domare [dome, in rima, II singol. pres. indic. ]
In Pg XI 53 s'io non fossi impedito dal sasso / che la cervice mia superba doma, nel senso di " gravare ", " appesantire ". D. trae la sua espressione dalla Bibbia, dove è ripetutamente (cfr. Ex. 32, 9; 33, 3; Deut. 9, 13; Is. 48, 4; Act. Ap. 7, 51, ecc.) rimproverato il popolo d'Israele perché per superbia non piega la sua ‛ cervice '. Una presunta reminiscenza dell'oraziano " indomita cervice feros " (Epist. I III 34) è legata al problema del grado di conoscenza che D. aveva del poeta latino (v. ORAZIO). Chiosa Benvenuto: " quam [cervicem] porto bassam sub iugo humilitatis, quia portavi eam altam in vita ". Diverso valore ha il verbo in Pg XIII 103 " Spirto ", diss'io, " che per salir ti dome... ", " poenitentiam agis " (Benvenuto), " ti purghi "; oppure, con maggiore aderenza al significato proprio del verbo, " domi te stesso, piegando al solo bene la tua volontà già volta al peccato " (Scartazzini-Vandelli); " doma, cioè vince, espiandole, le sue colpe " (Porena).