discinto
. Con valore predicativo, " vestito di pochi e laceri panni "; unica attestazione in Rime CIV 26 discinta e scalza, e sol di sé par donna, dove la misera condizione di Drittura si conferma al v. 27 (per la rotta gonna) e al v. 36 (povera, vedi, a panni ed a cintura). La coppia di aggettivi ritornerà, ma priva del suo tono drammatico, nel Petrarca (Rime XXXIII 6).
Tuttavia, il confronto col v. 36 può persuadere a dare a d. il valore etimologico di " senza cintura ". Il lusso della cintura era infatti segno di ostentata opulenza: nella Fiorenza sobria e pudica di Cacciaguida non c'erano braccialetti, diademi, ricche gemme, e neppure cintura / che fosse a veder più che la persona (Pd XV 100-102); uno dei più nobili e autorevoli cittadini di allora, Bellincion Berti, andava cinto / di cuoio e d'osso (XV 112). Garzo (Proverbi 35, citato dal Torraca) dice che " cintura fa vesta parer più onesta ". Si ricordi poi che per umiltà i francescani si cingevano con una corda, l'umile capestro (Pd XI 87; e cfr. If XXVII 92). Anche l'andare scalzi era segno di povertà, secondo l'insegnamento evangelico: così facevano i francescani (Pd XI 79-80, 83, XII 131), così gli apostoli (XXI 128), e il loro esempio è addotto a rampogna del lusso dei prelati moderni.