distruggere (destruggere)
Verbo adoperato con varia frequenza in tutte le opere di D.; è presente una volta anche nel Fiore, mai nel Detto. Da notare che nella Commedia, dove ricorre sei volte, d. è impiegato sempre nella forma del participio passato, sia pure in composizione col verbo ausiliare, e sempre in rima.
Nel significato di " disfare totalmente ", " annientare ": If XXIV 103 e poi che fu a terra sì distrutto (detto di un peccatore incenerito per il morso di un serpente); cfr. anche Fiore CXXVI 13.
Riferito figuratamente a entità astratte: Vn VIII 10 16 in gaia gioventute / distrutta hai l'amorosa leggiadria; XV 2 uno desiderio di vederla... che uccide e distrugge ne la mia memoria ciò che contra lui si potesse levare; Pg XVI 70 Se così fosse, in voi fora distrutto / libero arbitrio; e cfr. anche Vn XV 8 e XXXIX 6, Rime XC 11, Cv II Voi che 'ntendendo 27 (ripreso in IX 1, due volte), XII 7, III VIII 16, Pg XI 112, Pd II 72.
Anche figuratamente, riferito ad argomentazioni, nel senso di " annullare con ragionamenti ", " confutare ": Cv IV XIV 2 poi, a maggiore loro confusione, questa loro ragione anche si distrugge, per cui cfr. Mn I XIII 4, II V 22, Quaestio 26.
Nel senso meno radicale di " dissestare ", " rovinare ": Pd XX 60 avvegna che sia 'l mondo indi distrutto (allusione agli effetti nefasti prodotti nella cristianità dalla donazione di Costantino).
Sempre in un'accezione meno radicale, col valore di " disfare ", " consumare ", " ridurre in cattivo stato ", riferito per lo più alle crudeli operazioni di Amore, come termine tecnico-tematico d'immediata ascendenza cavalcantiana: Vn IV 3 Per cui t'ha così distrutto questo Amore ?; V 2 Vedi come cotale donna distrugge la persona di costui; XXXVI 5 9 Eo non posso tener li occhi distrutti (cioè vinti dal lungo pianto); e cfr. anche XI 2, XIV 5, XXXIV 9 6 Amor... / s'era svegliato nel destrutto core, dove il participio ha valore attributivo.
Discorde è la spiegazione del participio-aggettivo distrutte di If IX 79, riferito alle anime della palude Stigia che fuggono davanti al messo celeste (vid'io più di mille anime distrutte / fuggir): spiegazione oscillante tra il significato di " perdute ", " dannate ", presente già in alcuni commentatori antichi (Boccaccio, Buti, Landino) e ripresa tra i moderni dal Del Lungo, dal Sapegno e dal Chimenz; e il significato più specifico di " disfatte dalla paura ", " sgomentate ", suggerito dal Cesari e poi ripreso dal Tommaseo, dal Torraca, dal Vandelli e dal Porena. Da registrare ancora il significato, proposto da interpreti cinquecenteschi (Vellutello, Daniello, Castelvetro), di " malconce ", con riferimento al reciproco percuotersi e lacerarsi degli iracondi.