disposofobia
s. f. Tendenza patologica ad accumulare oggetti senza alcun ordine, fino a rimanerne sommersi.
• [Edgar L.] Doctorow si ispira alla cronaca per raccontare la storia di due fratelli. Affetti da disposofobia ‒ l’accaparramento compulsivo di oggetti che non vengono né usati né gettati ‒ i Collyer attraversano il Novecento ammassando nella loro casa tutto ciò che trovano. Il XX secolo è stato un tempospazio da ingombrare fino all’orlo, un’epoca dentro cui abbiamo accatastato di tutto, (Giorgio Vasta, Repubblica, 23 agosto 2013, p. 44, Cultura) • In medicina, comportamenti come quelli riscontrati nella «casa degli orrori» rientrano sotto il nome di disposofobia: un disturbo ossessivo compulsivo di accumulo delle cose. In questo caso, di rifiuti. Dallo sgombero delle immondizie ‒ di cui il marito ha assicurato al Comune la disponibilità a farsi carico ‒, intanto, la Procura conta di riuscire a risalire ai farmaci di cui l’anziana faceva uso. (Luana de Francisco, Messaggero Veneto, 11 marzo 2014, p. 44) l Ogni spazio del suo appartamento, in via Somalia, a San Siro, dove vive sola, è invaso da sacchetti pieni di cose che non utilizza. Di vestiti e abbigliamento. Di oggetti recuperati, anche. Si chiama disposofobia. (Rossella Galeotti e Silvia Pedemonte, Secolo XIX, 4 giugno 2017, p. 18, Levante).
- Dall’ingl. disposophobia, a sua volta composto dal v. tr. to dispose ‘sistemare, mettere in ordine’, dall’interfisso -o- e dal suffisso -phobia ‘paura’.
- Già attestato nel Corriere della sera del 16 dicembre 2010, p. 70, Spettacoli (Maria Volpe).