AGRARIO, DIRITTO (App. I, p. 73)
Nel codice civile del 1942 l'agricoltura è disciplinata come un'attività economica tipica sullo schema dell'impresa agraria. Seppure nelle norme predisposte a regolare i varî settori dell'agricoltura siano sempre presenti le esigenze della impresa dell'agricoltore, e pur affermandosi da molti che essa è il polo intorno al quale gravita nel codice il fenomeno economico, onde il diritto agrario potrebbe dirsi il diritto dell'agricoltore, tuttavia non sembra che intorno a questo istituto abbia trovato unità la frammentaria materia e che il complesso delle norme ad essa destinate abbia raggiunto la completezza organica che sola giustifica l'affermazione di una disciplina autonoma.
La definizione della materia agraria data dal codice è la innovazione più importante. Sostanzialmente coincide, per contenuto, con quella a cui era già pervenuta la dottrina; le attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all'allevamento del bestiame sono indicate come idonee ad attribuire all'imprenditore che le esercita la qualifica d'imprenditore agricolo. Corrispondono ai tre rami differenziati dell'agricoltura moderna; alle due prime, volte a far fruttare il fondo, è collegato l'allevamento del bestiame, esercitato in forma transumante o in sede fissa, che tende a valorizzare la stessa produzione. Attività essenzialmente agricole, esse rappresentano secondo il codice il nucleo centrale dell'agricoltura, ma invano l'interprete tenterà di rintracciare attraverso la definizione un concetto unitario, che gli sia di guida per risolvere i casi posti lungo la contrastata linea di confine, ove l'attività agricola cessa di essere tale e si trasforma in attività commerciale o industriale. Quando si tratta di stabilire la natura delle attività di alienazione e di trasformazione dei prodotti agricoli operate dallo stesso agricoltore, il codice rinvia l'interprete a quello che normalmente fa l'imprenditore agricolo; se tali attività rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura, esse conservano il carattere agrario; nel caso contrario daranno vita ad un'impresa commerciale.
Non a torto si dice che questo rinvio vale rinuncia a dare una nozione propria di agricoltura per rimettersi a quella corrente, che bada ai fatti senza rendersene ragione; eppure non è priva di pregio la via scelta dal legislatore. In fondo, sembra che la vera ragione della disciplina dell'impresa agraria vada ricercata nel compito di contenere la spinta espansionistica del diritto commerciale, di delimitare in forma negativa l'ambito dell'impresa commerciale tracciato in modo positivo dall'art. 2195; e con il sostituire ad una situazione ben definita e precisa una nozione che l'interprete deve desumere dalla realtà, dalla normalità, si ottiene che la nozione empirica di agricoltura, adattandosi ai diversi ambienti, alle diverse esigenze nel tempo, si estenda ad attività nuove, anche se obiettivamente di natura industriale, e precluda ad esse l'applicazione della disciplina propria alle imprese commerciali.
Tra i problemi posti dalla nuova codificazione stanno al centro quelli relativi all'azienda agraria caratterizzata dalla presenza del fondo e dall'obiettivarsi dell'avviamento. La stessa esistenza dell'azienda agricola è stata discussa, sostenendosi da taluno che la tutela concessa al complesso pertinenziale, al fondo attrezzato, assolva la funzione che nel campo commerciale compete alla disciplina dell'azienda.
Minor interesse presentano i problemi relativi all'impresa, scarso com'è di contenuto il regolamento e povero di norme particolari; si sposta invece l'attenzione verso le varie forme concrete, piccola impresa o impresa familiare e impresa collettiva risultante da un rapporto associativo. I problemi connessi alla riforma agraria (v. per questi agraria, riforma, in questa App.) ancora non sono usciti dalla fase propriamente politica, ma già taluni si preannunciano particolarmente delicati, come quello della partecipazione dei lavoratori all'impresa e del riordinamento dei consorzî; mentre la trasformazione dei contratti agrarî già in atto con accentuata tendenza a rafforzare il diritto del lavoratore (mezzadro, affittuario coltivatore diretto) e ad orientarlo verso la realità già ridesta l'attenzione degli studiosi.
Bibl.: A. Arcangeli, Istituzioni di diritto agrario, Parte generale, 2ª ed., Roma 1936; G. Carrara, Corso di diritto agrario, I, Roma s. d.; A. Cicu ed E. Bassanelli, Corso di diritto agrario, Milano 1940; E. Bassanelli, Corso di diritto agrario, Milano 1946.