discarica
Immissione di acque e rifiuti solidi o liquidi, provenienti da abitazioni civili o da manifatture o fabbriche, in determinati punti del suolo o del sottosuolo o delle reti acquee.
Il nucleo fondamentale della legislazione delle d. è costituito dal Testo Unico delle leggi sanitarie (TU, r.d. 1265/1934), cui sono seguite le leggi antinquinamento (➔ inquinamento) del 1976 (l. 319/1976), del 1979 (l. 650/1979), del 1982 (d.p.r. 915/1982) e la delibera 52/1984 del Comitato interministeriale di cui all’art. 5 del d.p.r. citato. La materia è stata interamente riformata dal d. legisl. 22/1997 (cosiddetto decreto Ronchi), legge quadro del settore dei rifiuti, e dal d. legisl. 36/2003, che recepisce la direttiva europea 1999/31/CE relativa alle d. dei rifiuti.
La d. in mare di idrocarburi o di altre sostanze nocive all’ambiente marino è regolata dalla l. 979/1982 e dalla l. 394/1991, contenenti disposizioni per la difesa del mare.
È una tecnica di smaltimento dei rifiuti solidi urbani che, attraverso la compattazione dei rifiuti stessi in strati e il ricoprimento con terra o altro materiale idoneo, consente di gestire, nel rispetto della normativa, le d. pubbliche (luoghi adibiti allo scarico, e spesso anche all’eliminazione, dei rifiuti solidi). La delibera 52/1984 del Comitato interministeriale individuava 3 categorie di d. controllate: d. di prima categoria (per rifiuti solidi urbani, per rifiuti speciali assimilabili agli urbani, per fanghi derivanti da impianti di depurazione dei liquami civili); d. di seconda categoria (tipo A: per rifiuti speciali inerti; tipo B: per rifiuti speciali tossici e nocivi che, alle prove di cessione, diano un eluato nei limiti della tabella A della l. 319/1976; tipo C: per tutti i rifiuti tossici e nocivi a eccezione degli infiammabili, liquidi, ospedalieri); d. di terza categoria (per rifiuti particolarmente tossici). ● Il d. legisl. 36/2003 introduce una nuova classificazione, che prevede d. per rifiuti inerti, d. per rifiuti non pericolosi e d. per rifiuti pericolosi. Secondo le direttive precisate nel decreto Ronchi e nel d. legisl. 36/2003, è consentito smaltire in d. solo rifiuti inerti, di cui sia stata ridotta o neutralizzata la componente biodegradabile attraverso pretrattamenti di bioessicazione (processo di riduzione dell’umidità del rifiuto in seguito a un trattamento di essiccazione della frazione organica putrescibile in esso contenuta) e di biostabilizzazione (processo di riduzione dell’umidità del rifiuto ottenuta mediante biossidazione della sostanza organica putrescibile in esso contenuta).
A seconda delle caratteristiche topografiche, geologiche e idrogeologiche dei terreni disponibili allo scopo, sono attuabili 3 tipi di d. controllata: a trincea, a rampe, a dispersione areale. In ognuna di esse, i rifiuti vengono degradati dai microrganismi del terreno a composti stabili. I rifiuti smaltiti in d. attraverso questo processo di degradazione danno origine a due tipologie di prodotti, che devono essere a loro volta controllati e smaltiti: percolati (liquame, che si forma quando 1’acqua passa attraverso i rifiuti) e biogas (gas biologico, che si sviluppa dalla decomposizione dei rifiuti). Il controllo della diffusione dei prodotti della biodegradazione richiede la presenza di barriere a bassa permeabilità. Tali barriere possono essere di origine naturale, cioè costituite da livelli di terreno contenenti argilla, già presenti in loco oppure appositamente collocati e compattati. Spesso, però, il materiale argilloso non è disponibile e si deve ricorrere a barriere impermeabili artificiali, che possono agire da sole o in aggiunta al terreno argilloso.