DIVISIONE
. Diritto (XIII, p. 64). - La divisione ha per effetto la sostituzione delle parti alle quote nell'oggetto del diritto del partecipante. Caratteristica essenziale ne è quindi la disciplina degli atti compiuti sulle quote o sui beni singoli durante la comunione: in linea di massima, il problema si pone per ogni sorta di comunione: cioè, di comunione non personificata (o propriamente detta) ovvero, di comunione più o meno autonoma rispetto ai partecipanti (associazioni non riconosciute; società di persone) o, infine, di comunioni personificate (società di capitali); ma ben diversi sono i criterî, in virtù dei quali, nelle ultime due ipotesi, il problema è risolto.
Nella comunione non personificata, il modus procedendi che l'articolo 757 cod. civ. 1942, alla stessa guisa dell'art. 1034 del codice 1865, delinea per la sola comunione ereditaria si ispira all'effetto dichiarativo della divisione. Ogni coerede è reputato solo e immediato successore in tutti i beni componenti la sua quota e a lui pervenuti dalla successione, e non si considera aver egli mai avuto la proprietà degli altri beni ereditarî. In altri termini: i beni assegnati al coerede si trasferiscono direttamente a quest'ultimo dal de cuius, senza che abbia giuridica rilevanza lo stadio intermedio della comunione, con la conseguenza che gli atti di disposizione compiuti sui beni assegnati agli altri partecipanti sono inefficaci.
Alla interpretazione lessicale dell'art. 757 l'art. 2825 apporta una duplice deroga: in primo luogo, ancorché l'immobile, gravato da ipoteca, non sia compreso tra quelli assegnati al debitore, la ipoteca non è inefficace, ma si trasferisce sugli altri beni assegnati a chi concesse l'ipoteca col grado derivante dalla originaria iscrizione, purché l'ipoteca sia iscritta nei limiti del valore in precedenza ipotecato, quale risulta dalla divisione, entro novanta giorni dalla trascrizione della divisione; in secondo luogo, non solo i creditori ipotecarî, i quali non abbiano ottemperato agli oneri dianzi indicati, ma i cessionarî di un partecipante, al quale siano stati assegnati beni diversi da quelli ipotecati o ceduti, lungi dal conservare una mera ragione personale di risarcimento di danni verso il non dominus, possono far valere le loro ragioni sulle somme dovute al partecipante a titolo di conguaglio, o, qualora sia stata attribuita una somma di denaro in luogo dei beni in natura, su tale somma. Gli atti di disposizione compiuti nei limiti della quota rimangono in tutto e per tutto fermi se oggetto ne siano beni compresi tra quelli in definitiva assegnati, mentre, lungi dall'essere inefficaci, si trasformano nell'oggetto (pretium succedit in locum rei) se i beni gravati o alienati non siano tra quelli assegnati.
Il diritto alla divisione fa parte della complessa posizione che l'ordinamento giuridico attribuisce al partecipante, ma non è propriamente un diritto, sibbene un potere, che ha il partecipante, di sostituire, indipendentemente dal consenso degli altri, alla comunione lo stato di divisione trasformando le quote in parti: è, in una parola, un diritto potestativo che, in quanto tale, non è prescrittibile (argom. ex art. 714). L'esercizio di tale diritto può essere paralizzato da eventi negoziali o naturali.
Se si tratta di comunione ereditaria: a) il testatore, ove tutti gli eredi o alcuni di essi siano minori di età, può disporre che la divisione non abbia luogo prima che sia trascorso un anno dalla maggiore età dell'ultimo nato, ovvero, senza por mente alla minore età degli eredi, che la divisione della eredità o di alcuni beni non abbia luogo prima che sia trascorso dalla sua morte un termine non eccedente il quinquennio (in entrambi i casi, il giudice, qualora gravi circostanze lo richiedano, può, su istanza di uno o più coeredi, consentire che la divisione si effettui senza indugio o dopo un termine minore di quello stabilito dal testatore: art. 713 cod. civ.); b) se sia per verificarsi un fatto o per compiersi un atto (nascita di un concepito chiamato alla eredità; pendenza di un giudizio sulla legittimità o sulla filiazione naturale di chi, in caso di esito favorevole del giudizio, sarebbe chiamato a succedere; svolgimento della procedura amministrativa per l'ammissione del riconoscimento previsto dal 4° comma dell'art. 252 o per il riconoscimento dell'ente istituito erede), che influisce sulla qualità di condividente (in ogni caso, il giudice può ordinare la divisione fissando le opportune cautele); c) ove mai sian chiamati, senza determinazione di quota, alla eredità nascituri non concepiti, la divisione può essere effettuata mediante attribuzione di tutti i beni ereditarî o di parte di essi agli altri coeredi disponendo le opportune cautele a favore dei nascituri (art. 715); d) non possono comprendersi nella divisione i beni costituenti il patrimonio mobiliare familiare prima che tutti i figli abbiano raggiunto la maggiore età, ammenoché i beni non facciano parte della quota legittima dell'asse del coniuge proprietario dei beni e il giudice non ritenga di sciogliere il vincolo (articoli 715, 716).
Si tratti di comunione ereditaria o no: a) la divisione può, in tutto o in parte, essere, per un periodo non eccedente i cinque anni, sospesa per ordine del giudice, il quale ritenga che l'immediata sua esecuzione rechi notevole pregiudizio al patrimonio ereditario (articoli 717, 1111); b) i partecipanti possono pattuire di rimanere in comunione per un periodo di tempo non maggiore di dieci anni, o, se fissato per una durata maggiore, riducibile a tale periodo; ma, nonostante il patto che ha efficacia anche per gli aventi causa dai partecipanti, il giudice può, per gravi circostanze, ordinare lo scioglimento della comunione prima del tempo convenuto (art. 1111); c) la divisione non può aver luogo quando si tratti di cose che, se divise, cesserebbero di servire all'uso al quale sono destinate (art. 1112; v., però per la comunione ereditaria, le più complesse formule adottate dagli articoli 720 e 722).
La divisione amichevole è un contratto bi- o pluri-laterale, che ha per causa la eliminazione dello stato di comunione e per oggetto la determinazione e l'assegnazione delle parti dei beni comuni ai condividenti; si svolge attraverso non poche fasi: determinazione del valore globale dei beni comuni, formazione delle quote e assegnazione cui si conviene di procedere per sorteggio. La realtà pratica presenta inoltre figure, in cui le singole operazioni preliminari assurgono ad oggetto esclusivo del negozio, ovvero a contratti normativi, nei quali ci si limita ad indicare i criteri cui le parti si obbligano ad ottemperare nella futura divisione.
Il contratto di divisione vera e propria ha efficacia precipuamente reale, ma, se sono pattuiti conguagli, può produrre effetti obbligatorî. Esso, se ha per oggetto immobili, deve essere fatto per atto pubblico o per scrittura privata sotto pena di nullità (art. 1350, n. 11); se ha per oggetto immobili o beni mobili registrati, deve essere trascritto (articoli 2646,2685) e gli effetti, che discendono dal compimento della pubblicità, si sostanziano in ciò che coloro i quali hanno acquistato e legalmente conservato diritti, assoggettati a trascrizione o ad iscrizione, nei confronti dei condividenti e dei coeredi, ovvero hanno trascritto l'atto di opposizione previsto dall'art. 1113, debbono essere chiamati a partecipare alla divisione, in difetto di che questa è ad essi inopponibile. Gli articoli 2646 e 2685, se non sono sufficienti a dimostrare la natura traslativa della divisione, ribadiscono ancor più la rilevanza data dal vigente codice alla fase della comproprietà, sia pure per quota, dell'intero bene (o complesso di beni) comune, rispetto alla pura applicazione del principio dichiarativo.
Per stipulare la divisione è necessaria la piena capacità: il genitore, esercente la patria potestà, e il tutore dell'interdetto debbono essere autorizzati dal giudice tutelare (articoli 320, 424 cod. civ.), il tutore dal tribunale (art. 375), il minore emancipato e l'inabilitato dal giudice tutelare e, ove il curatore non sia il genitore, dal tribunale su parere del giudice tutelare (art. 394).
Si tratti di comunione ereditaria o no, ciascuno dei partecipanti ha diritto alla sua parte in natura dei beni comuni (articoli 718, 1124), ma nulla esclude che, per consenso dei partecipanti, si deroghi a questa regola anche al di fuori dei casi previsti dagli articoli 720, 722 cod. civ.
La divisione amichevole, mentre può essere inficiata dalle cause di nullità previste dall'art. 1420, è regolata, per quel che attiene alle cause di annullabilità, dall'art. 761, che non ammette la impugnazione per vizio di errore; altri rimedî sono a questo scopo apparecchiati con la rescissione per lesione e con il supplemento di divisione.
La domanda, con la quale si dà inizio al giudizio di divisione, deve essere proposta nei confronti di tutti i partecipanti e, se vi sono, dei creditori opponenti.
L'ordo del giudizio di divisione consta di talune caratteristiche specifiche, in parte comuni alla procedura di rendiconto.
Esse sono la riconosciuta possibilità di commettere, una volta accertato il diritto alla divisione, le operazioni divisionali al notaio, in luogo del giudice istruttore; la tendenza a rivestire della forma di ordinanza provvedimenti decisorî, che non siano preceduti da contestazione (art. 785 cod. proc. civ. per il diritto alla divisione; art. 789 per la esecutorietà del progetto di divisione; v. anche l'art. 790 per le contestazioni insorte nel corso delle operazioni avanti il notaio). Una volta accertato o presupposto il diritto alla divisione, il giudizio si svolge attraverso tre fasi normali (formazione dello stato attivo e passivo; formazioni delle parti; assegnazioni), cui si aggiungono eventualmente l'alienazione dei beni di cui non sia possibile l'attribuzione o la divisione in natura, e, se si tratti di comunione ereditaria, le collazioni, imputazioni e i prelevamenti. Le operazioni di formazione ed assegnazione delle porzioni possono essere d'accordo deferite a un notaio (art. 730 cod. civ.).
La divisione può essere impugnata con rescissione per lesione oltre il quarto (art. 763 cod. civ.): questo rimedio - che è ammesso anche contro atti, i quali, pur essendo diversi dalla divisione, hanno per effetto di far cessare la comunione tra i partecipanti (art. 764) e si prescrive in due anni (art. 763) - può essere impedito dal partecipante convenuto il quale dia il supplemento in denaro o in natura agli attori (art. 767 cod. civ.). La omissione di uno o più beni comuni, non cagiona la nullità della divisione, ma ne giustifica il supplemento.
Bibl.: G. Deiana, Problemi e riforme in tema di divisione, in Riv. dir. comm., 1946, I, 420; A. Cicu, La natura dichiarativa della divisione nel nuovo codice civile, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1947; id., La divisione ereditaria, Milano 1947; G. Pavanini, Natura dei giudizi divisori, Padova 1942; E. Allorio, Giudizio divisorio e sentenza parziale con pluralità di parti, in Giur. it., 1946, I, i, 79; F. Carnelutti, Meditazione sul processo divisorio, in Riv. dir. process., 1946, II, p. 22; S. Satta, Sulla natura giuridica del processo di divisione, in Foro it., 1947, I, p. 356; id., Diritto processuale civile, Padova 1948, pp. 502-504.