DIYARBEKIR (A. T., 73-74)
Città e regione dell'Anatolia meridionale. Il territorio dell'antica Amida (v.), in arabo e in turco Amid, prese il nome di Diyarbekir dall'esservisi stanziata (fine sec. IX d. C.) la tribù araba dei Bakr ibn Wā'il (arabo Diyār Bakr "dimora dei Bakr", pron. turca Diyār Bekir, nella grafia attuale Diyarbekir); questo nome si applicò più tardi, in senso stretto, alla capitale.
Diyarbekir è situata sulla riva destra del Tigri, a 660 m. s. m.; la città è circondata da duplice muraglia con torri, ha una cittadella interna e quattro porte monumentali. Fu sede dell'esteso vilâyet omonimo dell'Impero ottomano e dal 1923 è sede di vilâyet della Repubblica di Turchia. Nel 1890 contava 35.000 ab., di cui 15.000 Turchi, 4000 Curdi, un migliaio d'Arabi di Siria, 10.000 Armeni gregoriani e cattolici, un migliaio di Greci e 2000 Caldei e Siriani cattolici. Nel censimento 1927 la popolazione risultò di 31.511 ab., quasi tutti Turchi e Curdi: l'esodo degli Armeni verso la Siria continuava ancora recentemente. Fu il principale teatro della rivolta curda contro il governo di Angora nella primavera del 1925. Diyarbekir è situata sull'importante strada che va da Samsun a Mossul attraverso Amasya, Sïvas e Harput. È in progetto una ferrovia che l'unirà al bacino minerario di Arghanà (o Erghani), a Elâziz (Harput), Malatya, MaraŞ e FevzipaŞa sulla linea Adana-Aleppo. Nel suo territorio si coltivano riso (nelle zone irrigate dal Tigri), cotone, cereali in genere; vi sono abbastanza attivi anche l'allevamento del baco da seta e l'industria tessile.
Storia. - Conquistato dagli Arabi nel 640, poi caduto, nel secolo X, in potere della dinastia dei Banū Uqayl, il Diyarbekir nel 958 fu per breve tempo occupato in parte (compresa la capitale) dai Bizantini; poi passò successivamente sotto la dinastia del curdo Abū ‛Alī b. Marwān (990-1096), dei Selgiūqidi (1096-1183) e degli Ortūqidi, diviso in vari piccoli dominî, i quali ora furono riuniti sotto un medesimo sovrano, ora appartennero a diversi principi sotto la sovranità nominale degli Ayyūbidi fino alla caduta di questi (1252). Amida, Ḥiṣn Kayfā, Māridīn, Mayyāfāriqīn furono le pnncipali sedi di questi piccoli stati, i quali furono spesso in lotta coi crociati. Sommerso dall'invasione mongola, che tuttavia risparmiò il ramo ortūqida di Māridīn, il Diyarbekir fece poi parte successivamente dei due regni turcomanni dei Qarā Quyūnlū e degli Āq Quyūnlū, finché fu annesso al regno ṣafawide di Persia nei primi anni del sec. XVI; ma nella guerra tra lo scià Ismā‛īl e il sultano ottomano Selīm I cadde in potere di quest'ultimo (1512) e fece parte dell'Impero ottomano fino al 1918.
Antica sede di vescovadi, e come tale importante nella storia religiosa e letteraria della Siria, il Diyarbekir decadde grandemente prima per l'occupazione degli Arabi nomadi, poi per quella dei Curdi, egualmente nomadi e non meno infesti alla civiltà. Fu teatro di massacri e di devastazioni, specialmente negli anni della guerra mondiale (1914-1918).
Monumenti. - Dell'antica Amida, rimane una celebre muraglia eretta da Costantino e Giustiniano, poi rinforzata nel periodo islamico, con circa 90 torri di varia forma. Quattro porte fiancheggiate da doppie torri s'aprono nelle mura, in cui sono incastrate molte iscrizioni dei secoli X-XIII. Rimangono inoltre resti della chiesa di S. Maria, su pianta centrale, e di quella di S. Tommaso, edificata nel 629 da Eraclio e trasformata in moschea maggiore (Ulu Giāmi‛) nel sec. XI; le due facciate del sec. XII contengono molti frammenti tolti da monumenti antichi e cristiani. Il ponte sul Tigri, con 10 archi ogivali, fu eretto dal 1065 al 1068.
Bibl.: V. Cuinet, La Turquie d'Asie, Parigi 1891-95, III, pp. 450-460; L. Vannutelli, Anatolia Meridionale e Mesopotamia, Roma 1911, pp. 321-330; ‛Alī Emīrī ‛Othmānli vilāyēt-i shergiyyesi, Costantinopoli 1918. Per la storia del Diyarbekir, v.: M. v. Berchem e J. Strzygowski, Amida, Matériaux pour l'épigrapie et l'histoire musulmane du Diyar-Bakr, Heidelberg 1910. Per i monumernti, v.: S. Guyer, Amida, in Rep. f. Kunstw., XXXVIII (1916), p. 193 segg.; Reuther, in Wasmuths Lexikon d. Baukunst, II, Berlino 1930; J. Strzygowski, Les vestiges d'art chrétien primitif près de l'église arménienne de D. et leur décoration irano-nordique, in Mélanges Ch. Diehl, Parigi 1930, II, pp. 197-205.