diva
Con il significato di " donna, creatura divina ", ricorre in Pd IV 118 " O amanza del primo amante, o diva ", / diss'io appresso, " il cui parlar m'inonda / e scalda sì, che più e più m'avviva... ". " Il rendimento di grazie [di D. a Beatrice] si esprime nel linguaggio solenne della lirica aulica " (Sapegno), che ha suggerito l'uso del provenzalismo amanza, così espressivo delle idee e dei sentimenti dell'amore trobadorico; esso si colora però di una problematica dottrinaria già identificata dal Landino: Beatrice, " essendo la sacra teologia, è la divina sapienza: onde ottimamente la chiama amanza del primo amante, idest di Dio il quale è primo amore " (If III 6). L'appellativo d. ha perciò stretta attinenza con la trasfigurazione, teologica e poetica, che D. compie di Beatrice nel poema. Dono di grazia e centro vivente di beatitudine, ella è diva, così come sono dei (If VII 87) o dee (Pd XXVII 121) gli angeli, dii (V 123) o numi (XIII 31) i beati, dee (Pg XXXII 8) le tre donne raffiguranti le virtù teologali, apparse a D. nel Paradiso terrestre.
Un ulteriore chiarimento alla tematica concettuale implicita nel vocabolo è offerto da Cv II IV 2-6 (intelligenze, le quali la volgare gente chiamano Angeli... e chiamale Plato ‛ idee ', che tanto è a dire quanto forme e nature universali. Li gentili le chiamano Dei e Dee, avvegna che non così filosoficamente intendessero quelle come Plato), da IV Le dolci rime 112-120, e dal commento alla canzone in XX 3 (quelli che hanno questa grazia, cioè questa divina cosa [la nobiltà d'animo], sono quasi come dei).
Come bene osserva il Mattalia (nel commento a Pd V 123), l'uso di questi vocaboli, sebbene già noto al lessico biblico (Ps. 81, 6 " Ego dixi: Dii estis et filii Excelsi omnes "; Ioann. 10, 35 " illos dixit deos, ad quos sermo Dei factus est "), ha la sua prima spiegazione nell'applicazione analogica del linguaggio della mitologia classica. Di questo fenomeno si ha un esempio già in Boezio (Cons. phil. III pr. X 23-24 " quoniam beatitudinis adeptione fiunt homines beati, beatitudo vero est ipsa divinitas, divinitatis adeptione beatos fieri manifestum est. Sed uti iustitiae adeptione iusti... ita divinitatem adeptos deos fieri simili ratione necesse est "); anche più esplicitamente afferma Tommaso (Sum. theol. I 63 7c): " videtur haec opinio consonare positioni Platonicorum, quam Augustinus recitat in lib. de Civ. Dei VIII [capp. 6 e 7] et X [capp. 9, 10 e 11]. Dicebant enim quod omnes dii erant boni; sed daemonum quidam boni, quidam mali; deos nominantes substantias intellectuales, quae sunt a globo lunari superius ". E si veda anche Mn I XII 6, il commento del Busnelli a Cv IV XX 5 e Tommaso Sum. theol. I 12 5.
Per Pd XVIII 82, si veda DIVO.