discosceso
Il primo luogo in cui appare il vocabolo (If XII 8 da cima del monte... / al piano è sì la roccia discoscesa, / ch'alcuna via darebbe a chi sù fosse) è di controversa interpretazione; e a seconda del significato che i commentatori attribuiscono al termine alcuna (" nessuna ", o " qualche ") l'aggettivo può valere " rotta e ingombra dalle sue stesse rovine " (Scartazzini-Vandelli), " dirupata e malagevole, ma... tale da consentire... una qualche via praticabile " (Sapegno), oppure tale " che non offrirebbe nessun passaggio a chi volesse discendere " (Momigliano). La soluzione si ha da quel che D. dice successivamente nello stesso canto (vv. 28-29 Così prendemmo via giù per lo scarco / di quelle pietre). Se i due pellegrini discendono, la via non può essere del tutto impervia; dunque hanno ragione il Vandelli e il Sapegno, e con essi tutta la schiera di commentatori (soprattutto antichi: Benvenuto, Buti, Landino, ma anche Castelvetro, Cesari, ecc.) che interpretano come loro. Né crea contraddizione il secondo caso in cui il vocabolo appare, in If XVI 103 giù d'una ripa discoscesa, / trovammo risonar quell'acqua tinta: è vero che l'acqua precipita con un gran fragore, sì che 'n poc'ora avria l'orecchia offesa, ma non è necessario che precipiti assolutamente a piombo (cfr. Torraca: " quasi a piombo ").
Si può infine aggiungere, a proposito di If XII 8, che la specificazione dantesca a chi sù fosse, non avrebbe ragione di essere se alcuna significasse " nessuna ": infatti, l'impossibilità di discendere per quel passaggio implicherebbe un'ancor più assoluta impossibilità di salita. Invece, tutto il passo risulta chiaro interpretando: la roccia è ripida, impervia, quasi a picco, ma non completamente; infatti, se impossibile sarebbe risalirla, si può tuttavia discenderla in qualche modo. Da notare infine che il Porena considera qui d. non aggettivo ma participio.