Divieto di proscioglimento predibattimentale in appello e prescrizione
Le sezioni unite della Cassazione sono state chiamate ad affrontare la questione dell’annullabilità o meno di una sentenza predibattimentale di appello, emessa in mancanza di contraddittorio, che a fronte della condanna in primo grado, analizzata l’evidenza dell’innocenza dell’imputato, aveva dichiarato l’estinzione del reato per prescrizione. Secondo il Supremo Collegio la causa estintiva prevale sulla nullità assoluta; conseguentemente il ricorso va dichiarato inammissibile (Cass. pen., S.U., 27.4.20179.6.2017, n. 28954).
L’imputato, condannato in primo grado, in ordine al reato di cui agli artt. 110, 81 cpv., c.p., art. 544 ter c.p., co. 1 e 2, (per avere sottoposto numerosi cavalli a maltrattamenti, concorrendo, quale medico veterinario, alla somministrazione di sostanze dannose per la loro salute al fine di migliorarne le prestazioni agonistiche), proponeva appello, prospettando vari motivi in fatto chiedendo di essere prosciolto.
I giudici d’appello, decidendo all’esito di una camera di consiglio fissata senza avviso alle parti e senza la loro partecipazione dichiarava non doversi procedere nei confronti dello stesso imputato per essere il reato estinto per prescrizione, non sussistendo i presupposti per un proscioglimento nel merito a norma dell’art. 129 c.p.p., dato che «le ampie e motivate argomentazioni del primo giudice» conducevano a escludere elementi per ritenere, in termini di incontestabilità, la insussistenza del fatto o la estraneità ad esso dell’imputato o la non rilevanza penale di quanto accertato.Proponeva ricorso per cassazione l’imputato, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata, deducendo la violazione degli artt. 601 e 429 c.p.p. e dell’art. 129, co. 2, c.p.p. A richiesta della III sezione la questione era rimessa alle Sezioni Unite.
Secondo la Cassazione va ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui nel giudizio d’appello non è consentita la pronuncia di sentenza predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell’art. 469 ovvero dell’art. 129 c.p.p. La disciplina del proscioglimento predibattimentale di cui all’art. 469 c.p.p., è dettata specificamente per il giudizio di primo grado, ma non può ritenersi applicabile nel giudizio di appello, in quanto ad essa non effettua alcun rinvio, esplicito o implicito, il combinato disposto degli artt. 598, 599 e 601 c.p.p.
Né la pronuncia de plano può essere emessa ai sensi dell’art. 129 c.p.p., in quanto l’obbligo del giudice di dichiarare immediatamente la sussistenza di una causa di non punibilità presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio, per cui il richiamo contenuto in quest’ultima disposizione ad «ogni stato e grado del processo» deve essere riferito al giudizio in senso tecnico, ossia al dibattimento di primo grado o ai giudizi in appello e in cassazione, atteso che, solo in tali ambiti, venendosi a realizzare la piena dialettica processuale fra le parti, il giudice dispone di tutti gli elementi per la scelta della formula assolutoria più favorevole per l’imputato.
Va, sempre secondo la Cassazione, ribadito che la sentenza predibattimentale di appello, di proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione, emessa de plano, sia viziata da nullità assoluta ed insanabile, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., co. 1, lett. b) e c), e art. 179, co. 1, c.p.p Di qui il problema se sia pregiudiziale la declaratoria di estinzione del reato o la causa di nullità.
Secondo il Supremo Collegio il ricorso per cassazione proposto nell’interesse dell’imputato dev’essere dichiarato inammissibile per carenza d’interesse. Infatti, se è indubbiamente fondato il rilievo della nullità assoluta ed insanabile della sentenza predibattimentale impugnata, siccome emessa de plano, in violazione del contraddittorio, tuttavia ciò non comporta la regressione del procedimento alla fase del merito, in quanto il giudice del rinvio non potrebbe far altro che confermare il medesimo esito terminativo del processo. Ciò perché dal complesso delle questioni e degli argomenti sollevati con il secondo motivo di ricorso non emergono, e neppure sono stati dedotti, elementi che rendano evidente ictu oculi la prova dell’innocenza dell’imputato. Sicché il giudice del rinvio dovrebbe svolgere accertamenti istruttori ulteriori ai fini di una complessa rivalutazione degli elementi di prova, incompatibili con l’obbligo dell’immediata declaratoria di estinzione del reato prescritto.
In primo luogo, va evidenziata la riformulazione della questione di diritto. Le Sezioni Unite sono investite da una questione di diritto così formulato: se la Corte di cassazione debba dichiarare la nullità della sentenza predibattimentale pronunciata in violazione del contraddittorio con cui si dichiara l’estinzione del reato per prescrizione o debba dare prevalenza alla causa estintiva del reato.
Le stesse Sezioni Unite riformulano il quesito nei seguenti termini: «se la Corte di cassazione debba dichiarare la nullità della sentenza predibattimentale di appello pronunciata in violazione del contraddittorio, con cui in riforma della sentenza di condanna di primo grado, è stata dichiarata l’estinzione del reato per prescrizione o, invece, debba dare prevalenza alla causa estintiva del reato».
La precisazione: «sentenza predibattimentale di appello ... in riforma della sentenza di condanna di primo grado», seppur necessaria, non è stata percepita nella sua valenza dello stesso Collegio, come, invece, puntualmente colto nella sua specificità (“in questo caso”) dalla memoria depositata dall’Avvocato generale (che poi sembra aver mutato orientamento).
Il caso specifico, infatti, assume un decisivo rilievo. L’imputato, condannato in primo grado, appella la sentenza deducendo vari motivi di merito, chiedendo il proscioglimento. La Corte d’appello in sede di atti preliminari al dibattimento, decidendo in camera di consiglio fissata senza avviso alle parti e senza la loro partecipazione dichiarava non doversi procedere per essersi estinto il reato per prescrizione. Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato chiedendo l’annullamento della sentenza.
Ribadendo la propria giurisprudenza in materia, il Supremo Collegio dichiarava il ricorso inammissibile in quanto «nell’ipotesi di sentenza predibattimentale d’appello, pronunciata in violazione del contraddittorio con il quale in riforma della sentenza di condanna di primo grado, è stata dichiarata l’estinzione del reato per prescrizione la causa estintiva del reato prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza, sempre che non risulti evidente la prova dell’innocenza dell’imputato, dovendo la Corte di cassazione adottare in tal caso la formula di merito di cui all’art. 129 comma 2 c.p.p.». È indubbio che la Cassazione in presenza di un giudizio d’appello viziato da nullità assoluta, in presenza di una causa estintiva del reato, non possa o debba disporre l’annullamento con rinvio, qualora l’innocenza dell’imputato non emerga nei termini dell’art. 129, co. 2, c.p.p. Il problema che doveva essere considerato riguardava una pronuncia predibattimentale.
Nella motivazione della decisione si leggono due affermazioni che sono sicuramente contraddittorie. La prima. In termini generali, si ribadisce il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui nel giudizio d’appello non è consentita la pronuncia di sentenza predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell’art. 469 ovvero dell’art. 129 c.p.p.
In altri termini, nel giudizio d’appello la sentenza predibattimentale – con o senza contraddittorio – non può essere pronunciata.
La seconda. In virtù della garanzia offerta dal confronto dialettico delle parti anche sulla causa di estinzione e in difetto di una rinuncia espressa alla prescrizione, l’imputato non può pretendere la rinnovazione del giudizio di merito.
Delle due l’una. O la sentenza predibattimentale d’appello si può pronunciare, oppure la sentenza predibattimentale d’appello, non si può pronunciare. Se non si può pronunciare, non è questione di contraddittorio o di non contraddittorio nel predibattimento; è una questione di incompetenza funzionale. Invero, come evidenziato da autorevolissima dottrina non era possibile applicare l’art. 421 c.p.p. abrogato, pur ritenuto applicabile, né nel caso in cui l’imputato condannato avesse appellato chiedendo il proscioglimento, né nel caso in cui il p.m. avesse appellato la sentenza di proscioglimento chiedendo la condanna.
In altri termini, nella situazione delineata – fatta salva la riferita insanabile contraddizione della non applicabilità dell’art. 469 c.p.p. e dell’applicabilità dell’art. 469 c.p.p. – i giudici dell’appello dovevano procedere alla citazione delle parti e a sviluppare, nei limiti richiesti e ritenuti meritevoli, il giudizio d’appello che ben si sarebbe potuto concludere o con una decisione di merito ovvero con la declaratoria di estinzione del reato.
Non sarebbe stato inopportuno considerare quanto affermato da Cass. pen., S.U., 15.1.2005, n. 12283, De Rosa, in relazione all’applicabilità dell’art. 129 c.p.p. in udienza preliminare.