Disraeli, Benjamin, conte di Beaconsfield
Politico e scrittore inglese (Londra 1804-ivi 1881). Apparteneva a una famiglia ebraica italiana, che si era trapiantata in Inghilterra nel 1748; suo padre Isacco D’Israeli, buon letterato, si convertì al protestantesimo con la moglie e i figli nel 1817. Avviato giovanissimo alla pratica legale, fece le sue prime prove come scrittore redigendo opuscoli sull’emancipazione delle colonie spagnole dell’America Meridionale. Pubblicista e scrittore brillante, nonostante i pregiudizi antisemitici riuscì molto precocemente a imporsi al gran mondo londinese, del quale descrisse i costumi nel romanzo satirico Vivian Grey (1826). Viaggiò in Francia, Svizzera, Italia, Spagna e in Oriente, prendendo spunto per scrivere altri romanzi, e rientrò stabilmente in Inghilterra nel 1831. Dopo una breve esperienza politica in campo radicale, deluso dall’esito negativo di questi primi tentativi, passò nel campo opposto e nelle elezioni del 1835 si presentò nelle file dei tories. Fu eletto deputato (1837) ma, non essendo stato inserito nel gabinetto Peel (1841), divenne assertore del programma del cosiddetto conservatorismo rinnovato e ispiratore del gruppo della Giovane Inghilterra, caratterizzato da una spiccata tendenza antiliberista e da una nostalgica idealizzazione del modello sociale della vecchia Inghilterra rurale; veicolo di queste idee furono i suoi romanzi Coningsby, or the younger generation (1844) e Sybil or the two nations (1845). Nel 1845 D. diede avvio a una campagna contro Peel e il suo liberismo economico, avvalendosi dell’appoggio dei proprietari terrieri danneggiati dall’abolizione del dazio sul grano, e contribuì quindi alla caduta del primo ministro (1846). Il partito tory, passato all’opposizione, fu riorganizzato da D. su nuove basi; nel 1848 ne divenne il leader ai Comuni e si impose con la sua tattica spregiudicata, riuscendo a essere nominato cancelliere dello Scacchiere nel primo (1852) e nel secondo (1858-59) gabinetto Derby. Ancora all’opposizione (1859-67) contro il governo liberale in carica, quando i conservatori tornarono al potere con il terzo ministero Derby (1867) D. poté affermarsi definitivamente conducendo in porto la riforma elettorale che estendeva il diritto di voto a tutti i contribuenti. Primo ministro nel 1868, dovette ritirarsi dopo pochi mesi poiché le elezioni erano state sfavorevoli ai conservatori. Dopo un quinquennio di attività letteraria, nel periodo in cui il liberale W.E. Gladstone fu l’arbitro della politica inglese, D. tornò al potere come primo ministro nel 1874. In polemica con l’atteggiamento dei liberali, rivolto prevalentemente ai problemi di politica interna, si impegnò subito per rafforzare il prestigio dell’Inghilterra all’estero. Svolse un ruolo decisivo nel primato inglese sulle comunicazioni con l’India e l’Oriente e nel 1875 acquistò dal khedivè d’Egitto metà delle azioni del Canale di Suez. L’anno seguente fece conferire alla regina Vittoria il titolo d’imperatrice delle Indie. Ostile all’egemonia russa in Oriente, appoggiò in funzione antirussa la Turchia, con un atteggiamento che al tempo della rivolta della Bulgaria (1876) fu violentemente criticato da Gladstone e da un’ala del Partito conservatore. Scoppiata la guerra russo-turca, impedì allo zar Alessandro II di occupare Costantinopoli, facendo avanzare la flotta inglese nei Dardanelli (1878). Alla Conferenza di Berlino (1878), in cui fu abilissimo negoziatore, costrinse Alessandro II ad accettare la revisione dei patti con la Turchia: come contropartita alla cessione di Kars e Ardahan alla Russia persuase il sultano a cedere Cipro all’Inghilterra, conquistando una base preziosa nel Mediterraneo orientale. Nel 1876 la regina Vittoria lo nominò conte di Beaconsfield e D. ottenne il seggio alla Camera dei lord. Ma le elezioni del 1880, anche per la difficile situazione alla frontiera tra l’India e l’Afghanistan e per i moti scoppiati nell’Africa del Sud, furono avverse al Partito conservatore, che ormai si identificava con la politica imperialista del governo. D. abbandonò quindi definitivamente il potere, sopravvivendo di pochi mesi alla sconfitta elettorale.