Dita
di Rosadele Cicchetti e Red.
Dita
Le dita sono i segmenti terminali della mano e del piede, di cui prolungano rispettivamente il metacarpo e il metatarso. Nell’uomo sono in numero di cinque per ciascun arto; si designano nella mano con il nome di pollice, indice, medio, anulare e mignolo, nel piede con il numero ordinale (1°, 2°, 3°, 4° e 5° dito; il 1° è detto anche dito grosso o alluce). Le dita sono formate da tre ossa (a eccezione del pollice e dell’alluce, costituiti da due), dette falange, falangina e falangetta, capaci di ampia articolarità flessoestensoria dei nodi interfalangei e anche di movimenti di abduzione e adduzione in corrispondenza delle articolazioni metacarpofalangee; in corrispondenza di tali articolazioni questi ultimi movimenti sono appena accennati. Le dita hanno caratteristiche morfologiche diverse nella mano e nel piede, in rapporto con la differente funzione (prensile e deambulatoria). Sulla faccia dorsale dell’ultima falange le dita presentano una lamina cornea, detta unghia.
La struttura a cinque dita, suddivise in tre elementi mobili, dell’arto dei Vertebrati terrestri è il risultato di un lungo percorso evolutivo. Il punto di partenza sarebbero i raggi delle pinne pettorali e pelviche di un particolare gruppo di Pesci ossei, dal quale si sono evoluti gli Anfibi; già un tipo di pesce osseo marino mostrava, infatti, tre raggi delle pinne pettorali trasformati in strutture simili alle dita, utilizzate per il movimento sul fondo marino. Inoltre, i reperti fossili degli Anfibi più antichi presentano, rispetto alle specie attuali, un numero maggiore di dita, probabilmente derivato direttamente dai numerosi raggi della pinna dei Pesci. Negli Anfibi viventi le dita sono quattro nell’arto anteriore e cinque nell’arto posteriore, con due o tre falangi per dito.
Le cinque dita sono tipiche anche dei Rettili, nelle cui forme primitive il numero delle falangi aumenta da due a cinque dal pollice al quarto dito, mentre il quinto dito ha dimensioni ridotte, con un minor numero di falangi e tende a divergere lateralmente dagli altri quattro. Questa conformazione sarebbe dovuta al fatto che la mano e il piede dei primi Vertebrati terrestri incontravano il terreno angolarmente, da cui la necessità che le dita del lato più esterno fossero più lunghe e che l’ultimo dito fosse laterale per agire come supporto. Le forme più evolute dei Rettili, che diedero origine ai Mammiferi, presentano una riduzione nel numero delle falangi fino ad arrivare a due per il primo dito e a tre dal secondo al quinto, che è la formula generale dei Mammiferi. Questo cambiamento può essere ricollegato alle modificazioni della posizione dell’arto, con tutte le dita che toccano ugualmente bene il terreno e possono quindi avere la stessa lunghezza. In alcune specie si riscontrano a carico delle dita interessanti modificazioni, dovute all’adattamento all’ambiente e allo stile di vita. Così, nei Rettili volatori, ormai estinti, il quarto dito era notevolmente allungato per sostenere la membrana cutanea alare, il quinto dito mancava e le altre tre dita erano trasformate in piccole strutture fornite di artigli. Negli Uccelli tutto l’arto anteriore è modificato per il volo e nell’ultimo tratto sono presenti solo tre dita rudimentali; nell’arto posteriore il quinto dito divergente è scomparso, mentre l’alluce è volto indietro come puntello per il piede. Nella mano e nel piede dei Mammiferi ancestrali erano presenti cinque dita e tale numero si è conservato in molte forme attuali. Tuttavia, nel corso dell’evoluzione le pressioni selettive verso una maggiore efficienza nel correre, nello scavare e nel catturare le prede hanno portato la maggior parte dei Mammiferi allo sviluppo di arti specializzati, talvolta con riduzione del numero delle dita. Così i felini, che camminano solo sulle dita, possono avvalersi di un arto allungato, che consente una locomozione più veloce, mentre gli equini si muovono su unghie modificate, e ciò comporta una notevole riduzione del numero di dita e un parallelo irrobustimento di quelle residue (il cavallo ha quattro dita negli arti anteriori e tre nei posteriori e il dito centrale, più lungo, ha l’ultima falange fornita di unghia a zoccolo sulla quale l’animale cammina). Altri adattamenti si sono verificati in alcune specie di Mammiferi in funzione del volo o del nuoto: i pipistrelli presentano l’allungamento abnorme di quattro dita, che possono così sostenere la membrana alare, mentre il quinto dito è libero e dotato di unghia; i Mammiferi acquatici, come balene e delfini, hanno gli arti anteriori trasformati in pinne, con dita che presentano fino a quattordici falangi, mentre le dita del piede, come tutto l’arto posteriore, sono regredite. I Primati hanno invece mantenuto ed elaborato il modello di base a cinque dita. Salvo poche eccezioni, le dita sono allungate e il pollice diverge dal piano formato dalle altre quattro dita per consentire una presa più efficace. Le dita dei Primati presentano diverse varianti: si possono avere polpastrelli espansi a disco, adatti ad afferrare i rami; dita allungate con falangi ricurve e pollice ridotto, per potersi più facilmente dondolare sui rami, come nell’orango; dita tozze, come nel gorilla, che usa la mano per camminare e afferrare oggetti.
Le dita nei Primati sono utilizzate anche per procurarsi il cibo: ne è un esempio una proscimmia del Madagascar che usa il terzo dito, molto lungo, come strumento per estrarre dalle fessure dei tronchi le larve di cui si nutre. Molti Primati possiedono unghie al posto degli artigli, in modo da lasciare libera la superficie tattile del dito e permettere così una maggiore sensibilità nell’esplorare e manipolare gli oggetti. Ciò riflette la tendenza evolutiva dei Primati verso un’abilità manuale sempre più raffinata, che raggiunge il culmine nell’uomo. Contrariamente agli altri Primati, infatti, nell’uomo le dita del piede non sono prensili, mentre quelle delle mani, con la loro capacità di convergere e divergere dal palmo, con l’opponibilità del pollice particolarmente sviluppata e la prensilità, diventano un eccellente strumento di lavoro. Il pollice è il dito più evoluto, sistemato in modo da potersi spostare lungo un angolo molto ampio; è dotato inoltre di articolazioni che gli consentono di toccare il palmo e di ruotare di 45° sul suo asse longitudinale, così da congiungersi, in opposizione, con tutte le altre dita.
Nell’uomo, gli arti si formano molto precocemente, fin dalla 4ª settimana, durante la quale compaiono le gemme, prima degli arti superiori, poi di quelli inferiori. Dopo l’allungamento degli abbozzi, le parti terminali appaiono slargate a ventaglio, al fine di consentire lo sviluppo dello scheletro delle dita. Al 46° giorno le dita della mano si separano in seguito
alla formazione e all’approfondimento di quattro solchi; nello stesso periodo le dita del piede appaiono ancora come raggi uniti. Al termine del 2° mese le dita della mano e del piede sono chiaramente definite. Al 4° mese cominciano a formarsi anche le unghie, come un ispessimento dell’epidermide, in prossimità della parte terminale delle dita.
Le dita possono essere sede di anomalie congenite (ectrodattilia ed ectrofalangia, cioè mancanza di dita o di falangi; polidattilia; sindattilia; macro- e microdattilia ecc.), di deformità acquisite, di processi flogistici acuti, di artrosi ecc. Il dito a martello è una deformazione delle dita del piede, consistente nella flessione verso il basso della prima articolazione interfalangea e nella posizione in estensione della seconda. Il dito a scatto è una sindrome caratteristica di alcune tenosinoviti croniche, che si manifesta nei movimenti di articolazione di un dito con un brusco arresto, che viene superato con uno scatto. Le dita ippocratiche (o a bacchetta di tamburo) si manifestano con un ingrossamento delle falangi distali, in concomitanza di cardiopatie congenite, processi infettivi a lungo decorso, malattie polmonari croniche.