disturbo di personalità
Dimensione psicopatologica caratterizzata dalla presenza pervasiva, inflessibile e permanente di tratti di personalità disadattivi. Tali tratti causano una condizione di disagio soggettivo e significativo sul piano personale, sociale, lavorativo, clinico. In genere, i sintomi dei d. di p. sono egosintonici; compaiono generalmente durante l’adolescenza, ma in questa età presentano differenze, talvolta significative, rispetto agli adulti.
Dai tempi di Ippocrate la medicina ha cercato di mettere in relazione elementi costituzionali e qualità specifiche del carattere. Nel secolo scorso ciò ha portato alla definizione di temperamento e di personalità psicopatica. Un d. di p. è oggi definito come un modello abituale di esperienza o di comportamento che si discosta notevolmente dalla cultura a cui l’individuo appartiene e si manifesta in almeno due delle seguenti aree: esperienza cognitiva, affettiva, funzionamento interpersonale, controllo degli impulsi (comportamentale). Si ritiene che fattori genetici e fattori ambientali (tra i quali notevole importanza hanno i disturbi dell’attaccamento) concorrano nel determinare i disturbi di personalità.
Secondo la quarta ed. del DSM (Diagnostic and Statistic Manual), vi sono tre gruppi (clusters) nei quali si possono classificare i d. di p. in base ad analogie puramente descrittive, cioè non teoriche né eziologiche: il gruppo A, nel quale rientrano i disturbi di personalità paranoide, schizoide e schizotipico, include individui che appaiono strani o eccentrici; il gruppo B include individui la cui personalità appare emotiva, amplificativa e imprevedibile, e comprende i disturbi di personalità antisociale, istrionico, borderline e narcisistico; il gruppo C comprende i disturbi di personalità evitante, dipendente ed ossessivo-compulsivo (gli individui con questi disturbi appaiono spesso ansiosi o paurosi).