Dolci
Il termine è riferito a una vasta gamma di prodotti alimentari molto diversi fra loro come categoria merceologica, composizione e valore nutritivo, accomunati soltanto dal sapore dolce, ottenuto generalmente attraverso l’impiego di zucchero o miele o, nel caso dei prodotti destinati a un’alimentazione particolare, di edulcoranti alternativi. Le categorie merceologiche nelle quali rientrano i dolci più comuni sono fondamentalmente quattro: i prodotti della biscotteria e pasticceria (biscotti, torte, le cosiddette merendine ecc.); i prodotti della confetteria (caramelle, gelatine, torrone, gomme da masticare ecc), i gelati (sfusi o confezionati) e, infine, il cioccolato e i prodotti a base di cacao (cioccolatini, snack al cioccolato ecc.). Presenti da tempi antichissimi nella storia della civiltà, i dolci hanno sempre avuto, oltre al ruolo alimentare, anche un importante significato rituale, un tempo collegato al loro impiego quale dono propiziatorio offerto alle divinità in occasione delle grandi solennità religiose, ma oggi ancora vivo nel loro uso quale simbolo associato alle più importanti occasioni di festività e ricorrenze della vita dell’uomo.
I primi dolci veri e propri di cui si ha notizia risalgono ai tempi degli antichi greci, che conoscevano almeno una cinquantina di ricette per produrli. Il tipo più diffuso, il plakoàq, era una sorta di biscotto che veniva preparato con farina d’avena miscelata a miele e formaggio bianco. Tra i romani, gli ingredienti dei dolci erano pressoché gli stessi. Uno di essi, preparato in sfoglie di pasta farcita con formaggio e miele, era chiamato placenta, da placenda est, «destinato a piacere». Come fra i greci, anche nel mondo latino i dolci avevano un significato simbolico e augurale: ne è un esempio il rito della confarreatio, nel quale gli sposi offrivano a Giove Capitolino un dolce di farro, usanza in qualche modo sopravvissuta ancora oggi nella tradizionale torta nuziale. Altri dolci venivano preparati per offrirli al dio Giano, cui era dedicato il mese di gennaio, a scopo propiziatorio per il nuovo anno.
Allo stesso modo, in tempi successivi e fino ai giorni nostri, i dolci hanno continuato a essere associati a ricorrenze e festività, così come a tutti i riti di passaggio, quali battesimi, compleanni, matrimoni, sempre con un duplice significato, alimentare e simbolico, al pari, del resto, di quanto avviene con il pane.
Nel tempo, l’arte della pasticceria è andata progressivamente affinandosi e, eccettuato un periodo di crisi durante il Medioevo, con i fasti del Rinascimento e del Cinquecento essa ha trovato un nuovo impulso, soprattutto grazie agli abilissimi pasticceri italiani, impiegati nelle corti europee, che portarono innovazioni di ogni tipo, tra cui le prime confetture e marmellate. Nel secolo successivo, il Seicento, furono soprattutto i pasticcieri francesi ad affermarsi, mentre cominciarono a farsi sentire gli influssi delle grandi scoperte e dei viaggi di esplorazione nei diversi continenti: fu così che, con l’importazione del cacao proveniente dall’America, si giunse all’altra rivoluzione dolciaria dopo quella della canna da zucchero, che era stata introdotta in Europa dai Crociati.
Il Settecento è invece il secolo dei piccoli dolci e dei confetti, che, inizialmente consumati solo dalle nobili, ricche famiglie delle corti reali, si diffusero successivamente anche a livello borghese, in concomitanza con i grandi rivolgimenti sociali. A quell’epoca risale la maggior parte delle ricette della tradizione dolciaria italiana, anche se molte di queste, a loro volta, erano il risultato di elaborazioni di ricette molto antiche.
Data la grande varietà dei tipi di dolci, ognuno di essi può essere considerato un alimento dal valore nutrizionale diverso, a seconda degli ingredienti con i quali viene prodotto. Oltre allo zucchero, gli ingredienti più frequentemente impiegati sono cereali, come grano, riso e orzo (che forniscono soprattutto amidi e proteine), uova e latte (fonti di proteine di elevata qualità biologica e di calcio), o anche cacao e frutta (che contengono soprattutto minerali, fibra e vitamine). Nella tab. 1 vengono riportati il contenuto in principi alimentari energetici e il valore calorico totale, espressi per 100 g di prodotto, per i dolci più comunemente consumati, mentre nella tab. 2 si trovano i valori delle quantità di proteine, lipidi, carboidrati e calorie contenuti in una porzione media di dolci di vario tipo. Come si vede dai valori riportati, lo zucchero quale principio nutritivo quasi unico si trova nelle caramelle, nella marmellata e nel sorbetto al limone, mentre negli altri prodotti è accompagnato da quote più o meno importanti di proteine, lipidi e amido. Ovviamente, il valore calorico finale risente della composizione in principi nutritivi energetici e, in particolare, della quota lipidica presente, in quanto questa è la più importante dal punto di vista energetico (9 kcal/g). Di particolare rilievo è anche il tipo di carboidrati presenti, che possono essere chimicamente complessi (amido) o semplici (saccarosio, fruttosio, glucosio); questi, pur essendo energeticamente equivalenti tra loro (circa 4 kcal/g), hanno una diversa velocità di assorbimento (più elevata per gli zuccheri semplici) che si riflette sulla risposta glicemica nell’organismo. Tuttavia, occorre tenere presente che quest’ultima dipende da diversi altri fattori, oltre quello della natura chimica del carboidrato (quali, per es., il tipo di preparazione, le modalità e il momento del consumo). Oggi si tende a dare minore importanza alla distinzione tra carboidrati semplici e complessi.
Sul piano nutrizionale i dolci vanno quindi considerati per quello che realmente apportano all’organismo nelle quantità e condizioni di consumo. Su questa base è possibile valutare gli effetti sia positivi sia negativi sullo stato di nutrizione e di salute del consumo di dolci, distinguendoli per categoria.
a) Prodotti da forno
I vari tipi di biscotti, merendine, torte e i tradizionali dolci delle ricorrenze (panettone, pandoro e colomba) hanno in comune l’ingrediente fondamentale, la farina di frumento (o di altri cereali), unito a uova, zucchero, burro o grassi vegetali, mentre altri ingredienti variano a seconda della ricetta. Tali prodotti trovano la loro migliore collocazione nella colazione del mattino, insieme al latte o al caffelatte. La colazione deve essere infatti energeticamente sostanziosa (circa il 20% delle calorie totali giornaliere), piacevole, nonché saziante per un buon periodo della mattinata. Per un bambino o un ragazzo che deve affrontare le attività scolastiche mantenendo una buona concentrazione per alcune ore, l’uso dei prodotti dolci da forno nella prima colazione rappresenta un buon sistema per assicurare un costante tasso di glucosio nel sangue, necessario allo svolgimento delle funzioni intellettuali. Durante la mattinata l’uso dei cosiddetti fuoripasto (o merendine) va invece controllato, poiché in questo momento della giornata è sufficiente assumere circa il 10% delle calorie giornaliere complessive, e ciò può essere raggiunto facilmente con una merendina dolce, il cui valore energetico si aggira intorno alle 150-200 kcal per porzione (a seconda del tipo e del peso). La facilità di un consumo incontrollato di questi prodotti, spesso confezionati e di conseguenza facilmente trasportabili, può però rappresentare un problema, specialmente se ci si trova nella necessità di limitare l’introito calorico per controllare situazioni di eccesso di peso corporeo. La torta alla fine del pasto, invece, può più facilmente rientrare nel menu, purché si tenga conto degli apporti nutritivi ed energetici della porzione consumata nel calcolo delle calorie complessive da assumere nel pasto e durante la giornata.
b) Prodotti della confetteria
Sono fra i dolci forse più voluttuari e superflui sul piano nutrizionale, in quanto apportano generalmente solo zucchero e poco altro in termini di principi nutritivi e non hanno un ruolo preciso nell’alimentazione della giornata. Resta la piacevolezza del loro gusto, assai variato per la presenza di ingredienti e aromi diversi, e l’attrattiva esercitata dalle gradevoli forme di presentazione, anche se è bene tener presente il valore energetico di questi prodotti. Fra di essi sono da preferire quelli che non restano aderenti alle superficie dei denti, per il pericolo di carie dentaria, che è legato alla formazione di acidi organici (acido lattico, propionico, acetico) a causa della fermentazione del saccarosio da parte di microrganismi presenti nel cavo orale. Per questo motivo attualmente vengono confezionati diversi prodotti nei quali il saccarosio è sostituito da altri ingredienti dolci che non fermentano (come, per es., xilitolo, maltitolo e sorbitolo).
c) Gelati
Un’importante distinzione dal punto di vista nutrizionale, oltre che tecnologico, riguarda la presenza o l’assenza di latte (e dei suoi derivati) fra gli ingredienti impiegati nella preparazione dei gelati. Nel caso in cui il gelato, specie nelle sue versioni con biscotti e/o nocciole, sia a base di latte, esso può rappresentare un dolce di buon valore nutritivo, in quanto apporta i principi nutritivi propri del latte. Può quindi sostituire validamente un prodotto dolce da forno alla fine del pasto o fra i pasti principali, purché si abbia l’accortezza di tenere presenti le quantità di energia e di principi nutritivi apportati, al fine di rientrare nell’ambito di un’alimentazione giornaliera equilibrata qualitativamente e adeguata quantitativamente. Viceversa, nel caso di gelati privi di latte, il loro consumo ha effetti riferibili solo alla piacevolezza del gusto e della sensazione di freschezza tipica di questi prodotti.
d) Prodotti a base di cacao
La cioccolata è uno degli alimenti con maggior potere energetico. Essendo molto facilmente consumabile e trasportabile, è particolarmente indicata nelle situazioni di emergenza nelle quali occorre introdurre un’elevata quantità di calorie in un volume ristretto di cibo. Molto attraente sul piano dell’appagamento del piacere e del miglioramento dell’umore, può però portare, in soggetti particolarmente sensibili, a situazioni di semidipendenza. Gli effetti negativi di un uso eccessivo di tali prodotti sono legati al superamento della quantità di calorie da introdurre per far fronte alla necessità di energia dell’organismo, con conseguente bilancio energetico positivo e avvio del processo biochimico che porta alla deposizione di tessuto adiposo e perciò all’aumento di peso corporeo. Conoscendone però l’apporto energetico, ed eventualmente sottraendo all’apporto calorico giornaliero totale la quantità di calorie ingerite con la cioccolata, non c’è una valida ragione per escludere questi prodotti dai consumi abituali. Nel caso delle creme a base di cacao è bene abbinarle al consumo dei carboidrati complessi (amido) che in esse mancano (così come del resto nella cioccolata), spalmandole, per es., su una fetta di pane.
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