Abstract
Dopo aver definito la funzione del diritto internazionale privato, vengono esaminati i metodi di coordinamento tra gli ordinamenti giuridici impiegati dal legislatore italiano in occasione della riforma del sistema operata con la legge 31.5.1995, n. 218. Si darà conto della progressiva “comunitarizzazione” della materia, che ha ridimensionato il fenomeno del cd. forum shopping e ha favorito l’uniformità internazionale delle soluzioni.
1. Il problema del coordinamento tra ordinamenti giuridici
É bensì vero che gli ordinamenti giuridici degli Stati si pongono come entità autonome e separate le une dalle altre, ma è anche vero che gli individui, in funzione dei quali gli Stati esistono e sui quali la loro sovranità si esercita, tendono a muoversi fisicamente (e oggi anche solo virtualmente) e a porre in essere relazioni tra loro, senza tenere conto dei confini politici. Ne consegue, per gli Stati stessi, l’esigenza di apprestare una disciplina per le situazioni giuridicamente rilevanti che non si esauriscono al loro interno: situazioni che inevitabilmente (salvo la non frequente eventualità di eventi localizzati in spazi non sottoposti alla sovranità di alcuno Stato) “toccano” anche uno o più altri ordinamenti statali. Si pone dunque un problema che può essere visto, correttamente, come problema di coordinamento tra ordinamenti giuridici distinti anche se – e non sembri un gioco di parole – in principio ciascuno Stato stabilisce, per conto proprio, in via autonoma, per non dire anarchica, le modalità secondo le quali il suo ordinamento “si coordina” con (ma sarebbe meglio dire “tiene conto” di) quelli altrui.
Tutti gli accadimenti della vita umana sono suscettibili di verificarsi con una proiezione transnazionale ovvero internazionale – come usualmente si dice nonostante l’ambivalenza di questo termine –, così che l’esigenza di tenere conto delle realtà giuridiche esterne è avvertita in tutti i settori dell’ordinamento giuridico. In questa sede ci occupiamo però soltanto del cd. diritto privato, che è il settore rispetto al quale i casi sono più frequenti, l’esigenza è avvertita con maggiore intensità e del tutto caratteristica è la principale fra le tecniche utilizzate per soddisfarla. Molteplici sono invero le modalità, le tecniche che gli Stati impiegano per disciplinare le fattispecie che non si esauriscono nel loro interno, ovvero – come si vuole dire – che presentano elementi di estraneità, di internazionalità. In proposito hanno un ruolo importantissimo (come già Pasquale Stanislao Mancini e la Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato avevano avvertito) le regole sulla giurisdizione, ossia le regole che con maggiore o minore ampiezza permettono o impongono ai tribunali di un certo Stato di trattare questioni non totalmente interne ad esso, come pure le regole in tema di effetti delle sentenze pronunciate da giudici di altri Stati: regole che il legislatore italiano del 1995 si era sforzato di integrare organicamente in un unico atto normativo (v. l’art. 1 della l. 31.5.1995, n. 218, Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato).
2. Il diritto internazionale privato: terminologia
L’espressione “diritto internazionale privato” (che, modellata su quella “diritto internazionale pubblico”, prevale nell’uso rispetto a quella, più propria, “diritto privato internazionale”) allude a tutte quelle regole che riguardano i privati – persone fisiche ed enti collettivi – partecipi di situazioni e rapporti che non si collocano in toto all’interno di un singolo Stato ed interessano invece due o più ordinamenti statali.
In alternativa all’espressione “diritto internazionale privato” si usa spesso, specie in altre lingue, l’espressione “conflitti di leggi” (conflicts of laws, conflits de lois) che deriva dagli scritti dei giureconsulti e dalle legislazioni municipali del Medioevo italiano che trattavano de collisione statutorum ovvero de conflicu legum. É appena il caso di precisare tuttavia che queste espressioni hanno un senso figurato e non alludono all’esistenza di un contrasto, un conflitto tra Stati, bensì semplicemente alla circostanza che più di un ordinamento giuridico statale sarebbe disponibile – o addirittura interessato – a regolare mediante le proprie norme una determinata fattispecie. Il fenomeno di cui ci occupiamo in questa voce riguarda soltanto gli ordinamenti giuridici statali e non invece gli ordinamenti plurilegislativi su base personale o territoriale che si collocano all’interno degli ordinamenti statali: fenomeno col quale anche il diritto internazionale privato ha a che fare allorché il coordinamento riguardi uno Stato ad ordinamento complesso, plurilegislativo appunto, e che può a sua volta porsi con le modalità caratteristiche del diritto internazionale privato: ciò che avviene in particolare negli Stati Uniti d’America i cui stati membri raramente distinguono a seconda che il coordinamento riguardi un altro sister state piuttosto che uno Stato estero.
3. Le fonti
3.1 Fonti normative e fonti giurisprudenziali
Come si è accennato, diversi sono i modi con cui gli Stati provvedono a disciplinare le fattispecie non totalmente interne. Innanzitutto conviene distinguere a seconda che la disciplina sia posta direttamente dal legislatore oppure sia di origine giurisprudenziale. La distinzione riflette naturalmente la diversa configurazione dei sistemi di civil law rispetto a quelli di common law, ma occorre notare che anche nei primi – verosimilmente per la difficoltà della materia – i precedenti giurisprudenziali rivestono spesso maggiore importanza che in altri settori e che in uno Stato tipicamente di diritto scritto qual è la Francia, la legislazione in materia di diritto internazionale privato è assai scarsa così che le regole vengono molto spesso desunte dalle quanto mai sintetiche sentenze della Cour de cassation. A questo proposito conviene osservare, anticipando quanto si dirà più avanti, come possa apparire in certo modo sorprendente l’interventismo del legislatore comunitario in materia di diritto internazionale privato data l’opposta propensione mostrata al riguardo da membri tanto influenti dell’Unione europea quali il Regno Unito e, appunto, la Francia.
3.2 La legge 31.5.1995, n. 218, di Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato
Per quanto riguarda l’Italia, la legge 31.5.1995, n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato) concentra in un unico testo il diritto internazionale privato comprensivo degli aspetti processuali. Come si è anticipato, infatti, la legge non si limita a richiamare la legge applicabile alle varie categorie di fattispecie, ma contempla anche le norme attributive di giurisdizione alle autorità italiane e disciplina il riconoscimento e l’esecuzione in Italia delle sentenze emanate all’estero. La legge del 1995 ha avuto una gestazione molto lunga. Essa abroga espressamente le norme che figuravano nelle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile (gli artt. 17-31), nel codice civile (artt. 2505 e 2509) e nel codice di procedura civile (artt. 2, 3, 4, 37, co. 2, e artt. 796-805), lasciando peraltro sussistere norme di diritto internazionale privato altrove collocate (per es. nel codice della navigazione, nella legge sull’adozione, e nel codice civile stesso). Quella italiana si colloca nell’ambito di un movimento generale di riforma del diritto internazionale privato, che ha portato i legislatori di altri Stati europei a dotarsi, negli stessi anni, di regole nuove.
4. Struttura delle norme di diritto internazionale privato
4.1 Natura strumentale delle norme di diritto internazionale privato
Quanto alle modalità della disciplina di diritto internazionale privato, in pratica il legislatore può sottoporre anche le fattispecie non totalmente interne alle stesse regole materiali che valgono per quelle che non presentano caratteri di estraneità (v. in particolare l’art. 17 – Norme di applicazione necessaria – della legge di riforma, ed anche gli artt. 2508 c.c. ss. in tema di società estere), così come può viceversa stabilire regole materiali apposite (si vedano ad esempio gli artt. 115 e 116 c.c. relativi al Matrimonio del cittadino all’estero e, rispettivamente, al Matrimonio dello straniero nello Stato e i già citati artt. 2508 ss. dello stesso codice relativi alle società estere). La soluzione che viene più frequentemente seguita è peraltro quella delle cd. norme di conflitto o norme di scelta: il legislatore, per distinte categorie di fattispecie, indica l’ordinamento – il proprio o quello di un altro Stato – dal quale ritiene opportuno venga desunta la disciplina dei singoli casi. A questo fine, per ciascuna categoria di fattispecie isola un elemento che considera particolarmente significativo e idoneo, in quanto espressione di una rilevante vicinanza o prossimità della fattispecie rispetto a un determinato ordinamento giuridico, a “localizzare” le singole concrete fattispecie rientranti nella categoria. Si parla in proposito di “criteri di collegamento”, poiché l’elemento assunto come significativo rivela un contatto, un collegamento appunto, della fattispecie con un determinato ordinamento – quello del foro o un altro – dal quale il giudice dovrà desumere le regole sulle quali fondare la propria decisione in ordine al caso concreto sottopostogli. Va detto che il meccanismo del cd. rinvio (art. 13 della legge di riforma) può determinare la presa in considerazione delle norme di conflitto dell’ordinamento straniero richiamato, e dunque un ulteriore passaggio verso l’ordinamento di un terzo Stato oppure anche indietro all’ordinamento italiano.
Non senza approssimazione, posto che esso si fa carico anche di valutazioni d’ordine materiale, può dirsi che il legislatore di diritto internazionale privato tende più che a stabilire quale debba essere la disciplina dei casi sottoposti ai giudici del suo ordinamento, ad indicare ai giudici stessi dove debbono ricercare le regole da applicare.
4.2 I criteri di collegamento e il loro eventuale concorso
Parlando in generale, gli elementi assunti come criteri di collegamento possono riguardare tanto i soggetti interessati (cittadinanza, domicilio, residenza abituale, residenza) quanto la situazione o la relazione rispetto alla quale è richiesto l’intervento del giudice (luogo di situazione del bene, luogo di celebrazione del matrimonio o di conclusione del contratto, luogo dove è sorta o deve venire eseguita un’obbligazione). Spesso la norma di conflitto utilizza più d’uno di questi elementi in concorso tra loro. Il concorso è successivo quando i criteri sono posti in sequenza – o a cascata – in modo che il secondo subentri quando il primo non risulti in grado di funzionare in rapporto al caso in questione. La sequenza riflette la valutazione del legislatore circa la decrescente rilevanza del contatto, al fine di designare l’ordinamento idoneo a fornire la disciplina della fattispecie. Il concorso è invece alternativo quando il legislatore considera più criteri di collegamento simultaneamente e paritariamente idonei a disciplinare una data categoria di fattispecie e lascia al giudice il compito di utilizzare l’uno o l’altro criterio in vista del raggiungimento di un certo risultato concreto prescelto dal legislatore stesso, per esempio il riconoscimento della validità formale di un atto giuridico.
Un fenomeno affine a quello del concorso di criteri di collegamento si ha quando un criterio di collegamento personale viene fatto funzionare in relazione a ciascuno dei soggetti interessati al rapporto, dando luogo a un concorso di leggi, concorso che può esso pure essere successivo o alternativo.
4.3 La volontà delle parti come criterio di collegamento
Non di rado il legislatore conferisce alla volontà dei soggetti interessati la funzione di localizzare la fattispecie e designare il diritto applicabile. Anche se in maniera non del tutto propria si parla dunque della volontà privata come di un criterio di collegamento. Degno di nota è anche l’ampliarsi degli spazi riconosciuti all’autonomia privata nel diritto internazionale privato. Circoscritta un tempo alla disciplina delle obbligazioni contrattuali, la volontà dei soggetti interessati ha ormai assunto un ruolo centrale nella determinazione della legge applicabile anche quanto alle obbligazioni extracontrattuali (art. 14, reg. CE 11.7.2007, n. 864/2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali), al divorzio e alla separazione personale (art. 5, reg. UE 20.12.2010, n. 1259/2010, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale), alle successioni mortis causa e ai rapporti patrimoniali tra coniugi (proposte di regolamento europeo in materia di successioni e rispettivamente di regimi patrimoniali tra coniugi).
5. I principi ispiratori del diritto internazionale privato
É evidente come l’armonia internazionale delle soluzioni sia un valore importante, probabilmente quello più generale e significativo per ciascun legislatore di diritto internazionale privato, essendo di per sé palese l’utilità dell’uniformità internazionale, l’utilità cioè che un certo caso venga regolato e deciso nello stesso modo nei diversi Stati alle cui autorità giudiziarie possa venire sottoposto. Anche altri valori possono peraltro venire in linea di conto ed influenzare il legislatore, quali la tutela della parte debole, il rispetto della pari dignità dei soggetti interessati (specie in materia di famiglia), nonché, in via generale, la certezza della legge applicabile – e quindi la prevedibilità delle soluzioni – e il rispetto dei diritti fondamentali della persona, sul quale un’attenta vigilanza è esercitata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dal Comitato dei diritti umani (istituito dal Patto internazionale sui diritti civili e politici), organismi entrambi cui, a date condizioni, possono essere presentati ricorsi individuali. Questi stessi valori vanno poi presi in considerazione da parte del giudice nella valutazione dei casi sottoposti al suo esame.
6. L’armonia internazionale delle soluzioni
6.1 La cooperazione internazionale in materia di diritto internazionale privato
É tuttavia evidente che se ciascun legislatore procede per conto proprio e persegue unilateralmente il coordinamento del proprio con gli ordinamenti degli altri Stati, soprattutto per quanto concerne l’uniformità o armonia internazionale delle soluzioni, i risultati non possono che essere limitati, parziali, mentre risultati ben più soddisfacenti possono essere ottenuti quando gli Stati provvedono al coordinamento in maniera coordinata. Ciò che essi – a coppie, o anche e più spesso, a gruppi più o meno numerosi – non mancano di fare, sia concludendo trattati mediante i quali si dotano di norme di diritto internazionale privato uniforme, sia conferendo ad enti internazionali di cui fanno parte il compito di favorire e stimolare la conclusione di convenzioni di diritto internazionale privato (Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato; Commissione internazionale dello stato civile, CIEC), sia infine conferendo ad enti internazionali (o sovranazionali) un potere normativo in materia di diritto internazionale privato, ossia il compito di legiferare in questa materia per tutti gli (o alcuni degli) Stati membri.
6.2 La “comunitarizzazione” del diritto internazionale privato
Quest’ultimo è il caso dell’Unione europea che, in forza dell’art. 81 TFUE, ha intensificato la propria attività in questo campo. I regolamenti comunitari (della Comunità europea prima, dell’Unione europea ora) tendono a fornire una disciplina tendenzialmente organica e sempre più dettagliata del diritto internazionale privato che, data la diretta applicabilità dei regolamenti stessi, sostituisce in toto la disciplina comune già in vigore nei singoli Stati che dell’Unione fanno parte.
Le norme comunitarie – giova precisarlo – trovano (devono trovare) applicazione ad opera dei giudici di tutti quanti gli Stati membri non solo per le fattispecie intracomunitarie, ossia che presentano collegamenti con uno o più altri Stati comunitari, ma anche per le fattispecie che presentano contatti con Stati non facenti parte dell’Unione europea. In pratica, le norme di diritto internazionale privato (e processuale) dei singoli Stati membri vanno progressivamente incontro alla sostituzione ad opera delle norme comunitarie e alla limitazione del proprio perimetro applicativo alle sole fattispecie estranee all'ambito di applicazione della normativa comunitaria.Vanno così ricordati il regolamento CE 17.6.2008, n. 593/2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I); il regolamento CE 11.7.2007, n. 864/2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II); il regolamento CE 18.12.2008, n. 4/2009, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari; e, infine, il regolamento UE 20.12.2010, n. 1259/2010, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale. Va detto anche che, prima ancora di occuparsi dei conflitti di leggi (ossia di diritto internazionale privato nel senso più ristretto e proprio dell’espressione), la Comunità/Unione europea si è occupata dei conflitti di giurisdizione, oltre che della circolazione delle sentenze, e che i risultati in termini di disincentivazione del cd. forum shopping (ossia della ricerca del tribunale potenzialmente più favorevole, anche in funzione delle norme di conflitto che è tenuto ad applicare) e di perseguimento dell’uniformità internazionale delle soluzioni sono davvero significativi. Questi risultati sono favoriti – ed è questo un ultimo rilievo importante – dall’attribuzione alla Corte di giustizia dell’Unione europea della competenza a pronunciarsi a titolo pregiudiziale sulla interpretazione delle disposizioni regolamentari, ciò che consente che l’uniformità della disciplina comunitaria di diritto internazionale privato si mantenga nel tempo, impedendone la dissoluzione nel prisma interpretativo delle autorità giudiziarie nazionali.
7. L’armonia interna delle soluzioni
7.1 Il limite dell’ordine pubblico
L’esigenza di coordinamento e di apertura verso ordinamenti giuridici stranieri trova tuttavia un limite nell’esigenza di tutelare la propria coerenza e armonia interna che è avvertita dal nostro così come da tutti gli altri ordinamenti statali. É il cd. limite dell’ordine pubblico internazionale che scatta, impedendo al giudice di applicare la norma straniera di per sé idonea a regolare il caso di specie quando dalla sua applicazione deriverebbero effetti inaccettabili per il nostro ordinamento, in quanto contrastanti con i fondamentali principi morali e giuridici che lo caratterizzano in via generale o in uno specifico settore (art. 16 della legge di riforma). Come si è accennato, l’esigenza di non compromettere, attraverso l’applicazione di norme straniere, la propria coerenza interna è avvertita da tutti gli ordinamenti giuridici e trova spazio anche nel diritto internazionale privato uniforme, posto mediante accordi internazionali o regolamenti comunitari, rispetto ai quali non costituisce quindi inadempimento il mancato rispetto della norma di conflitto che condurrebbe ad un esito incompatibile con l’ordine pubblico del foro: dovendosi peraltro ammettere che la Corte di giustizia dell’Unione europea eserciti al riguardo il suo controllo in analogia a quanto essa stessa si riserva di compiere quando il limite è invocato per negare il riconoscimento delle sentenze emanate in altri Stati facenti parte dell’Unione.
7.2 Recenti sviluppi in ambito familiare
In relazione alla problematica dell’ordine pubblico conviene aggiungere un’osservazione che riguarda in questo particolare periodo storico il nostro ordinamento giuridico. Esso si trova infatti a confrontarsi – ha cioè la necessità di coordinarsi – per un verso con le legislazioni di altri Stati, soprattutto europei, fortemente impregnate di concezioni individualistiche che accolgono soluzioni assai innovative in materia di famiglia (unioni non matrimoniali registrate, matrimoni omosessuali, filiazione assistita e surrogata). Contemporaneamente, ma per altro verso, il nostro ordinamento si trova a confrontarsi con il diritto di quegli Stati che risentono dell’influenza della religione islamica o addirittura fanno proprio il diritto islamico in materia di famiglia ed accolgono soluzioni quali la limitazione della capacità matrimoniale della donna, la poligamia e il ripudio.
8. L’approccio alle questioni internazionalprivatistiche
Quali operazioni deve dunque compiere chi voglia valutare la possibilità e l’opportunità di adire il giudice italiano in relazione ad una fattispecie non totalmente interna al nostro ordinamento?
Schematizzando e semplificando al massimo, possiamo dire che in primo luogo occorrerà accertare se sussiste la giurisdizione italiana (e stabilire anche se con essa concorra quella di altri Stati, e se le sentenze di tali Stati sarebbero suscettibili di produrre effetti in Italia). Occorrerà poi accertare che la fattispecie (od un qualche suo profilo) non sia necessariamente sottoposta al diritto materiale italiano e quindi sottratta alla presa delle norme di conflitto (art. 17 della legge di riforma, relativo alle norme di applicazione necessaria). A questo punto, occorrerà stabilire a quale norma di conflitto la fattispecie sia riconducibile (operazione di qualificazione) e, di seguito, accertare quale sia l’ordinamento indicato dalla norma di conflitto mediante il concreto operare del criterio di collegamento. Ove si tratti di un ordinamento straniero occorrerà poi identificare al suo interno, sulla base delle regole in esso vigenti, quale norma sia in concreto applicabile al caso di specie. Da ultimo si dovrà verificare che dall’applicazione della norma straniera da parte del nostro giudice non derivino effetti contrari all’ordine pubblico.
Fonti normative
L. 31.5.1995, n. 218, (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato); reg. CE 17.6.2008, n. 593/2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I); reg. CE 11.7.2007, n. 864/2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II); reg. CE 18.12.2008, n. 4/2009, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari; reg. UE 20.12.2010, n. 1259/2010, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale.
Bibliografia essenziale
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