divario di genere
loc. s.le m. Sperequazione sociale e professionale esistente tra uomini e donne.
• nella regione [Piemonte] che ancora rimane uno dei più importanti insediamenti industriali europei ci sono 140 mila persone che cercano lavoro, erano 90 mila a inizio del 2008. E sono gli uomini ‒ tradizionali addetti dell’industria ‒ a soffrire di più: l’aumento della disoccupazione, infatti, è in prevalenza maschile tanto che il divario di genere ‒ che ancora nella prima metà del 2008 era netto con il 4,8% per gli uomini e il 6,5 per le donne ‒ si è sensibilmente ridotto. Nel primo trimestre è arrivato al 6,7% per i maschi, al 7,3 per le femmine. (Marina Cassi, Stampa, 11 luglio 2009, p. 46) • La direttrice di filiale [Letizia Radoni] ha gestito la partita a suo modo: senso di responsabilità, correttezza e determinazione, ma mai un commento fuori luogo. Tra i tanti contributi dati al dibattito pubblico emerge quello sul divario di genere nell’economia italiana, un tema che, da donna, le sta molto a cuore. (Gilda Ferrari, Secolo XIX, 17 gennaio 2014, p. 10, Economia) • L’occupazione femminile [...] resta ferma al 47,1%, un tasso tra i più bassi in Europa, solo in parte compensato dal 65,9% dell’occupazione maschile. In un anno non c’è stata alcuna inversione di tendenza, resta il divario di genere che penalizza la popolazione femminile: basti pensare che il tasso di occupazione rispetto a dicembre 2014 è cresciuto dell’1% per gli uomini e del solo 0,1% per le donne. (G[iorgio] Pog[liotti], Sole 24 Ore, 3 febbraio 2016, p. 6).
- Composto dal s. m. divario, dalla prep. di e dal s. m. genere, ricalcando l’espressione ingl. gender gap.
- Già attestato nella Repubblica del 18 agosto 1995, p. 8 (Marco Politi).
> disparità di genere.