disconcio
Solo in Cv I IV 10, con il significato di " deforme ", " deturpato da gravi difetti fisici ": quando è [l'uomo] maculato d'alcuno disconcio membro.
È vocabolo largamente diffuso nella lingua del tempo (cfr. per es. Guittone Alberigol de Lando 2; volgarizz. di A. Cappellano, ediz. Battaglia, p. 391), in tutte le accezioni che oggi sono proprie del semplice ‛ sconcio ' (v.).
Al di fuori del passo citato, D. usa sempre soltanto ‛ sconcio ', anche con il valore di " deforme "; ad esempio, i falsatori di monete, deturpati dall'idropisia, sono chiamati gente sconcia (If XXX 85).