diritto (dritto)
Aggettivo, avverbio e sostantivo; generalmente appare la forma ‛ dritto ' in poesia (Rime, Commedia) e la forma ‛ diritto ' in prosa (Convivio), ma non mancano esempi di ‛ diritto ' in poesia. Considerate le numerosissime occorrenze e i diversi usi e significati della parola, s'incomincerà col prendere in esame i casi in cui d. è forma verbale, e attraverso gli usi posti, per così dire, a metà strada fra il valore verbale e quello aggettivale, si arriverà alle occorrenze che ci presentano d. vero e proprio aggettivo. Infine si aggiungeranno i casi di d. con valore avverbiale o in locuzioni particolari.
I casi in cui il vocabolo ha senza alcun dubbio valore verbale sono rappresentati da If X 32 (Farinata... s'è dritto), Pg II 34 Vedi come [l'angelo] l'ha dritte [le ali] verso il cielo, 103 A quella foce ha elli or dritta l'ala, e Cv IV XI 11 con ciò sia cosa che... la sollicitudine del buono sia diritta a maggiori cose, cioè " si deve dirigere a nobili opere ".
Ha ancora, probabilmente, valore verbale quando significa " volto ", " rivolto ", " indirizzato ", " diretto ", " orientato ", " fisso " (in una certa direzione, a una certa cosa). Esempi in Pd III 23 li occhi.../ dritti nel lume (che guardavano fissamente verso la luce); V 130 Questo diss'io diritto a la lumera (volto direttamente alla luce); Cv II XV 4, III V 15 e 17 se uno uomo fosse dritto in Maria... se... fosse in Lucia dritto (dove Maria e Lucia indicano due città); Pg XV 9 dritti... inver' l'occaso, XXVII 64 Dritta salia la via... / verso tal parte (l'oriente); Pd XII 115 La sua famiglia... si mosse dritta / ... a le sue orme, e Cv II IX 5 'l nervo... è diritto a quella parte.
Sempre a metà strada fra il valore aggettivale e il valore verbale, ma questa volta ormai con una leggera prevalenza per il primo, è d. nei casi in cui significa " eretto " (Cv IV Le dolci rime 54 la diritta torre, ripreso in X 12; XIII 16), opposto a ‛ pendente ', ‛ obliquo ' (IV IX 6 la casa sedesse... diritta); " ritto ", " drizzato " (If XXVII 1 era dritta in sù la fiamma e queta), " levato in piedi " (IV 5, IX 37, XIV 103, XXV 124, XXXIV 101, Pg XII 7, XXVIII 67, XXXII 152, XXXIII 8). Di quest'ultimo gruppo fa parte l'occorrenza di Pg XIX 132 Per vostra dignitate / mia coscïenza dritto mi rimorse, " mi fece vergognare di star dritto "; ma è da notare, col Sapegno, che Benvenuto e altri commentatori antichi leggevano ‛ dritta ', riferito a coscienza (la mia " onesta " coscienza). Il Del Lungo intende qui d. come avverbio, per " dirittamente, per via diritta ". In Cv IV XIII 15 torta linea vuol dire " linea obliqua ", e diritta varrà non tanto " retta " quanto " verticale od orizzontale, ma perpendicolare rispetto a chi guarda ", in relazione col significato " eretto " opposto a ‛ obliquo '. Similmente, in Cv II III 5 è messa in evidenza la distinzione fra l'orbita dei pianeti (diritto cerchio), orizzontale e sullo stesso piano dell'equatore celeste e terrestre, e l'ellittica solare (l'ottava spera), che è obliqua. Come si può notare, le sfumature di significato, anche in uno stesso ambito semantico, sono numerose; e del resto nemmeno in Cv III XIV 4 diritto raggio (opposto a splendore riverberato) vale " raggio rettilineo ", né tanto meno " eretto ", bensì " diretto ", opposto a ‛ riflesso '.
‛ Diritto ' può significare non " che è diritto ", ma " che ha una direzione, un movimento rettilineo " (Pd XIV 112), " che va diretto ", e perciò " che si dirige al fine direttamente " (Pd XIII 136 e Pg XVIII 45 se [l'anima] dritta o torta va, in cui è presente la variante dritto o torto, nel qual caso d. avrebbe valore avverbiale, e vlli 132). Esso sarà perciò assai spesso riferito a via (Cv IV I 9, If I 3, XI 9, Pg X 3; Cv IV XII 8 e XXII 18, al superlativo), strada (Pd XXIX 128, ma nel senso metaforico di " discorso intrapreso "), calle (Cv IV I 9 e, di nuovo nel senso di Pd XXIX 128, VII 1), cammino (Cv IV VII 7, XVI 10, XXVIII 2). Per If VI 91 Li diritti occhi torse allora in biechi, v. BIECO.
Consideriamo ora i casi in cui l'aggettivo ha valore morale, venendo a indicare la strada che conduce alla salvezza, la via dell'onestà e della rettitudine. Qui perciò si può innestare d. nel senso di " retto ", " onesto ", nei casi in cui è riferito ad appetito (l'istinto, il desiderio, l'amore spontaneo " che si dirige verso un buono e onesto fine ": Cv III VIII 16, XI 11, XV 12, IV XIII 15), ad animo (animo, sentimento " portato al bene ": Cv IV Le dolci rime 59, ripreso in XIII 16; X 8), a natura (IV XXIV 8), a operazione (opere, azioni " cristianamente oneste ": IV XXVIII 11), ad arbitrio (Pg XXVII 140), ad amore (Pd XXVI 63), a ragione (Cv III XI 11).
Dal valore di " buono ", " onesto ", si passa poi al senso di " giusto ", in Cv III XV 14, IV XXI 13, XXVI 14, Pg VIII 83, XXII 50 e 86, XXX 123, Pd XIII 129 (così nella locuzione di Fiore CCIV 13 Dritt'era ch'i' ne fosse gastigato); infine può significare " giusto " nel senso di " legittimo ", " lecito ", " naturale ", " secondo la natura delle cose ", come osserviamo in Cv I VII 4, If XXX 39 e Pg XXVIII 13.
In Pd XI 120, Cv I XI 4, IV XXIII 16, d., più che " giusto ", significa " esatto ", " vero ", nel senso contrario di ‛ falso ', ‛ ingannevole ', ‛ improprio '. Ed è da questo significato che deriva l'uso di ‛ dritto ' in locuzioni come nel dritto mezzo del campo (If XVIII 4) o là dove purgatorio ha dritto inizio (Pg VII 39), che valgono " proprio nel mezzo ", " al centro esatto " (del campo), e " proprio l'inizio ", " il vero e proprio inizio del Purgatorio ".
Queste locuzioni, o meglio usi particolari, trovano conferma nei casi in cui l'aggettivo è usato con valore avverbiale, di If I 18, XXVIII 127, Pd X 8, dove d. equivale a " proprio ", " esattamente ", " direttamente ", " immediatamente ", " correttamente " (cfr. anche Cv III V 9 e 10, IV VI 4, XII 19 (al superlativo), Rime CIII 79, Pg IX 122), o " proprio di faccia " (If IV 118: cfr. F. Mazzoni, in " Studi d. " XLII [1965] 173).
Un'interessante notazione ci è offerta dai due casi in cui d., al femminile, significa " destra ", sia in locuzione avverbiale (Pg XIV 8) che come puro e semplice aggettivo riferito a mano (Rime Cv 5): dal confronto con ‛ destro ' (v.) si deduce infatti che, mentre quest'ultimo aggettivo è passato dal significato originario latino di " che è posto dalla parte destra " a quello di " favorevole ", " propizio ", " di buon auspicio ", il corrispondente d. passa dal senso di " onesto ", " giusto ", " veritiero ", " esatto ", a quello di " relativo alla mano destra ", " posto a destra ", confermando l'identificazione della mano destra con la mano non solo " favorevole ", " propizia ", ma anche " giusta ", secondo la tradizione latina e biblica.
Il vocabolo d. appare diverse volte anche nel Fiore, e tre volte nel Detto. In queste due opere ritroviamo gli usi della parola che abbiamo analizzato fin qui. Infatti d. ha valore avverbiale in Fiore CXLI 1, CCX 2, CCXV 8 e 11, CCXVIII 7 e 12, CCXXIX 5, e in Detto 155. In Detto 480 più che di un avverbio si tratta di una locuzione simile a quelle di Pd XI 120, ecc.: noi guarda dritto in faccia vale infatti " proprio non lo guarda ", " nemmeno lo guarda in faccia ". In Fiore IX 3 dal dritto lato vale " da destra " (v. qui sopra), mentre assai più numerosi sono i casi in cui d. vale " retto " (LXVIII 14, CXXXII 8, CXCIX 12, CCXXVIII 4, LXIX 14), " giusto " (XV 2, LXXXIII 11, CV 11), e " vero ", " esatto " (XXXVII 11) oppure, con valore verbale, " indirizzato " (Detto 215). V. anche DIRETTO; DRIZZARE; RITTO; RIZZARE.
Come sostantivo, sempre nella forma ‛ dritto ', è in relazione con l'aggettivo, sia in quanto forma neutra secondo l'uso latino (come in If XXVII 8 e ciò fu dritto, dove corrisponde a rectum fuit, " fu cosa giusta "), che come aggettivo sostantivato: Pg V 78 assai più là che dritto non volea, " molto più del giusto ", e Pd X 19 dal dritto più o men lontano, " più o meno lontano dal giusto ", da ciò che è giusto. Sempre in relazione con l'aggettivo ‛ dritto ', ma non più nel senso di " giusto " bensì di " diritto ", " ripido ", è in Pg X 30 quella ripa... / che dritto di salita aveva manco, luogo di controversa interpretazione fin dai primi commenti, ma che va spiegato scartando le lezioni che considerano d. aggettivo, a volte maschile, a volte femminile (dritta nel Moore, ma anche in vecchie edizioni; per tutta la questione, cfr. Petrocchi, ad l.); il vocabolo vale " ripidezza ", e l'intero verso significa: " che aveva una minore ripidezza per salire ".
Compare anche in Fiore CXV 6, CXXXV 13, in locuzioni avverbiali (per dritto; a dritto e a torto) che rappresentano l'uso che più si avvicina a quello moderno, e anche in Detto 216 tutto 'l dritto / c'Amor usa in sua corte.