DOCTRINA
Il vocabolo, come la sua base doctus, mantiene evidente la sfumatura lessicale di "erudizione", contrapposta all'ingegno naturale. In Vitruvio la d. è talvolta disgiunta dalle artes: "artibus et doctrinis", i, 1, 12; talaltra considerata come un'ars: "non potest esse architectus grammaticus... musicus,... pictor ut Apelles,... plastes quem admodum Myron seu Polyclitus,... nec in ceteris doctrinis singulariter excellens, etc.", i, 1, 13, cfr. i, 1, 14; pertantò, la pittura e la scultura sono, sotto un certo rispetto, anche "doctrinae". Ma si torna perplessi quando troviamo che Apelle ha scritto volumina quae doctrinam eam continent (Plin., Nat. hist., xxxv, 79) perché abbiamo motivo di pensare che il valore del vocabolo si riferisca solo agli accorgimenti tecnici e teorici che Apelle ha introdotto, e che gli altri non conobbero. Nella classificazione degli artigiani del tardo Impero troviamo queste distinzioni: "inter artifices longa differentia est et ingenii et naturae et doctrinae et institutionis (Ulp., Dig., xlvi, 3, 31): nelle quali è difficile per noi separare l'"ingenium" dalla "natura" e la "doctrina" dalla "institutio" (v. doctus).