DOLORE (dal lat. dolor; fr. douleur; sp. dolor, ted. Schmerz; ingl. pain)
Sensazione particolare per la quale la coscienza è avvertita che agenti dannosi o stimoli in qualche modo eccessivi colpiscono il corpo, o che la funzione di questo è turbata. I tipi principali di dolore sono: le nevralgie, dolori parossistici o continui che insorgono lungo il decorso d'un tronco nervoso, il quale si dimostra particolarmente sensibile alla compressione in certi determinati punti, che sono i cosiddetti punti dolorosi di Valleix; le causalgie, sindromi nevralgiformi accompagnate da estrema iperestesia cutanea, collegate a lesioni del tronco nervoso e a speciali condizioni (soprattutto gonfiore) dei tegumenti; la cefalalgia o mal di capo, sintomo delle più svariate affezioni, dalla neurastenia ai tumori cerebrali, dalla sifilide cerebrale alle meningiti, dall'osteite delle ossa del cranio a certi stati tossici dell'organismo; l'emicrania, collegata assai probabilmente con la cosiddetta diatesi artritica e rappresentata da crisi di dolori violentissimi localizzati specialmente alla regione orbito-temporale, quasi sempre unilateralmente, accompagnate da nausea, vertigini, fotofobia, e senso generale di grave malessere; i dolori da lesione del talamo ottico, di violenza inaudita e ribelli a qualsiasi cura sintomatica; i dolori tabici, che possono essere di più qualità: lancinanti, agli arti inferiori specialmente; costrittivi, per i quali il paziente ha l'impressione d'avere il torace e l'addome serrati in una morsa; terebranti, folgoranti. Nella tabe si hanno anche i dolori che accompagnano le crisi viscerali, così frequenti in questa malattia e causa talvolta d'errori diagnostici: crisi gastriche, enteralgiche, laringee, vescicali, nefritiche.
Esiste, poi, il gruppo dei dolori ischemici o angiospasmodici d'interpretazione piuttosto difficile, dato che l'ischemia s'ammette sia dotata di azione anestetizzante. Questi dolori (che si hanno nella sindrome di Raynaud, nell'acroparestesie da freddo, nella contrattura ischemica di Volkmann) sarebbero in relazione con la stasi venosa che accompagna le sindromi suddette, per le quali le terminazioni nervose sensitive vengono a essere messe in rapporto col sangue venoso asfittico, molto ricco d'acido carbonico e di scorie tossiche del metabolismo.
Si hanno, infine, i dolori viscerali. La sensibilità dei visceri può raccogliere stimoli dolorosi, specialmente in corrispondenza delle tonache muscolari a fibre lisce di cui i visceri sono forniti. Il dolore è soprattutto causato dalla contrazione spasmodica (coliche) o, al contrario, dalla forte distensione passiva di queste tonache: i fattori che attutiscono il dolore viscerale sono infatti assai spesso quelli che riducono la pressione intraviscerale o che favoriscono il rilasciamento muscolare, e il dolore è generalmente tanto più intenso quanto meno il viscere è distensibile. Dolori vivi sono dati anche dai processi infiammatorî acuti, dagli stimoli chimici, ecc. Per lo più nei dolori viscerali vale il principio della localizzazione parietale (specialmente cutanea) per il quale il dolore, per uno speciale fenomeno d'irradiazione, viene percepito in corrispondenza della zona della cute sovrapposta al viscere dolente. Alcuni visceri, però (che, secondo E. Lugaro, sono quelli che più facilmente dànno dolori passeggeri, cioè l'esofago, lo stomaco, l'intestino, l'utero) possiedono una via sensitiva propria, e non provocano irradiazioni cutanee se non quando gli stimoli dolorifici sono particolarmente intensi.
La capacità di sentire il dolore può patologicamente essere o esagerata (iperalgesia) o ridotta (ipoalgesia) o abolita (analgesia), sia per malattie organiche che ledano un tratto qualsiasi delle vie sensitive afferenti (polinevriti, lebbra, siringomielia), sia per turbe della psiche (isteria). Con ogni probabilità non esistono fibre nervose periferiche destinate specificatamente alla trasmissione degli stimoli dolorifici; neppure questi stimoli sono specifici; ogni stimolo proprio della sensibilità generale può suscitare dolore solo che di esso si aumentino l'intensità e la durata. I metodi di cura del dolore sono molti: calore (diatermia); elettricità (ionoforesi); preparati chimici; iniezioni di sostanze anestetiche o d'alcool nei tronchi nervosi e nei ganglî; cura chirurgica (simpaticectomia periarteriosa, secondo i principî di R. Leriche; operazione di Forster, o resezione delle radici posteriori spinali); psicoterapia.
La teoria del "senso del dolore". - Per molto tempo si è ritenuto che ogni stimolazione di qualunque nervo di senso, che si esercitasse in condizioni ordinarie, oltre un certo grado, determinasse la comparsa di una sensazione particolarmente spiacevole - il dolore -, la quale sarebbe stata l'indice che la stimolazione aveva raggiunto il suo maximum possibile; per cui, insistendo nell'applicazione dello stimolo divenuto dolorigeno, il nervo relativo si sarebbe disgregato. Il dolore avrebbe avuto quindi, come particolare funzione biologica, quella di proteggere i nervi sensitivi da ogni stimolo eccessivo che, disgregandoli, avrebbe determinato un danno irreparabile all'individuo. Se questa teoria è seducente, essa però non considera che i nervi di senso principali, seguendo la legge di G. Müller dell'"energia specifica dei nervi di senso", non trasmettono che le sensazioni a cui sono specificamente deputati. Ed essa fu messa in dubbio dalla scoperta, fatta da A. Goldscheider e da altri autori, di "punti" della pelle, analoghi a quelli tattili o termici, specificamente capaci, secondo il principio sancito da G. Müller, di trasmettere sensazioni dolorose, qualunque fosse l'agente con cui venissero stimolati. Tali terminazioni nervose avrebbero presentato la particolarità di avere una soglia di eccitazione più elevata dei "punti" per le sensazioni tattili o termiche; sarebbero stati identificati con quelle terminazioni nervose intraepiteliali dette "libere", avrebbero un decorso particolare e conseguentemente, un tempo totale di reazione più lungo.
Molti anni prima di queste scoperte la patologia, prima, col caso della siringomielia, la fisiologia in seguito (M. Schiff) con l'esperimento, avevano stabilito che nella massa della sostanza grigia del midollo spinale dovevano correre vie specifiche per la trasmissione delle impressioni. Queste vie sono state seguite nel loro cammino ascendente sino all'arrivo nei nuclei della base, ma non oltre. Sembra che alcune esperienze di guerra possano dimostrare una certa localizzazione delle vie dolorose nella corteccia cerebrale, ma i dati relativi non sono molto sicuri. A ogni modo non si sa neppure dove finiscano, nella corteccia, le innumerevoli vie vegetativo-simpatiche che portano ai centri le impressioni viscerali. Dato però il riconoscimento della specificità delle terminazioni nervose periferiche e delle vie midollari, queste vedute presero il nome di teoria del "senso del dolore". Contro simile teoria sta un fatto assai grave, e cioè che essa non vale per i nervi dei sensi fondamentali (vista, udito e olfatto), perché non era ammissibile il carattere di dolorose nelle sensazioni visive, uditive e olfattive che sono semplicemente "spiacevoli". Recentemeute, I. Ioteyko e M. Stefanowska hanno cercato di conciliare le varie teorie rilevando il fatto che nella mucosa nasale e nella membrana del timpano si trovano fibre per la trasmissione delle sensazioni specificamente dolorose che vengono eccitate per l'azione chimica o meccanica degli stimoli adeguati, mentre nel bulbo oculare esposto a una luce abbagliante si trovano dei riflessi locali dovuti a muscoli ciliari, l'esercizio dei quali riesce doloroso in correlazione all'intensità e alla durata dello stimolo.
Per le teorie filosofiche intorno alla natura del dolore e del suo rapporto col piacere, v. quest'ultima voce.
Bibl.: A. Goldscheider, Über den Schmerz in physiol. Und klin. Hinsicht, Berlino 1894; H. Head, On disturbance of sensation with special reference to the pain of visceral disease, in Brain, XVI, 1893; I. Ioteyko e M. Stefanowska, Psychophysiologie de la douleur, Parigi 1909; Sherrington, The skin and common sensation, nel Text-Book of Physiology dello Schaefer, II, p. 900; A. Goldscheider, Das Schmerzproblem, Berlino 1920; E. Lugaro, Fisiopatologia del dolore, in Rivista di patologia nervosa e mentale, XXXVI (1930), p. 105 segg.