disconvenevole
Nel Convivio, dove risulta adoperata quattro volte, la voce, che trova attestazioni nella lingua due-trecentesca, ha il valore di " non conveniente al fine ". D. intende scusare il suo commento da una ‛ macula sustanziale ', cioè da l'essere vulgare e non latino (I V 1) e porta tre ragioni, una delle quali si muove da cautela di disconvenevole ordinazione (§ 2), cioè dal ritegno di far cosa che non sia conveniente al suo scopo: il commento infatti deve ‛ ben servire ' alle canzoni, e per mantenersi ‛ subietto ' a esse che sono in volgare, deve essere anch'esso in volgare, in quanto il latino, rispetto al volgare, è ‛ sovrano ' per nobiltà, virtù, bellezza. Lo stesso senso ha il termine in Cv I VI 1, VIII 1, X 5 (sempre unito a ‛ disordinazioni ' o ‛ disordinamenti ').
In If XXIV 66 una voce uscì de l'altro fosso, / a parole formar disconvenevole, tutta l'espressione vale " men conveniente e atta a formar parole... confusa e mal distinta ", come spiega il Landino (cfr. il successivo v. 67 in cui D. dichiara: Non so che disse, e il v. 74 in cui aggiunge i' odo quinci e non intendo).