DISCANTO (fr. déchant; sp. discante; ted. Diskant; ingl. discant)
Significa tanto l'arte di combinare un controcanto con un frammento di canto fermo (v.) e con una canzone profana, quanto il controcanto stesso, o anche la voce acuta che lo eseguisce (per cui, p. es. negli strumenti, "trombone discanto" vale trombone acuto). Difatti, per i rapporti tra canto e discanto, il discanto sta al di sopra e procede in moto contrario del canto fermo; invece nell'organum e nella diafonia il controcanto sta al disotto, e procede per moto retto ossia parallelo. Tale distinzione non ha più che un valore relativo, perché tra il sec. X e il XIV si diceva discanto anche ciò che tra il IX e il X si diceva organum, e dal XIV in poi contrappunto.
Il discanto si può ritenere nato dal principio d'indipendenza (direzione divergente all'inizio e convergente alla chiusa) che esisteva già nell'organo a quarte, del cui sviluppo recano forse prima testimonianza i canti a 2 voci del Graduale 121 d'Einsiedeln, del sec. X. Nello sviluppo del discanto si afferma prima l'indipendenza melodica; v. p. es. l'inizio del versetto all'Alleluia, Angelus Domini, del cod. 3719 di San Marziale di Limoges, trascritto dal Ludwig:
Poi si afferma l'indipendenza ritmica, così che si presentano due varietà: nella prima, detta organo (organum), le note di canto fermo hanno valore, pare, imprecisato, e sopra ognuna di esse una altra voce svolge intere frasi melodiche (d'andamento ritmico finora ignoto). Ecco p. es. un altro canto di S. Marziale (principio del sec. XII, fors'anche prima) trascritto dal Ludwig:
Un'altra varietà, detta propriamente discanto, è in ritmo a 3 tempi (imposto al canto fermo) con due tempi in battere e uno in levare. In battere le due voci formano consonanza (è ciò che noi ora diciamo consonanza perfetta), mentre in levare possono formare altre combinazioni. Ecco un frammento trascritto dal Ludwig, dal Viderunt Emanuel anche di S. Marziale.
Queste due varietà (che corrispondono ai due stili, vocalizzato e sillabico, del canto liturgico tradizionale) si avvicendano anche in uno stesso canto, p. es. appunto nel Viderunt Emanuel. A tale indipendenza si aggiunge poi quella dei testi, per cui, mentre una voce canta un testo, un'altra voce ne canta un altro. Discanti simili si facevano anche a più voci, su tropi, versetti alleluiatici, sequenze, lezioni, Benedicamus Domino, ecc.
Benché il discanto già in tale fase si trovi praticato, si può dire, in tutti i paesi (ve n'è un celebre trattato del sec. XI alla Bibl. Ambrosiana a Milano, e documenti musicali del sec. XII se ne trovano a Parigi, a Roma, a Lucca, a San Giacomo di Compostella, ad Amiens, a Tournai, ecc.), nondimeno esso appare come un'arte che irradia dalla Francia, e i maestri salienti di tale fase pare siano stati Alberto parigino, Leonino e Perotino Magno, maestri questi ultimi, alla cattedrale di Notre Dame di Parigi, tra la fine del sec. XII e l'inizio del XIII.
In un primo periodo il discanto fu arte di cantori, e veniva improvvisato; poi, acquistando consistenza musicale, moltiplicandosi le voci, facendosi meno rigide le regole primitive, i discanti furono scritti. Ciò non impedì che il déchant sur le livre o contrappunto alla mente continuasse fin nel sec. XVI. Principali forme trattate in discanto furono il mottetto, il condotto, il rondello, l'hoqueto o ocheto (singhiozzo), la copula (v. contrappunto).