disdegnoso
. Aggettivo proprio del linguaggio amoroso, riferito alla filosofia in un gruppo di passi che stanno a commento di Cv III Amor che ne la mente 76 (ella la chiama fera e disdegnosa), e IV Le dolci rime 5 (ma perché li atti disdegnosi e feri). Seguendo il consueto procedimento retorico psicologico, che ritrascrive i modi dell'esperienza amorosa mantenendone i caratteri figurali, il poeta assegna i due attributi alla filosofia con valori concettuali che egli stesso viene via via chiosando e distinguendo: tu fai costei umile, e quella la fa superba, cioè fera e disdegnosa, che tanto vale (Cv III IX 4; cfr. anche sembiante... disdegnoso e fero [III X 3], a commento di un altro passo della stessa canzone); chiamai questa donna fera e disdegnosa. Dove è da sapere che da principio essa filosofia pareva a me, quanto da la parte del suo corpo, cioè sapienza, fiera, ché non mi ridea, in quanto le sue persuasioni ancora non intendea; e disdegnosa, ché non mi volgea l'occhio, cioè ch'io non potea vedere le sue dimostrazioni (III XV 19); Ov'è da sapere che non si dice qui li atti di questa donna essere disdegnosi e fieri' se non secondo l'apparenza (IV II 4).
In qualche altro passo la parola, riportata nella sfera amorosa, ritorna ai suoi valori propri (v. DISDEGNO), per esempio in Rime dubbie VIII 5, dove si accenna a una donna dispietata e disdegnosa. In altri luoghi resta una sorta di ambivalenza semantica in rapporto a una identificazione filosofica del soggetto amoroso, come accade per Rime LXXX 3, in cui la donna disdegnosa è verosimilmente la filosofia (cfr. Contini, Rime 94). Ancora su un piano di personificazione allegorica, in Rime LXXXIII 102 questa, disdegnosa di cotante / persone, l'aggettivo è assegnato alla leggiadria " nemica " e " schiva " di chi è insensibile alle virtù che formano i gentili cavalieri.
In un passo della Vita Nuova l'aggettivo è riferito al parlare: Pietà (Beatrice), avversa al poeta, è da lui detta la mia nemica, / madonna la Pietà (XIII 9 13-14). Nella didascalia D. spiega che così dice quasi per disdegnoso modo di parlare (§ 10), frase che nel Barbi-Maggini (ad l.) è interpretata " in tutt'altro tono che di riverenza "; più esatto, forse, sarebbe parlare di un contrariato sentimento di cruccio del poeta verso colei in cui la Pietà s'impersona.
Una nota di altero distacco la parola porta nei luoghi della Commedia in cui è riferita a personaggi, come Sordello, appartato nella sua chiusa solitudine morale: o anima lombarda, / come ti stavi altera e disdegnosa (Pg VI 62); e Pier della Vigna, che per disdegnoso gusto (If XIII 70) matura il suicidio come atto di amaro disprezzo (" amaricatus gustus ex indignatione ", Benvenuto) delle accuse dei suoi rivali (v. DISDEGNO; e cfr. U. Bosco, D. vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 264-267).
Detto dell'Arno che torce disdegnoso il suo corso dal territorio aretino (Pg XIV 48) vale " sprezzante ". In If XXIX 34 la vïolenta morte / ... fece lui disdegnoso; ond'el sen gio / sanza parlarmi (dove si tratta di Geri del Bello, seminatore di discordie e consanguineo di D.), d. ha senso di " fieramente sdegnato ". Infine d. è detto pure del falcone che cala senza preda e da lunge si pone / dal suo maestro, disdegnoso e fello (If XVII 132, in uno dei vari usi del vocabolo in un binomio aggettivale), " sdegnato " di aver mancato la preda; interpretazione da preferire senz'altro a quella che riferisce i due aggettivi al maestro, cioè il falconiere. Per consimili immagini, cfr. Pd XIX 34-36.