diserto (sost.)
Nel senso proprio di luogo solitario e disabitato, con valore generico, in Pg X 21 un piano / solingo più che strade per diserti, e Fiore CXXI 2 I' sì non ho più cura... / né di star in diserti né 'n foresta; con precisa allusione al gran Giovanni, / che... 'l diserto e 'l martiro / sofferse, in Pd XXXII 32 (e cfr. anche Pg XXII 152 le vivande / che nodriro il Batista nel diserto, ripreso da Matt. 3, 1 ss., Marc. 1,4 ss.). Esplicito richiamo biblico è anche il passo di Cv II V 5 Chi è questa che ascende del diserto, traduzione letterale da Salomone (Cant. 8, 5). Il gran diserto di If I 64 è la piaggia diserta (v. 29), la " gran valle del monte che era molto sola " (Buti): qui più che altrove è implicita nella parola l'idea del luogo disabitato e della solitudine, anche morale, in cui D. viene a trovarsi (il Parodi parla di " lotta sostenuta colle sole sue [di D.] forze ": cfr. " Bull. " VIII [1900] 81).
Più interessante il luogo di Pg XI 14 per questo aspro diserto / a retro va chi più di gir s'affanna, dove la parola è certamente suggerita dall'immagine della cotidiana manna (v. 13), con evidente riferimento all'episodio degli Ebrei nel deserto (Ex. 16, 1 ss.). Che per manna s'intenda qui la grazia divina, non c'è dubbio; meno chiaro è a che cosa si alluda con aspro diserto. La. struttura di tutto l'episodio farebbe pensare che i penitenti invochino l'aiuto divino per sé stessi; senonché aspro diserto il Purgatorio non può essere se non quando manchi a esso la grazia divina. Ma il Purgatorio è effetto esso stesso della grazia. D'altra parte, solo la terzina Nostra virtù... / non spermentar con l'antico avversaro, / ma libera da lui che sì la sprona (vv. 19-21) può essere considerata l'ultima preghiera, quella che i superbi dicono di fare non per sé, ormai non più passibili di tentazioni, ma per gli altri: cioè per i viventi e forse anche per coloro che sono rimasti dietro, i penitenti dell'Antipurgatorio che l'antico avversaro può ancora insidiare (cfr. VIII 94 ss.). Alcuni commentatori danno del passo un'interpretazione per così dire bivalente: la preghiera è recitata dai penitenti, e quindi il d. è il Purgatorio; ma può anche intendersi " dei mondani ", e allora l'allusione è al mondo, " laddove non è la visione beatificata di Dio " (Buti; così anche Casini-Barbi e altri). Il Mattalia mette in risalto " il valore universale della preghiera, applicabile a ogni uomo in ogni circostanza e condizione ": il d. è perciò sia " il viver lontano da Dio, per le anime purganti ", sia " la vita in terra... condizione di ‛ peregrinanza ' lontano dalla patria o città celeste ".