DOLFIN o Delfino, Giovanni
Nato a Venezia nel 1617 e morto a Udine nel 1699, sostenne dapprima importanti uffici nel governo della repubblica; poi fu coadiutore di Girolamo Gradenigo nel patriarcato d'Aquileia e, morto quello, fu eletto egli stesso patriarca nel 1656. L'anno dopo fu creato cardinale. Versato nella filosofia e appassionato cultore della poesia drammatica, nessuno dei suoi scritti egli volle mai pubblicare. Sei Dialoghi filosofici in versi, nei quali egli si dimostra profondo conoscitore della materia, senza però staccarsi gran fatto dalle idee antiche e tradizionali furono pubblicati solo nel 1740 a Venezia (nel t. I della Miscellanea di varie sue opere). Delle quattro tragedie, la Cleopatra fu pubblicata dal Maffei nel vol. III del Teatro italiano (Venezia 1725), e tutte ad Utrecht nel 1730, a Padova nel 1733.
Alle tragedie è premesso un dialogo dello stesso D., nel quale uno degl'interlocutori, Ciro Di Pers, afferma d'essere stato lui ad incitare il giovane letterato a darsi alla poesia tragica, consigliandolo però a trarre i soggetti dalla storia, sicché non poteva approvare l'argomento della prima tragedia scritta dal D. giovanissimo, il Medoro. La riduzione a dramma degli episodî ariosteschi di Cloridano e Medoro, e di Medoro e Angelica, è lavoro più che altro di scuola, senza spiriti e accenti veramente drammatici. Lo stesso difetto di pathos è nelle altre due tragedie Cleopatra e Lucrezia, sebbene anch'esse, come il Medoro, appartengano a quel genere di tragedie che allora si chiamavano appassionate. In tutte e due il contrasto degli affetti è ostacolato, nel suo movimento drammatico, dall'elemento sentenzioso e dottrinario, politico, morale e scientifico. La quarta tragedia, Creso, è un dramma d'intreccio, che si basa sulla creduta morte di Eleuteria, figlia di Creso, amata da Ciro, la quale invece, rapita dai corsari, vive, onde avviene poi il solito colpo di scena del riconoscimento e l'azione ha lieta fine.
Bibl.: A. Bellonni, Il Seicento, Milano [1929], pp. 381-82, 386-87; B. Croce, Storia dell'età barocca, Bari 1929, pp. 81, 359, 363, 368.