecie riferendosi al possesso, alla proprietà e agli altri diritti reali. Rispetto a tali concetti occorre verificare di volta in volta la corrispondenza di una certa situazione giuridica definita dall’ordinamento (italiano o straniero) di appartenenza. A tal fine, il significato delle nozioni di «possesso, proprietà ed altri diritti reali» fatte proprie dall’art. 51 va ricavato in via di astrazione dalle norme materiali italiane, senza peraltro aderire rigidamente ai caratteri dell’istituto configurati da queste (Luzzatto, R., Proprietà, cit., 299). In questa prospettiva, l’elemento essenziale della categoria dei diritti reali viene individuato nel potere di godere e disporre di un determinato bene, o comunque di trarne certe utilità, ad esclusione di altri. Pertanto, anche istituti giuridici stranieri che non siano nominalmente definiti come diritti reali (ad es. il lien o il mortgage di diritto inglese, o la locazione di diritto austriaco) possono essere ricondotti alla categoria in esame, se, per la loro struttura – così come definita dal sistema di origine – corrispondano ai caratteri essenziali del tipo qualificatorio fatto proprio dall’art. 51 (v. Luzzatto, R., Proprietà, cit., 300; Benvenuti, P., sub art. 51, in Riforma del sistema di diritto internazionale privato l. 31 maggio 1995, n. 218. Commentario, a cura di S. Bariatti, in Nuove leggi civ., 1996, 1325, 1327; Frigo, M., Diritti reali - dir. intern. priv., in Enc. dir., Aggiornamento, III, Milano, 1999, 512 ss., 514).
Quanto al possesso – pure contemplato dall’art. 51, accanto alla proprietà e agli altri diritti reali – anch’esso si configura come situazione giuridica assoluta, consistente nel potere di fatto di un soggetto su una cosa, presupposto per l’acquisto di diritti reali (ad es. la proprietà e il pegno) e oggetto di specifica tutela nei confronti di tutti i consociati.
Per contro, l’art. 51 non si applica qualora la situazione giuridica considerata non venga in rilievo quale diritto assoluto.
In primo luogo, il richiamo della lex rei sitae non pare possibile né comunque giustificato per la disciplina dei c.d. diritti reali su «beni» diversi dalle cose materiali, ad esempio sui crediti, sugli strumenti finanziari e sui beni immateriali (su quest’ultima categoria v. infra, § 6), che sfuggono al controllo dello statuto reale, anche per la mancanza di un elemento materiale su cui fondare il criterio di collegamento. Per tutti questi beni, la natura incorporale del bene si riflette sulla struttura formale delle situazioni le quali, non interessando il commercio giuridico di cose situate nel territorio dello Stato, privano la relazione giuridica dell’elemento che potrebbe giustificare il richiamo della lex rei sitae.
In secondo luogo, la lex rei sitae non è competente per la disciplina delle garanzie mobiliari fondate su meccanismi di trasferimento della proprietà (quali ad esempio il patto di riservato dominio o l’alienazione in funzione di garanzia). In queste ipotesi, che pure coinvolgono un diritto assoluto qual è la proprietà, l’applicazione della lex rei sitae va circoscritta alla definizione del regime giuridico della proprietà, ma non ha alcun impatto sul negozio volto a costituire la garanzia (Crespi Reghizzi, Z., Lex rei sitae e disciplina delle garanzie mobiliari nel diritto internazionale privato, Milano, 2007, 137 ss.).
La lex rei sitae è competente a determinare la natura dei beni e la loro idoneità ad essere oggetto di diritti reali, i presupposti per il loro acquisto, i titolari di tali diritti, il contenuto, i limiti e l’esercizio dei diritti reali e le modalità di protezione (Venturini, G.C., Diritti reali - dir. intern. priv., in Enc. dir., XII, Milano, 1964, 776 ss., 777; Luzzatto, R., Proprietà, cit., 301).
Circa il contenuto del diritto, spetta alla lex rei sitae definire i tipi di diritti reali ammessi e le prerogative riconosciute al loro titolare, ivi comprese le azioni a sua disposizione per la loro tutela. Parimenti, la lex rei sitae determina il regime del possesso e le azioni esperibili da parte del possessore. Detta legge non regola invece le ipotesi di responsabilità extracontrattuale per lesione di un diritto reale o del bene che ne costituisce l’oggetto, profilo oggi disciplinato dalle norme di conflitto del reg. CE n. 864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali o, ove questo non sia applicabile, dall’art. 62 della l. n. 218/1995.
La lex rei sitae è inoltre competente a disciplinare l’acquisto e la perdita del diritto, nonché, ai sensi dell’art. 55 l. n. 218/1995, la pubblicità degli atti di costituzione, trasferimento ed estinzione dei diritti reali. Questa soluzione non pone particolari problemi nei casi di acquisto a titolo originario, compresa l’usucapione (alla quale la l. n. 218/1995 dedica una specifica norma, su cui v. infra, § 4) e l’acquisto in buona fede da chi non è proprietario, come previsto in Italia dall’art. 1153 c.c. (Cass., 24.11.1995, n. 12166; Trib. Roma, 27.6.1987, in Dir. comm. internaz., 1988, 611 ss., con nota di Frigo, M., Trasferimento illecito di beni culturali e legge applicabile), e nei casi di estinzione del diritto per prescrizione.
Nei casi di acquisto a titolo derivativo, invece, sorgono problemi di coordinamento tra la lex rei sitae e la legge regolatrice del rapporto legittimante (ad es. contratto, successione, rapporto di famiglia), da individuare in base alle corrispondenti norme di diritto internazionale privato (in particolare, occorre riferirsi, per la disciplina del contratto, all’art. 57 l. n. 218/1995 e al reg. CE n. 593/2008, per le successioni, all’art. 46 l. n. 218/1995 e, quando sarà applicabile, al reg. UE n. 650/2012 e, per i rapporti di famiglia agli art. 30 e 36 l. n. 218/1995). A tale problema ha inteso rispondere il secondo comma dell’art. 51 l. n. 218/1995 che, nello stabilire che la lex rei sitae regola l’acquisto e la perdita del diritto, fa salva la materia successoria e le ipotesi in cui l’attribuzione di un diritto dipenda da un rapporto di famiglia o da un contratto. Per queste ipotesi, viene riconosciuto il rilievo preliminare della legge regolatrice del titolo (rapporto di famiglia, successione, contratto) nella misura in cui quest’ultimo si configuri come presupposto per l’acquisto o la perdita del diritto. Così, ad esempio, occorre riferirsi a tale legge – e non alla lex rei sitae – per valutare se il contratto di compravendita sia valido o, in caso di acquisto per successione, chi siano gli eredi, o, in caso di acquisto da parte del coniuge, se un certo bene appartenga o meno alla comunione legale (cfr. Cass., 3.11.1988, n. 5960). Non è escluso, ovviamente, che le due leggi possano coincidere, specie in relazione ai contratti di compravendita di immobili, per i quali viene frequentemente richiamata la lex rei sitae attraverso un collegamento accessorio (v. gli artt. 4, par. 1 lett. c, e 11, par. 5, reg. CE n. 593/2008).
In ogni caso, la competenza della lex tituli non si estende al modo di acquisto del diritto reale, che è invece regolato dalla lex rei sitae (v. Benvenuti, P., op. cit., 1331 ss. e nella giurisprudenza, sulla base della distinzione tra effetti obbligatori ed effetti reali, Cass., 1.10.1981, n. 5338; Cass., 21.12.1993, n. 12663; App. Milano, 6.4.1956, in Foro. it., 1957, I, 1856 ss.). Ciò implica che, ove quest’ultima non coincida con la legge regolatrice del contratto di acquisto (da individuarsi secondo il reg. CE n. 593/2008), spetta ad essa, e non alla lex contractus, valutare se tale contratto sia in sé idoneo a trasferire la proprietà del bene (come previsto in Italia dall’art. 1376 c.c.), o se sia necessario un ulteriore atto traslativo (come previsto ad esempio in Germania: § 433 BGB) (v. anche per una più ampia casistica, Luzzatto, R., Proprietà, cit., 306 ss.).
Da ultimo va rilevato che, sull’idoneità dei beni a essere oggetto di diritti reali, possono incidere norme di diritto pubblico che pongano vincoli alla loro commerciabilità, ad esempio in materia di protezione dei beni culturali (v. in Italia gli artt. 53 ss. d.lgs. 22.1.2004, n. 42). Il carattere internazionalmente imperativo di tali disposizioni riconosciuto dalla dottrina fa sì che, ai sensi dell’art. 17 l. n. 218/1995, esse debbano essere applicate, da parte del giudice italiano, a tutte le fattispecie che rientrano nella loro sfera di efficacia, anche se il bene in questione sia stato trasferito all’estero e risulti regolato, per ogni altro aspetto, dalla lex rei sitae straniera (Luzzatto, R., Proprietà, cit., 301; Frigo, M., Diritti reali, cit., 521 ss.).
Ove invece il vincolo alla commerciabilità dei beni provenga da norme di diritto pubblico dello Stato estero in cui essi sono situati, si potrà comunque dare loro rilevanza in quanto parte della lex rei sitae straniera, in base all’art. 51 l. n. 218/1995, se i beni si trovavano in quello Stato al momento dell’acquisto, senza che il carattere pubblicistico delle norme straniere ne impedisca il richiamo in Italia ai sensi dell’art. 51 (Trib. Torino, 25.3.1982, in Riv. dir. int. priv. proc., 1982, 625 ss.). Per contro, i presupposti e gli effetti di un acquisto a non domino in buona fede avvenuto dopo che i beni siano pervenuti in Italia debbono in linea di principio essere valutati soltanto in base alla legge italiana, senza che trovino applicazione eventuali norme straniere che ne vietino il commercio (Cass., 24.11.1995, n. 12166; Trib. Roma, 27.6.1987, cit.).
Il criterio di collegamento del situs rei utilizzato dall’art. 51 non pone problemi particolari in relazione ai beni immobili. Nel caso – piuttosto raro – di immobile posto al confine di due Stati, l’unità economica deve essere scissa in due porzioni distinte, sottoposta ciascuna alla rispettiva lex rei sitae (Venturini, G.C., Diritti reali, cit., 778).
Invece, per i beni mobili, il frequente spostamento da un paese all’altro determina un mutamento del situs rei, che può riverberarsi sull’individuazione del diritto applicabile. Tale problema viene affrontato come un’ipotesi di conflit mobile, che determina un mutamento nel tempo della legge regolatrice. Siffatto mutamento, peraltro, produce effetti diversi a seconda che vengano in considerazione il contenuto del diritto o, invece, l’acquisto e la perdita dello stesso.
Quanto al primo profilo, il mutamento della lex rei sitae conseguente al trasferimento del bene si riverbera immediatamente sul contenuto del diritto reale (ossia sull’estensione dei diritti di cui gode il titolare), che a partire dal momento del trasferimento sarà interamente soggetto alla nuova lex rei sitae. Le più importanti conseguenze pratiche di tale mutamento si rinvengono nella disciplina dei diritti reali di garanzia, in considerazione delle forti differenze del contenuto di tali diritti nei vari ordinamenti.
Anche in relazione al secondo profilo – e cioè alle vicende di acquisto e perdita del diritto – l’individuazione della lex rei sitae temporalmente competente comporta conseguenze di rilievo, tenuto conto delle differenze tra i sistemi giuridici in relazione alla questione della idoneità del contratto a produrre il trasferimento della proprietà e alla disciplina dell’acquisto in buona fede a non domino. Al riguardo, il criterio generalmente seguito, anche dalla giurisprudenza, è quello per cui ogni fatto giuridico suscettibile di dar luogo all’acquisto o alla perdita del diritto deve essere valutato esclusivamente in base alla legge dello Stato in cui il bene era situato nel momento in cui esso si è verificato (v. Luzzatto, R., Proprietà, cit., 309 ss.; Cass., 12.7.1952, n. 2169, in Giur. compl. cass. civ., 1952, 178; Cass., 21.6.1974, n. 1860, in Riv. dir. int. priv. proc., 1975, 335 ss.; App. Firenze, 14.1.1954, in Giur. it., 1954, I, 2, 317; Trib. Roma, 13.9.1954, in Riv. dir. int., 1955, 97; contra ; App. Bologna, 11.1.1951, in Giur. it., 1951, I, e, 369, in seguito annullata da Cass. 12.7.1952, cit.; App. Milano, 6.4.1956, in Foro it., 1957, I, 1856). Da tale criterio discende un duplice ordine di conseguenze.
In primo luogo, ove in base alla prima lex rei sitae un determinato fatto giuridico – avvenuto mentre il bene si trovava in quel paese – risulti idoneo al perfezionamento di una determinata fattispecie acquisitiva (ad esempio in Italia un acquisto a non domino in buona fede ex art. 1153 c.c.), siffatto acquisto non potrà essere rimesso in discussione dalla nuova lex rei sitae, quand’anche in base a quest’ultima l’acquisto non fosse ritenuto valido.
Ove invece, in base alla prima lex rei sitae, lo stesso fatto risulti inidoneo al trasferimento della proprietà (ad esempio perché detta legge non prevede la regola “possesso vale titolo”), tale valutazione non potrà essere rimessa in discussione dopo il trasferimento del bene. Conseguentemente, se ad esempio il bene giunge dall’estero in Italia, alla vicenda acquisitiva realizzatasi nel primo Stato dovrà applicarsi esclusivamente la legge straniera, e non l’art. 1153 c.c. Naturalmente, se dopo il trasferimento del bene nel secondo Stato si verifica un nuovo fatto giuridico suscettibile di produrre il trasferimento della proprietà (ad esempio la conclusione di un nuovo contratto), questo dovrà essere valutato in base alla nuova legge. Questa soluzione è stata seguita dalla giurisprudenza anche in vicende concernenti l’acquisto di opere d’arte straniere pervenute in Italia in violazione della normativa vincolistica dello Stato di origine. Si è così ritenuto, da un lato, che nel caso di acquisto effettuato mentre il bene si trovava nello Stato di origine, l’acquirente non potesse invocare l’art. 1153 c.c. neppure dopo il successivo trasferimento del bene in Italia (Trib. Torino, 25.3.1982, cit.); dall’altro lato, si è giudicato che, nel caso di acquisto avvenuto dopo che l’opera era giunta in Italia, l’acquirente potesse legittimamente invocare l’applicazione dell’art. 1153 c.c., quand’anche l’acquisto non fosse valido secondo la legge del paese d’origine (Cass., 24.11.1995, n. 12166, cit.; Trib. Roma, 27.6.1987, cit.).
Ai medesimi principi si ispirano l’art. 53 l. n. 218/1995 in tema di usucapione di beni mobili e l’art. 55 in materia di pubblicità.
Secondo l’art. 53, l’usucapione di beni mobili è regolata dalla legge dello Stato in cui il bene si trova al compimento del termine prescritto. Questa soluzione, già ampiamente condivisa nel vigore dell’art. 22 disp. prel. c.c., si giustifica in base al rilievo per cui il fatto giuridico rilevante per l’acquisto della proprietà, ossia il compimento del termine, deve essere valutato dalla lex rei sitae competente al momento in cui tale fatto si verifica. Come chiarisce la relazione ministeriale, tale disposizione dovrebbe consentire al possessore di trasferire la cosa nello Stato il cui diritto gli consenta l’acquisto della proprietà (Relazione, cit., sub art. 43). Altra questione, sulla quale la norma non si pronuncia, è quella di sapere se, al fine di applicare le disposizioni della nuova lex rei sitae in tema di usucapione, sia possibile computare il periodo di possesso compiuto nel precedente paese. Mentre in passato a tale quesito la dottrina rispondeva negativamente, l’introduzione con l’art. 53 di una specifica norma, la cui finalità sembra essere di consentire al possessore di fruire del regime più favorevole del nuovo situs, induce a preferire l’opposta soluzione e a consentire dunque al possessore di computare anche il periodo di possesso compiuto nel precedente situs (Adam, R., Diritti reali. Artt. 51-55, in Il nuovo sistema di diritto internazionale privato, a cura di F. Capotorti, in Corr. giur., 1995, 1253; Luzzatto, R., sub art. 53, in Pocar, F.-Treves, T.-Carbone, S.M.-Giardina, A.-Luzzatto, R.-Mosconi, F.-Clerici, R., Commentario del nuovo diritto internazionale privato, Padova, 1996, 256; Frigo, M., Diritti reali, cit., 519).
L’art. 55, riprendendo la norma di cui all’art. 26, co. 2, disp. prel. c.c., sottopone la pubblicità degli atti di costituzione, trasferimento ed estinzione dei diritti reali alla legge dello Stato in cui il bene si trova al momento dell’atto. Questa soluzione si giustifica per il fatto che i requisiti di pubblicità eventualmente posti dalla lex rei sitae per la produzione di un determinato effetto giuridico concorrono alla valutazione della fattispecie acquisitiva del diritto reale: è pertanto corretto riferirsi alla lex rei sitae al momento dell’atto, in conformità alla regola generale sopra enunciata.
Come illustrato nel paragrafo precedente, lo spostamento dei beni mobili da un paese all’altro implica, in base al criterio del situs rei, un mutamento del diritto applicabile. In alcuni casi, tuttavia, il contatto tra il bene e l’ordinamento del luogo di situazione è così effimero e precario che l’applicazione della lex rei sitae non è più giustificata.
Ciò si verifica, anzitutto, per i mezzi di trasporto. Le navi e gli aeromobili, come osservato in precedenza, sono sottoposti, ai sensi dell’art. 6 c.nav., alla legge nazionale, in deroga agli artt. 51 e 55 l. n. 218/1995. Maggiori problemi sorgono per gli autoveicoli in relazione ai quali il principio della legge nazionale viene accolto in misura solo parziale. Il nostro ordinamento, infatti, mentre pretende di disciplinare, in deroga agli artt. 51 e 55 l. n. 218/1995, i diritti reali sugli autoveicoli immatricolati in Italia, ovunque si trovino (art. 6 r.d.l. 15.3.1927, n. 436), non prevede un’analoga deroga per l’ipotesi inversa, in cui si tratti di riconoscere i diritti reali costituiti in base alla legge nazionale sugli autoveicoli immatricolati all’estero ma situati in Italia. Ne deriva che un diritto reale su un autoveicolo immatricolato all’estero, valido ed efficace secondo la legge nazionale straniera, non viene riconosciuto in Italia a motivo del mancato soddisfacimento dei requisiti posti dalla legge italiana (v. Cass., 21.6.1974, in Riv. dir. int. priv. proc., 1975, 335 ss.; Trib. Latina, 19.2.1973, in Giur. it., 1974, I, 2, 422 ss.).
Una deroga alla competenza della lex rei sitae è poi prevista, all’art. 52 l. n. 218/1995, per i diritti reali sui beni in transito. Questa disposizione, che recepisce un indirizzo interpretativo ampiamente condiviso nel vigore delle preleggi, sottopone, in deroga all’art. 51, i diritti reali sui beni in transito alla legge del luogo di destinazione.
La norma riguarda principalmente le operazioni di trasferimento della proprietà di merci in viaggio da un paese di origine ad un paese di destinazione. In questi casi, il luogo in cui i beni si trovano al momento dell’atto è spesso casuale o addirittura ignoto ai soggetti interessati. Pertanto, il criterio di collegamento del situs rei risulterebbe di ardua applicazione e comunque poco giustificato, atteso che l’operazione di compravendita, realizzata “a distanza”, non interessa il commercio giuridico dello Stato (o degli Stati) per il cui territorio il bene si trova a transitare. Il criterio del paese di destinazione costituisce un termine di riferimento più significativo, pur potendo dar luogo a difficoltà laddove la destinazione delle merci sia ignota o muti nel corso del viaggio.
L’individuazione della ratio dell’art. 52 consente anche di delimitarne più precisamente l’ambito applicativo. In primo luogo, esso non si applica ai mezzi di trasporto, rispetto ai quali il locus destinationis non costituisce un criterio significativo, né ai beni che nel corso del viaggio sono nella disponibilità del loro titolare, come ad es. i bagagli del viaggiatore, per i quali opera l’art. 51 (cfr. Benvenuti, P., sub art. 52, in Riforma del sistema di diritto internazionale privato(l. 31 maggio 1995, n. 218. Commentario, a cura di S. Bariatti, in Nuove leggi civ., 1996, 1335). In secondo luogo, l’art. 52 si applica soltanto per la disciplina dell’acquisto e della perdita di un diritto reale (sempre che esse avvengano nell’ambito di un’operazione a distanza), non anche per la disciplina del contenuto del diritto, che normalmente non rileva fino a che i beni sono in viaggio (cfr. Ballarino, T., Diritto internazionale privato, III ed., Padova, 1999, 585). In terzo luogo, l’art. 52 non si applica per valutare un fatto giuridico verificatosi mentre il bene si trova nel paese di transito (ad esempio, un acquisto a non domino). In questo caso occorre richiamare, in base alla regola generale sopra illustrata (v. supra, § 4), la legge del paese in cui i beni si trovano al momento dell’atto, trattandosi di valutare una vicenda che interessa direttamente il commercio giuridico locale del paese di transito.
Con la riforma del 1995 è stato introdotta, all’art. 54 l. n. 218/1995, una apposita norma di conflitto relativa ai diritti sui beni immateriali (opere dell’ingegno, brevetti per invenzione, marchi, modelli e disegni), che richiama per la loro disciplina la legge dello Stato di utilizzazione, ossia per il quale è chiesta la protezione (lex loci protectionis).
L’introduzione di un’apposita norma di diritto internazionale privato per i beni immateriali solleva delicati problemi in relazione alla particolare natura dei “beni” considerati. In sé stessi, i c.d. beni immateriali sono infatti regolati dalle competenti norme nazionali e internazionali, le quali si applicano sulla base di criteri propri (a seconda dei casi, di carattere personale, domiciliare o reale), senza pertanto che residui spazio per il funzionamento di una norma di diritto internazionale privato. Conseguentemente, l’art. 54 non dovrebbe riguardare la determinazione dei beni immateriali in sé considerati (per stabilire ad esempio se un certo soggetto sia titolare di diritto di autore), la quale soggiace ai criteri di applicazione propri delle competenti norme nazionali o internazionali, ma soltanto l’esercizio dei diritti su tali beni, e quindi principalmente la protezione accordata al loro titolare (Salvatore, V., sub art. 54, in Riforma del sistema di diritto internazionale privato l. 31 maggio 1995, n. 218. Commentario, a cura di S. Bariatti, in Nuove leggi civ., 1996, 1338).
Anche entro tali limiti, peraltro, in considerazione del carattere strettamente territoriale dei diritti in questione, parte della dottrina ha radicalmente negato la sussistenza dei presupposti per il funzionamento di una norma di diritto internazionale privato, non ravvisando in particolare l’identità tra la fattispecie concreta tra il bene immateriale tutelato in uno Stato e quello tutelato in un altro. In questa prospettiva, l’art. 54 sarebbe destinato a svolgere una funzione meramente negativa, nel senso di escludere l’applicazione di norme straniere tutte le volte che si voglia utilizzare in Italia un bene immateriale (Luzzatto, R., sub art. 54, in Pocar, F.-Treves, T.-Carbone, S.M.-Giardina, A.-Luzzatto, R.-Mosconi, F.-Clerici R., Commentario del nuovo diritto internazionale privato, Padova, 1996, 257 ss.).
È poi diffuso il convincimento secondo cui l’art. 54 sarebbe applicabile, in deroga all’art. 62 della l. n. 218/1995, in relazione alle ipotesi di responsabilità extracontrattuale per lesione di beni immateriali (Bariatti, S., Internet e il diritto internazionale privato: aspetti relativi alla disciplina del diritto d’autore, in Annali it. dir. autore, 1996, 59 ss., 74 ss.; Frigo, M., Diritti reali, cit., 527; Luzzatto, R., Proprietà intellettuale e diritto internazionale, in Studi di diritto industriale in onore di A. Vanzetti, I, 2004, 895 ss, 905). Tuttavia sotto questo profilo l’art. 54 è oggi superato dall’art. 8, par. 1, del reg. CE n. 864/2007 che, per le obbligazioni extracontrattuali derivanti da violazioni di diritti di proprietà intellettuale, richiama la legge del paese per il quale la protezione è chiesta (lex loci protectionis).
Lo stretto collegamento tra gli immobili e il situs rei spiega il riconoscimento pressoché universale della competenza esclusiva dei giudici dello Stato territoriale rispetto alle controversie in materia di diritti reali immobiliari. In particolare siffatta competenza è prevista, nel sistema del reg. CE n. 44/2001, dall’art. 22, n. 1, indipendentemente dal domicilio delle parti e dunque anche rispetto ai convenuti domiciliati al di fuori dell’Unione europea. Allo stesso principio si ispira l’art. 5 l. n. 218/1995, che esclude la giurisdizione italiana rispetto ad azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all’estero.
Riguardo alle controversie in materia di diritti reali mobiliari non sono invece previsti titoli specifici. Un’eccezione è costituita dall’art. 8 della convenzione Unidroit del 24 giugno 1995 sui beni culturali rubati o illecitamente esportati (in vigore per l’Italia), che consente all’attore di adire i giudici dello Stato in cui si trova il bene, in alternativa alle regole sulla giurisdizione in vigore negli Stati contraenti.
Artt. 51-55 l. 31.5.1995, n. 218; 6 c.nav.; 22, n. 1, reg. CE n. 44/2001.
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