dispiacenza
Usato una sola volta, in Cv III VIII 6, in correlazione a piacenza, il cui senso oscilla in quel punto tra un valore puramente oggettivo ed esterno di " bellezza " corporea, grazia femminile, e un altro più interiore e complesso di " gaudio ", diletto conseguente alla visione, in quanto riflesso di quel contentarsi che è proprio dei piaceri di Paradiso, i quali appariscono nell'aspetto (e più propriamente negli occhi e nel riso, che sono come i balconi dell'anima) della donna in modo che, guardando costei, la gente si contenta (§§ 5 e 7, III XV 2) Con dispiacenza D. ha, dunque, voluto indicare propriamente la qualità di ciò che non piace allo sguardo, implicando una condizione interiore - da intendersi in senso soggettivo e oggettivo insieme - opposta a piacenza.
Il vocabolo era già per es. in Guittone Tanto sovente 2 " dett'aggio altra fiada / de dispiacenza e de falso piacere ".