BARNES, Djuna
Scrittrice statunitense, nata a Cornwall-on-Hudson (New York) il 12 giugno 1892, morta a New York il 18 giugno 1982. Studia arte a New York ed esordisce giovanissima come giornalista. La sua prima opera, The book of repulsive women (1915), raccoglie otto ''ritmi'' e cinque disegni; si tratta per lo più di caustiche filastrocche sull'umanità degradata del Greenwich Village. Suoi racconti di grande incisività e brevi drammi cominciano ad apparire su numerose riviste d'avanguardia, spesso firmati con lo pseudonimo di Lydia Steptoe; ne è una piccola ma significativa scelta il volume A book (1923), ampliato sotto il titolo di A night among the horses (1929), rivisto e riproposto ancora come Spillway (1962; trad. it. La passione, 1979). Una nuova raccolta, Smoke and other early stories, sarà pubblicata postuma (1982).
All'inizio degli anni Venti è a Parigi, dove diventa una delle più singolari protagoniste del movimento modernista promosso dagli espatriati inglesi e americani (E. Pound, J. Joyce, G. Stein, F. M. Ford, ecc.). Il suo primo romanzo, Ryder (1928 e 1972; trad. it., 1989), la storia di una famiglia americana, è in realtà una sferzante satira della mascolinità, condotta secondo i modi del romanzo settecentesco e con straordinario funambolismo linguistico. Nell'opera semiseria Ladies almanack (edito a Parigi nel 1928 e a New York solo nel 1972) si prende invece gioco di un gruppo di colte sostenitrici del culto di Lesbo, assidue frequentatrici di un famoso salotto parigino dell'epoca. Nella Parigi degli espatriati è ambientato il romanzo Nightwood (1936; trad. it. Bosco di notte, 1968, e La foresta della notte, 1983), il suo capolavoro: la storia di Robin, una bella schizofrenica, oggetto di desiderio di uomini e donne, che si sottrae a tutti conducendo una vita separata, notturna, da sonnambula. Temi complessi, esoterici e conturbanti sono espressi in un linguaggio lirico di grande sapienza, il cui ritmo porta alla massima intensità la materia. Ritiratasi a New York, dopo un lungo silenzio B. ritorna alle stampe con The Antiphon (1958), un dramma greco-elisabettiano in versi, un esempio estremo di teatro alienante per le difficoltà del linguaggio e le implicazioni della trama. Negli ultimi anni si è dedicata quasi esclusivamente alla poesia, preparando per le stampe solo un esile volume pubblicato dopo la sua morte, Creatures in an alphabet (1982): un bestiario illustrato che, apparentemente rivolto ai bambini, nasconde invece la quintessenza della sua arte dotta e misterica.
Altre opere: Selected works, 1962, 1980; Interviews, a cura di A. Barry, 1985.
Bibl.: E. Zolla, D. Barnes, in Studi americani, 5 (1959), pp. 301-13; J. B. Scott, D. Barnes, Boston 1976; L. F. Kannenstine, The art of D. Barnes: Duality and dam nation, New York 1977; A. Cagidemetrio, Una strada nel bosco, Vicenza 1980; C. Ricciardi, D. Barnes, in I contemporanei. Letteratura americana, a cura di E. Zolla, i, Roma 1982, pp. 583-629; A. Field, The life and times of D. Barnes, New York 1983 (trad. it., 1984).