DOMENICHINO, Domenico Zampieri, detto il
Pittore, nato a Bologna il 21 ottobre 1581, morto a Napoli il 6 aprile 1641. Prima scolaro di Dionigi Calvaert, poi dei Carracci, a Bologna. Con Annibale Carracci, del quale fu aiuto negli affreschi della Galleria Farnese, lo si trova intorno al 1602 a Roma. Nel palazzo Farnese gli si possono ascrivere alcuni affreschi, tra altri: la Morte di Adone, Apollo e Giacinto, Narciso alla fonte, e, nella Galleria, la Vergine con l'alicorno. La prima opera interamente di sua mano è la Liberazione di S. Pietro, nella sacrestia di S. Pietro in Vincoli a Roma. Seguono tre lunette nel portico della chiesa di S. Onofrio. A questo periodo iniziale vanno riferiti due ritratti del cardinale Girolamo Agucchia (Roma, Galleria Corsini; Firenze, Uffizî) e il sepolcro del porporato in San Pietro in Vincoli; forse anche la Messa di S. Gregorio della Bridgewaterhouse a Londra, e l'Adorazione dei pastori nella Galleria di Dulwich (Londra). Opere giovanili sono anche molti paesi, generalmente di piccole dimensioni (Roma, Gallerie Doria e Capitolina; Londra, Galleria Nazionale; Madrid, Prado, ecc.).
Del 1608 è l'affresco rappresentante il Martirio di S. Andrea nella cappella di S. Andrea annessa alla chiesa di S. Gregorio Magno a Roma, e quasi contemporanei risultano altri affreschi della Villa Aldobrandini a Frascati e del castello di Bassano di Sutri (1609). Opera di maggiore importanza fu la decorazione della cappella Farnese nell'abbazia di Grottaferrata presso Roma, con storie di San Nilo, compiuta nel 1610. Fra questi affreschi e la Comunione di S. Gerolamo (Pinacoteca Vaticana) del 1614, non vi sono lavori di sicura datazione, ma probabilmente anteriori ad essa vanno considerati gli affreschi in S. Luigi de' Francesi a Roma (1611-14). Del 1615 è l'Angelo Custode del Museo nazionale di Napoli e coevo ad esso si può ritenere un affresco nel palamo Costaguti a Roma, rappresentante la Verità scoperta dal Tempo. Del 1617 è l'Assunta, nel mezzo del soffitto della chiesa di S. Maria in Trastevere, del quale il disegno fu dato dal Domenichino. Verosimilmente intorno a quest'anno è da porsi l'autoritratto degli Uffizî, la Caccia di Diana e la Sibilla della Galleria Borghese a Roma. Fra il 1621-23 furono eseguite, verosimilmente, le due grandi tele raffiguranti la Madonna del Rosario e il Martirio di S. Agnese, ora nella Pinacoteca di Bologna.
Del periodo 1624-28 è la decorazione dei pennacchi della cupola di S. Andrea della Valle a Roma. Segue la decorazione, di minore rilievo, della cappella Bandini in S. Silvestro al Quirinale e, probabilmente, la pala di Brera, già in S. Petronio dei Bolognesi a Roma. Nel 1630 il D. terminò gli affreschi nei pennacchi della cupola in S. Carlo ai Catinari di Roma, e nello stesso tempo dové eseguire il Martirio di S. Sebastiano, ora in S. Maria degli Angeli. L'attività del D. si chiude a Napoli con la decorazione della cappella del Tesoro in duomo, commessagli nel 1630: opera interrotta dalla morte, avvenuta non senza sospetto di veleno.
Altre opere del D. degne di menzione, fra le molte che gli si ascrivono, sono la Susanna (Monaco, Galleria); il David di Versailles; il ritratto di Vincenzo Scamozzi (Berlino, Museo), ecc. Della sua attività di architetto (il D. nel 1621 era stato nominato architetto del palazzo apostolico) s'indicavano come massimo segno i progetti per la chiesa di S. Ignazio a Roma, ma senza fondamento. Nella ricca serie di disegni suoi conservati nella biblioteca del castello reale di Windsor (circa 1750), si hanno alcuni saggi di architetture, nello spirito di Michelangelo, del Palladio e delle fabbriche barocche di Roma; è noto anche che costruì qualche monumento sepolcrale, qualche cappella, forse qualche chiesa, come la "Crocetta" a Bologna; ma nulla autorizza a vedere in lui un vero e proprio architetto.
Il D., come pittore, fu, in sostanza, uno dei più eccellenti prodotti dell'eclettismo, ma fin dalle prime manifestazioni affermò una personalità originale. Più che altro egli mirò a rendere la figurazione con intimità di sentimento, in composizioni di regola semplici e chiare, generalmente col centro spostato a una estremità. Si preparava ad esse per mezzo di numerosi disegni. Nelle scene sacre egli si afferma superbamente, animandole di fervore e di spiritualità. Come paesista, è notevole tanto nei fondi delle sue tele quanto, e più, nei piccoli quadri in cui il paese è l'elemento essenziale o esclusivo della rappresentazione: e sotto questo aspetto egli mosse da Annibale Carracci. Il suo magistero tecnico s'accrebbe man mano. Egli pose gran cura nel disegno; nel colore fu piuttosto scialbo, salvo in alcune opere (S. Andrea della Valle, Pala di Brera, paesi), in cui anche il chiaroscuro acquista equilibrio e plasticità. La personalità del D., tranquilla sullo sfondo tumultuoso della pittura seientesca, ha un'armonia e una delicatezza di spirito e di forma che sembrano ricongiungerla all'arte "classica" del '500.
(V. tavv. XXV e XXVI).
Bibl.: G. Baglione, Le vite de' pittori, scultori, architetti, ecc., Roma 1642; C. C. Malvasia, Felsina Pittrice, Bologna 1678; G. B. Passeri, Vite dei pittori, scultori ed architetti moderni, Roma 1722; L. Serra, D. Z., Roma 1909; H. Voss, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, IX, Lipsia 1913 (con bibl.); id., Die Malerei d. Barock in Rom, Berlino 1924, pp. 504-513.