Sternberger, Dolf
Filosofo, saggista e pubblicista tedesco, nato a Wiesbaden nel 1907 e morto a Frankfurt a.M. nel 1989. Allievo di Martin Heidegger e di Karl Jaspers, nel dopoguerra insegna politica a Heidelberg. Nella sua opera più importante, Drei Wurzeln der Politik (1978), S. considera M. l’autore fondamentale della moderna demonologia, ovvero di quella modalità del pensiero politico che identifica dominio e politica, e che, contrapponendosi all’antica politologia aristotelica, distrugge la comunità politica, differenziandosi altresì dalla escatologia di origine agostiniana.
Mentre Aristotele sa distinguere fra l’elemento politico e quello dispotico (fra governo della città e governo della casa), ovvero fra il principio civile dell’unione e del pluralismo e il potere di uno solo, e mentre la politica escatologica è proiettata, attraverso la rigenerazione umana, verso l’attesa dell’estinzione tecnica e utopica della politica, la demonologia che nasce con M. consiste nel far coincidere la politica con quella che per Aristotele è la tirannia.
Secondo S., quella di M. è una scientia sine caritate («scienza senza carità») per Agostino tipica dei demoni. Secondo S. (Drei Wurzeln der Politik, 1978, trad. it. 2001, pp. 117-202), M. pensa il principe nuovo non come chi corregge una situazione critica, ma come un conquistatore ex novo, che viene contrapposto in positivo all’ordine politico repubblicano: mentre Aristotele descrive il tiranno dal punto di vista della città, come una figura antipolitica, nel principe nuovo M. coglie il potere come puro fenomeno, con un interesse solo tecnico ed epistemologico. Il principe non ha alcuna superiorità rispetto ai cittadini, e non è neppure mosso – contro quanto sostiene Antonio Gramsci – dall’intento di fondare un principato nazionale; distante dagli uomini, privo di comunicazione con essi, è, come i demoni, né dio né uomo, è un «demone artificiale» (p. 167), ossessionato solo dalla conquista e dalla conservazione del potere. Un potere non-politico e trans-morale (cioè esterno alla morale stessa, capace di ignorarla, come appare in Principe xviii), a cui lo stesso M. – che non a caso paragona Cesare Borgia a un «basilisco» – guarda con la «fredda meraviglia» che si ha verso i mostri (pp. 153-54).
M. è consapevole che ciò di cui egli parla nel Principe non è ‘politica’ – la parola stessa è assente dal libretto – ma «arte dello Stato» (pp. 183-84). I Discorsi sono la sua ‘politologia’, dove considera il vivere politico nella libertà, mentre il Principe è la ‘demonologia’, dove si tratta l’ipotesi astratta e intellettuale del potere come pura utilità, indifferente alla morale e all’umanità. Dunque, M. per S. è innocente dello scambio logico e semantico fra tirannide e politica, dell’usurpazione del nome di questa. Sono stati il machiavellismo e l’antimachiavellismo, prima i gesuiti e gli illuministi, e poi i pensatori dialettici fino a Benedetto Croce, a definire il Principe un trattato di politica, e a far nascere la politica demonologica moderna, cioè la sovranità come potere di disposizione, astratto, neutro, tecnico, non umano, fine a sé stesso: una strategia di esercizio del dominio.
Questa interpretazione al tempo stesso convenzionale ed estremistica di M. è fortemente segnata dall’esperienza totalitaria, che S. fa in parte risalire al machiavellismo e in parte invece alla potenza dell’ideologia (p. 180). Di fatto vicino a pensatori come Hannah Arendt ed Eric Voegelin, polemico verso le linee fondamentali della politica moderna, verso Max Weber, S. si distacca da Gerhard Ritter (p. 168), per il quale il demoniaco è la struttura antinomica e conflittuale del potere, sempre presente in esso; mentre per S. è la specifica figura di un potere che (benché si definisca e sia definito ‘politico’) si contrappone a quella ‘politologia’ a cui egli continua a credere.
Bibliografia: Machiavelli, Machiavellismus und Politik, in Recht und Macht in Politik und Wirtschaft, Zürich 1974, pp. 9-29 (trad. it. Machiavelli, machiavellismo e politica, in Id., Immagini enigmatiche dell’uomo, Bologna 1991, pp. 187-203); Drei Wurzeln der Politik, 2 voll., Frankfurt a. M. 1978 (trad. it. Le tre radici della politica, Bologna 2001).
Per gli studi critici si vedano: J. Pannier, Vexierbild des Politischen. Dolf Sternberger als politischer Aristoteliker, Berlin 1996; R. Scognamiglio, Alle radici della politica. Il pensiero di Dolf Stern berger, Bologna 1999; B. Vogel, Dolf Sternberger und die Politische Wissenschaft, Heidelberg 2008.