dolere [nella III singol. pres. indic. la forma fiorentina duole si alterna con la forma dole, d'influenza dotta; dolve, III singol. pass. rem.]
Di solito il verbo è attestato nella forma intransitiva pronominale; talora anche intransitiva. Con il significato generico di " aver dolore ", " soffrire " moralmente, è adoperato in If XXIV 151 E detto l'ho perché doler ti debbia!, e in Fiore CL 4 Che vi solea aver tal pressa 'ntorno / che tutta la contrada ne dolea, dove s'intravvede che la sofferenza è soprattutto gelosia. Si avvale, spesso, di una diretta o indiretta specificazione della causa della sofferenza, che è prevalentemente amorosa, come in If XXVI 62 Deïdamìa ancor si duol d'Achille (dove si avverte nel verbo la disponibilità, anche altrove riscontrabile, a significare tanto lo stato dolente del soggetto quanto la denunzia della persona o dell'atto responsabile), in Vn XVI 2 io mi dolea, quando la mia memoria movesse la fantasia ad imaginare, e in Fiore IX 1, CXLVI 9, CLXXVII 12; la medesima accezione conserva nella forma impersonale: If XXIV 133 Più mi duol che tu m'hai colto / ne la miseria dove tu mi vedi, Vn XXXIX 10 11 Amor vi tramortisce, sì lien dole, e Cv II Voi che 'ntendendo 30 (ripreso in IX 2).
Nelle attestazioni delle Rime è frequente il caso che d., secondo un atteggiamento canonico della poesia d'amore, significhi sia l'atto del soffrire (LXVII 54 avvegna che men dole, LXXXIII 116, XCI 3), sia l'esprimere la sofferenza in atto (ovvero " lamentarsi "), come in LXVII 32 Ella si move quinci sì dolendo, / ch'anzi la sua partita / l'ascolta con pietate il suo fattore, e 72; LXXXV 13, CXVI 1 Amor, da che convien pur ch'io mi doglia / perché la gente m'oda; così anche in Rime dubbie VII 15 e in Fiore XLVIII 6. In Rime CIV 19 Dolesi l'una con parole molto, 66 e 74, il lamento è per l'abbandono (cui tutta gente manca / e cui vertute né beltà non vale, vv. 11-12) in cui sono le tre donne della canzone: Giustizia, Diritto naturale e Diritto umano.
Significa " patire " per la sofferenza altrui, come in If XXVI 19 Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio / quando drizzo la mente a ciò ch'io vidi (dove però, va precisato, non si tratta di compassione per la sofferenza che tormenta i dannati, ma di un sentimento di pietà e di orrore per la vista della trasformazione della creatura umana in fiamma dolorante; sentimento che non contrasta con la giustizia divina, che non trova nell'episodio alcun momento in cui si trasformi in pietà per i dannati, e che il poeta esprime solo per significare come da esso egli si senta indotto a guardarsi dalle colpe di cui l'ingegno può rendersi responsabile: e più lo 'ngegno affreno ch'i' non soglio, v. 21); con lo stesso valore in XXXIII 40, Cv II X 6, Rime dubbie XIII 11. Con la medesima accezione si accompagna alla specificazione del sofferente, in Rime CIV 44 A te non duol de gli occhi miei?, Vn XIV 6; e, assumendo forma impersonale, esprime il travaglio spirituale provocato da un ricordo doloroso, come in If XVI 12 Ancor men duol pur ch'i' me ne rimembri, o dello stato di pericolo o di dolore in cui versa una persona cara, come in If II 51 nel primo punto che di te mi dolve (dolve è forma arcaica regolare di perfetto forte; " Ne ha due esempi il Nannucci, op. cit. [Analisi critica dei verbi italiani, Firenze 1843], 221, del Giamboni, ‛ si dolve nell'animo ', e si dolvero; io ne aggiungo un terzo, del cod. magliabech. dell'Apollonio, f. 10a: ‛ molto si dolvono insieme '. La forma solita era dolfe ", Parodi, Lingua 259); così anche in Pg IV 123 Belacqua, a me non dole / di te omai; Vn XV 6 11, e, con la specificazione della causa, in Cv I I 8 ciascuno amico si duole del difetto di colui ch'elli ama. Congiunto con l'avverbio ‛ ben ' indica la contrizione del pentimento e si confonde col valore stesso di " pentirsi ", in Pg XXVI 93 son Guido Guinizzelli, e già mi purgo / per ben dolermi prima ch'a lo stremo.
In Pg VII 126 Pier... / onde Puglia e Proenza già si dole, la sofferenza è a un tempo di ordine fisico e morale; così anche, per essere prodotta dalla pena infernale, in If XVI 70 il qual si duole / con noi per poco, e Pd XV 10 Bene è che sanza termine si doglia.
Con d. si esprime invece la sofferenza meramente fisica, per una ‛ infermitade ' in Vn XXIII 2; quella di una parte del corpo, in If XXX 127 tu hai l'arsura e 'l capo che ti duole, anche in conseguenza di un determinato malanno, come in Fiore CLXXXIX 3 si duole / d'una sua gotta; in CL 1 Molto mi dolea il cuor quand'i' vedea, significa per via metaforica il dolore morale. Una locuzione singolare si ritrova poi in CXX 11 ché molte volte fallarei in dolere, dove il Parodi spiega " me ne sentirei male ".