DISSALAZIONE
(App. IV, I, p. 597)
Comunemente con d. si indicano le tecnologie di trattamento di acque marine o salmastre finalizzate alla produzione di acqua dolce per usi civili o per usi industriali.
In relazione alla sua salinità l'acqua si definisce dolce, moderatamente salmastra, salmastra o molto salmastra, quando la sua concentrazione salina è rispettivamente inferiore a 1000 ppm (1 g/l), compresa tra 1000 e 5000 ppm, compresa tra 5000 e 15.000 ppm, compresa tra 15.000 e 35.000 ppm. L'acqua del mare ha una concentrazione salina media di 35.000 ppm, pur potendosi registrare notevoli differenze di salinità tra i diversi mari a seconda della loro afferenza a un bacino più o meno chiuso agli scambi con le acque degli oceani, della maggiore o minore velocità locale di evaporazione, dell'influenza dovuta all'afflusso di fiumi di notevole portata. Così il mare del Golfo Arabico ha una salinità di quasi 50.000 ppm, il Mar Rosso di 43.000 ppm, il Mediterraneo di 39.000 ppm, l'Adriatico settentrionale di 29.000 ppm, il Mar Nero di 20.000 ppm e il Mar Baltico di 7.000 ppm.
L'acqua è certamente il composto chimico più importante per il genere umano, tanto che lo sviluppo socio-economico degli insediamenti civili e le condizioni di vita e di salute dei suoi membri sono condizionati dalla disponibilità di questa essenziale risorsa. L'acqua è anche un composto chimico estremamente abbondante in natura: copre circa il 71% della superficie terrestre ed è disponibile sul nostro pianeta in una quantità volumetrica pari a circa 8,54x108 km3. Purtroppo la sua massima parte non è direttamente utilizzabile dall'uomo, data la sua elevata concentrazione salina o il suo stato fisico. Bisogna infatti ricordare che, sebbene alcune popolazioni di aree particolarmente aride si siano abituate a utilizzare, per scopi potabili o agricoli, acque con salinità fino a 3000÷4000 ppm (3÷4 g/l), gli standard comunemente accettati per la potabilità dell'acqua pongono per la concentrazione salina un limite di 500 ppm (0,5 g/l), mentre per molte applicazioni industriali (produzione di vapore nelle centrali termoelettriche) è spesso richiesta una salinità anche inferiore a 1 ppm.
Orbene, tenendo conto di queste limitazioni, si stima che solo lo 0,06% di tutta l'acqua presente sulla Terra sia direttamente utilizzabile dall'uomo per scopi potabili, domestici, agricoli o industriali. Infatti circa il 97% dell'acqua presente sulla Terra è costituita dall'acqua del mare, più del 2% costituisce, sotto forma di ghiaccio, le calotte polari e del rimanente 1% la maggior parte è costituita o da acque salmastre, o da acque afferenti a falde acquifere sotterranee che scorrono a profondità superiore ai 300 m e che quindi sono di difficile captazione.
L'esigenza del ricorso alle tecnologie di d. è andata considerevolmente aumentando negli ultimi decenni per compensare il divario tra fabbisogno e disponibilità di acqua dolce.
Da un punto di vista globale si deve tener conto che il fabbisogno complessivo di acqua dolce aumenta con il crescere della popolazione mondiale e con il miglioramento del tenore di vita, che è strettamente legato al grado d'industrializzazione. Una recente stima valuta in 1,1 m3/giorno il fabbisogno pro capite di acqua dolce per un cittadino degli Stati Uniti, limitandosi a considerare i consumi connessi con un'alimentazione basata esclusivamente sul pane. Il fabbisogno pro capite effettivo è stato invece valutato in 6,6 m3/giorno tenendo conto anche dei consumi agricoli e industriali connessi con il soddisfacimento di tutte le esigenze attuali della popolazione.
Le disponibilità di acqua dolce sono legate sia al ciclo di questo composto sul nostro pianeta (evaporazione dalle superfici degli oceani e precipitazione sotto forma di pioggia o neve sulla terra ferma), sia alla capacità dei corpi idrici (fiumi, laghi, falde sotterranee) di raccogliere le precipitazioni in maniera adeguata a che possano essere utilizzate da parte dell'uomo.
Queste disponibilità si mantengono costanti al passare del tempo da un punto di vista quantitativo, mentre vanno, viceversa, in pratica diminuendo se si tiene conto del crescente stato d'inquinamento di moltissimi corpi idrici. Cionondimeno, da un punto di vista globale, la disponibilità di acqua dolce è tuttora superiore ai fabbisogni, ma ciò che rende in alcuni casi drammatico il problema dell'approvvigionamento idrico in vastissime aree della Terra è la non uniforme distribuzione delle disponibilità.
Si consideri infatti che oltre il 60% della superficie delle terre emerse si trova in zone aride o semiaride, e che l'aumento della popolazione mondiale (si è verificato un raddoppio negli ultimi 50 anni) si è andato prevalentemente concentrando proprio nelle zone caratterizzate da una notevole penuria delle disponibilità d'acqua.
Sebbene la possibilità di ottenere acqua potabile dal mare sia nota fin dall'antichità, il primo moderno impianto di d. è stato utilizzato circa 200 anni fa su di una nave per produrre acqua potabile da acqua di mare, mentre il primo impianto sulla terraferma è stato costruito, con le stesse finalità, oltre 100 anni fa in Aden.
L'inizio del notevole sviluppo di questo tipo di impianti può essere fatto risalire alla fine degli anni Quaranta, quando un gran numero di installazioni furono realizzate nel Medio Oriente e nel Golfo Arabico in particolare, dove i risultati economici dell'impulso dato dai governi locali all'industria estrattiva del petrolio consentirono di considerare trascurabili gli elevati costi della d. a fronte dei vantaggi derivanti dagli incrementi della disponibilità di acqua dolce in zone particolarmente aride come quelle.
Nel 1950 la capacità complessiva di tutti gli impianti di d. costruiti nel mondo era di circa 10.000 m3/giorno, nel 1960 era di 38.000 m3/giorno, nel 1970 e nel 1980 è stata valutata rispettivamente in 106 m3/giorno e 7,3x106 m3/giorno. Per il 2000 si prevede che il fabbisogno complessivo di capacità degli impianti di d. nei soli Stati Uniti sarà di circa 130x106 m3/giorno.
Anche le capacità dei singoli impianti sono andate via via aumentando, così se nel 1960 un impianto da 4000 m3/giorno poteva essere considerato di notevole capacità, oggi un impianto di medie dimensioni produce circa 20.000 m3/giorno di acqua dissalata, mentre gli impianti più grandi arrivano fino a 40.000 m3/giorno e la capacità del più grande complesso impiantistico del mondo, quello di Al Jubail in Arabia Saudita, è di 945.000 m3/giorno. Considerando solo gli impianti di capacità superiore ai 100 m3/giorno, tra quelli in esercizio e quelli in costruzione, nel 1980 ne sono stati censiti oltre 2200 e il loro numero è salito ormai a numerose migliaia.
Il mercato della d. ha tuttavia manifestato sintomi di debolezza negli ultimi anni. Il numero degli impianti realizzati ogni anno è andato progressivamente diminuendo a partire dalla fine degli anni Settanta. Ma il dato non è significativo in assoluto sul progressivo incremento della capacità di d., dato che non tiene conto dell'aumento delle capacità dei singoli impianti. Più interessante è il riferimento alla capacità complessiva di d. realizzata nel corso dell'anno che, dopo aver raggiunto un massimo nel 1980 con circa 1,7x106 m3/giorno, è scesa ormai sotto 0,5x106 m3/giorno.
Tra i principali metodi di d., quelli basati sull'evaporazione, quelli basati sull'elettrodialisi e quelli basati sull'osmosi inversa, i primi sono stati e sono tuttora quelli più largamente adottati.
Si è tuttavia registrato negli ultimi anni un significativo incremento del ricorso all'osmosi inversa. Infatti, se nel 1970 gli impianti evaporativi fornivano il 94,89% della capacità mondiale di acqua dissalata, quelli a elettrodialisi il 4,58% e quelli a osmosi inversa lo 0,53, a metà degli anni Ottanta le percentuali di cui sopra sono state valutate rispettivamente nel 75,10%, 4,70% e 20%, essendo il saldo, pari allo 0,20%, coperto da impianti ibridi, cioè da impianti basati sulla combinazione di diversi tipi di processo.
Tra i processi evaporativi il primo a essere applicato è stato quello a multipli effetti, con evaporatori costituiti da fasci tubieri sommersi dall'acqua salina da evaporare. L'inconveniente di questo tipo di evaporatori, che ha determinato il progressivo abbandono del loro impiego, è dovuto ai consistenti fenomeni di incrostazione delle superfici di scambio termico provocati dalla precipitazione di sali su di esse. Per risolvere questo problema fu sviluppato il processo sempre a multipli effetti ma con evaporatori a tubi verticali, e successivamente, agli inizi degli anni Sessanta, il processo a espansioni multiple che attualmente è il più utilizzato, tanto che ormai circa il 90% dell'acqua dissalata prodotta nel mondo con metodi evaporativi è ottenuta con impianti di questo tipo.
Nel 1960 fu prodotto il primo tipo di membrane, utilizzabili nei processi a osmosi inversa, attraente da un punto di vista commerciale, e lo sviluppo (peraltro notevole) di questo tipo di processo, estremamente interessante per i bassi consumi specifici di energia, è stato successivamente condizionato dai progressi tecnologici compiuti nella produzione di membrane sempre più efficienti e affidabili.
Il primo impianto basato sull'elettrodialisi fu avviato nel 1961, ma la convenienza economica di questo processo, limitata al trattamento di acque salmastre per la produzione di acqua potabile, assieme ad alcuni inconvenienti di esercizio, dovuti al limitato tempo di vita delle membrane, ne ha condizionato lo sviluppo, facendo mantenere costante nel tempo la percentuale della capacità mondiale di d. (circa il 5%) ottenuta con impianti di questo tipo.
Dato che ciascuno dei principali processi di d. presenta vantaggi peculiari, si comprende come siano state avanzate diverse proposte di soluzioni impiantistiche basate sull'abbinamento di più processi, con lo scopo di sfruttare contemporaneamente i loro specifici vantaggi. Si tratta di soluzioni non tutte ancora affermatesi industrialmente dopo la fase sperimentale; alcune delle più semplici e interessanti, oltre all'abbinamento del processo a espansioni multiple con il processo a multipli effetti, sono:
a) il processo che abbina un impianto a espansioni multiple con uno a termocompressione, in cui l'acqua di mare si preriscalda nella sezione di recupero e nel riscaldatore di testa del primo ed è quindi alimentata all'impianto di termocompressione (fig. 1);
b) il processo che abbina il principio della termocompressione a quello dei multipli effetti, in cui il vapore prodotto dall'ultimo effetto viene compresso e alimentato al primo (fig. 2);
c) il processo a espansioni multiple ed energia solare, in cui l'energia assorbita dal riscaldatore di testa del primo impianto è fornita in parte da collettori solari e in parte (quella necessaria per compensare la discontinuità dell'energia solare) da combustibile ausiliario (fig. 3);
d) il processo a osmosi inversa ed energia solare, in cui l'energia meccanica di pompaggio dell'acqua salina alimentata all'impianto a osmosi inversa è ottenuta da una turbina azionata dal vapore prodotto, in parte dall'energia termica captata da collettori solari e in parte da combustibile ausiliario (fig. 4).
Per comprendere gli specifici campi di applicazione, i limiti attuali e le prospettive di sviluppo dei principali processi di d. è bene ricordare i principi fisici su cui questi processi si basano (per i quali v. App. IV, i, p. 597).
Il processo a espansioni multiple, come tutti i processi evaporativi, produce acqua dissalata per condensazione di vapore rilasciato da acqua salina. Per sua natura quindi produce un'acqua teoricamente totalmente priva di sali. In pratica, a causa degli inevitabili trascinamenti di goccioline di fase liquida da parte del vapore, l'acqua dissalata ha una concentrazione salina di qualche ppm. Il fabbisogno energetico è di tipo termico e indipendente dalla concentrazione salina dell'acqua da trattare e di quella prodotta. Il rendimento del processo è strettamente legato alla massima temperatura raggiunta dall'acqua di mare nel riscaldatore di testa e quindi dalla messa a punto di trattamenti che consentano per la salamoia temperature sempre più elevate senza che si verifichino precipitazioni di sali in grado di formare, sulle superfici di scambio termico, incrostazioni che riducono il trasferimento di calore. Altro fattore limitante di questo tipo di processo riguarda la corrosione dei metalli a contatto con la salamoia a elevata temperatura o con la fase vapore evolvente da questa. Per il suo ulteriore sviluppo assumono quindi rilevanza fondamentale lo studio dei fenomeni di corrosione e la messa a punto sia di tecniche che ne consentano la riduzione, sia di materiali che realizzino il miglior compromesso tra costi e resistenza alla corrosione. Gli impianti a espansioni multiple sono caratterizzati dalla possibilità di realizzare notevoli economie di scala data la relativa facilità di costruire unità di notevoli dimensioni e capacità. Risulta quindi evidente la vantaggiosa utilizzabilità di questi impianti in tutti i casi in cui siano da trattare grandi portate di acqua, la salinità iniziale sia elevata e la salinità finale richiesta sia estremamente bassa.
Nel processo basato sull'elettrodialisi il fabbisogno energetico è di tipo elettrico e il consumo dipende sia dall'entità dei sali rimossi (da cui dipende l'intensità di corrente che attraversa il circuito) sia dalla resistenza elettrica del mezzo, legato alla conducibilità dell'acqua che scorre tra le membrane e inversamente proporzionale alla sua concentrazione salina. Risulta evidente la vantaggiosa utilizzabilità di questo processo per il trattamento delle sole acque salmastre a bassa concentrazione salina (3000÷5000 ppm) e quando la d. richiesta non sia troppo spinta. Oltre ai limiti teorici intrinseci alla natura del processo, un inconveniente pratico che ha penalizzato questi impianti è risultato quello connesso con il costo di sostituzione delle membrane che sono soggette a frequenti fenomeni d'intasamento, con conseguente diminuzione di efficienza, a causa della deposizione di sostanze colloidali organiche e inorganiche e di solfato di calcio. Diversi tipi di pretrattamenti dell'acqua sono stati sperimentati per eliminare questo inconveniente, senza tuttavia che possa dirsi completamente conseguito il risultato sperato. Questo sembra raggiungibile con un procedimento, in corso di perfezionamento, che prevede una periodica inversione della polarità degli elettrodi e una conseguente inversione del flusso degli ioni attraverso le membrane, che grazie a questo accorgimento presentano una vita utile molto più lunga.
Nel processo basato sull'osmosi inversa il fabbisogno energetico è di tipo meccanico essendo dovuto alla differenza di pressione necessaria tra le due facce della membrana perché si realizzi l'inversione del fenomeno osmotico e quindi il flusso della sola acqua attraverso le membrane. È fornito dalla pompa di alimentazione ed è tanto maggiore quanto maggiore è la salinità dell'acqua da trattare. È infatti una funzione crescente di quest'ultima la differenza tra le pressioni osmotiche delle soluzioni a monte e a valle delle membrane, che dev'essere superata dalla differenza delle pressioni idrostatiche perché il flusso si verifichi. La non assoluta impermeabilità delle membrane alle molecole dei sali comporta che un modesto quantitativo di questi ultimi le attraversi assieme alle molecole d'acqua, determinando un prodotto non perfettamente dissalato, e ciò tanto più quanto più elevata è la concentrazione dell'acqua da trattare. D'altro lato, quanto più elevata è l'impermeabilità delle membrane rispetto ai sali, tanto più basso è il loro coefficiente di flusso, cioè tanto minore è la portata di acqua per unità di superficie che riesce ad attraversarle.
Tenendo conto di ciò, e dato che le membrane sono assemblate in unità modulari prodotte in dimensioni standardizzate, si comprende come, all'aumentare della portata dell'acqua da trattare, si debba ricorrere alla disposizione di un numero via via crescente di moduli in parallelo, mentre, all'aumentare del tasso di d. desiderato, si debba ricorrere alla disposizione di più stadi in serie, ciascuno alimentato dall'acqua dissalata prodotta dal precedente e in grado di realizzare un ulteriore abbattimento della salinità (disposizione in serie rispetto al prodotto, come indicato in fig. 5A). È anche possibile la disposizione che prevede in alimentazione ai moduli del secondo stadio la salamoia concentrata prodotta dai moduli del primo stadio. In questo caso il prodotto finale dell'impianto è costituito dalla somma delle correnti di acqua dissalata prodotte dai moduli dei due stadi (disposizione in serie rispetto alla salamoia), come indicato in fig. 5B.
Nel processo a osmosi inversa l'aumento del consumo di energia al crescere della salinità dell'acqua da trattare è minore di quanto non si verifichi nel processo a elettrodialisi. Il primo processo è quindi vantaggiosamente impiegabile rispetto al secondo per trattare acque salmastre a elevate concentrazioni saline (> 5000 ppm), pur essendo entrambi limitati quando si desideri un prodotto a purezza più spinta di quella richiesta nell'impiego per usi potabili.
Bibl.: A. H. Khan, Desalination and water purification, 1: Desalination processes and multistage flash distillation practice, Amsterdam 1986; N. Lior, Desalination and water purification, 2: Measurements and control in water desalination, ivi 1986.