MONTESANO, Domenico Alfonso Emmanuele
MONTESANO, Domenico Alfonso Emmanuele. – Nacque a Potenza il 22 dicembre 1863 dall’avvocato Leonardantonio, fervente liberale che nel 1860 era stato componente del Governo provvisorio della Basilicata e per molti anni presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Potenza, e da Isabella Schiavone.
Compiuti gli studi elementari e medi nella sua città, nel 1880 si iscrisse alla facoltà di matematica all’Università di Roma, dove allora insegnavano Luigi Cremona, Giuseppe Battaglini e Nicola Salvatore Dino. Quest’ultimo, illustre professore di geometria proiettiva, non tardò a scoprire in Montesano un giovane di talento, particolarmente portato per la geometria. Infatti, ancora studente del secondo anno, formulava nuovi teoremi che mostrava a Dino il quale, a sua volta, ne proponeva la dimostrazione agli studenti del primo anno. Indirizzato da Dino verso gli studi di geometria algebrica secondo l’indirizzo cremoniano, nel 1884, non ancora laureato, scrisse una memoria – Sulla corrispondenza reciproca fra due sistemi nello spazio, pubblicata nel 1885 a Napoli dalla Tipografia Pesole – nella quale riprese con metodo puramente sintetico le ricerche algebriche condotte da Georg Frobenius e Leopold Kronecker sulle forme bilineari e pervenne alla classificazione delle reciprocità nello spazio ordinario. Si trattò del primo dei 55 lavori scientifici che pubblicò lungo l’arco della sua vita, a cui vanno aggiunti due commemorazioni (Arminio Nobile, in Atti dell’Acc., Pontaniana, XXIX [1899], 1, pp. 1-6 e Alfonso Del Re, in Rendiconti della R. Accademia di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, XXVIII [1922], pp. 187-189) e un pregevole manuale di geometria proiettiva.
Nel 1884, a 21 anni, conseguì la laurea in matematica discutendo una tesi Sui complessi di rette di secondo grado generati da due fasci proiettivi di complessi lineari, pubblicata l’anno dopo a Napoli dalla tipografia della Reale Accademia delle scienze. Partendo dai 51 possibili tipi di complessi di 2° grado classificati da Adolf Weiler e Corrado Segre, vi dimostrò che solo 40 di questi potevano essere generati da fasci proiettivi di complessi lineari. Di essi studiò, inoltre, in modo particolareggiato le proprietà più salienti.
Nel 1886 ottenne una borsa di perfezionamento di un anno e conseguì per titoli la libera docenza in geometria proiettiva. Per i tre anni accademici successivi, dal 1886- 1887 al 1888-1889, fu incaricato dell’insegnamento della geometria superiore all’Università di Roma. All’inizio dell’anno accademico 1889-1890, essendo risultato vincitore di concorso, divenne professore straordinario di geometria proiettiva e descrittiva all’Università di Bologna. Qui rimase fino al 1893, anno in cui passò per concorso all’Università di Napoli sulla cattedra di geometria proiettiva, prima come straordinario e dopo due anni, nel 1895, come ordinario.
Nel 1905 si scambiò di cattedra con Pasquale Del Pezzo, cedendo a questi l’insegnamento di geometria proiettiva per assumere quello di geometria superiore. Da allora cominciò a esporre nelle sue lezioni le teorie oggetto delle sue più recenti ricerche e ciò contribuì alla formazione di un buon numero di allievi diretti, quali Antonio Giorgio Aprile, Clara Moffa, Gustavo Sannia, Antonino Tummarello. Non pochi furono anche gli studiosi stranieri, come Virgil Snyder e Hilda Hudson, che si giovarono dei suoi risultati e che esplicitamente lo riconobbero come maestro. Dal 1911 fu anche direttore del Gabinetto di geometria superiore. Nel 1912-1913, tenne per incarico anche l’insegnamento di matematiche superiori. Fu due volte preside della facoltà di scienze matematiche dell’Università di Napoli, nell’anno accademico 1903-1904 e nel 1911-1912.
Il 13 luglio 1901 fu ammesso come socio corrispondente dell’Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli. Il 10 dicembre 1910 ne divenne socio ordinario e, per l’anno 1921, ne fu anche presidente. Fu socio altresì dell’Accademia Pontaniana, di cui fu tesoriere aggiunto nei trienni 1910-1913 e 1919-1921, e socio del Circolo matematico di Palermo. Fu insignito delle onorificenze di commendatore della Corona d’Italia e di cavaliere ufficiale dei SS. Maurizio e Lazzaro. Il 14 novembre 1891 sposò a Napoli Elvira Imperatrice, dalla quale ebbe otto figli.
Montesano improntò l’intera sua produzione scientifica al puro metodo sintetico cremoniano. Non che disdegnasse i metodi analitici, ma l’amore per la pura geometria, alimentato dagli insegnamenti di Battaglini, Cremona e Dino, lo condusse a ricercare costantemente la natura geometrica degli enti oggetto dei suoi studi e lo fece con tanta perizia ed eleganza da essere oggi considerato l’ultimo allievo della scuola di Cremona che tanto lustro ha dato alla geometria italiana a cavallo dei secoli XIX e XX. La prima memoria pubblicata dopo la laurea riguardava i complessi di rette (Su alcuni complessi di rette Battaglini, in Rendiconti della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 1, XXV [1886], pp. 192-203), un argomento sul quale ritornò anni dopo, prima con un lavoro sui complessi quadratici di rette (Su le trasformazioni univoche dello spazio che determinano complessi quadratici di rette, in Rendiconti dell’Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, XXV [1891], pp. 889-907), poi con un’importante memoria (Su di un complesso di rette di terzo grado, in Memorie della R. Acc. delle Scienze dell’Istituto di Bologna, s. 5, III [1893], pp. 549-577), nella quale compare il complesso da allora unanimemente citato come ‘complesso di Montesano’.
Un altro argomento al quale si dedicò agli esordi della sua carriera fu quello delle curve gobbe di ordine minimo. Nel 1866, pubblicò in merito due memorie: Su alcuni sistemi di curve gobbe (Napoli, Tipografia della Reale Accademia delle Scienze, 1886) e Su le correlazioni polari dello spazio rispetto alle quali una cubica gobba è polare di se stessa (in Memorie dell’Acc. Nazionale dei Lincei, s. 4, III [1886], pp. 105- 115). A queste fece seguire, nel 1888, un terzo importante lavoro Su la curva gobba di 5° ordine e di genere 1 (in Rendiconti della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 2, II [1888], pp. 181-188). Fino ad allora questa curva era stata presa in considerazione unicamente da Emil Weyr, il quale aveva però studiato solo alcune involuzioni di punti su di essa. Montesano mostrò che essa genera nello spazio una configurazione notevole, determinò e caratterizzò il sistema delle coniche appoggiate in 5 suoi punti e ne studiò altri aspetti salienti derivanti dalla considerazione di una particolare involuzione dello spazio. Agli studi sulle curve gobbe vanno collegate le ricerche sulle superfici armoniche rispetto a una superficie di 3° ordine, svolte da Montesano contestualmente allo studio della superficie romana di Steiner (La superficie romana di Steiner, in Rendiconti della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, V [1899], pp. 88-99). Riprendendo gli studi di Sophus Lie e Gabriel Koenigs, i quali avevano dimostrato che il luogo dei poli di un piano arbitrario rispetto alle coniche di una superficie di Steiner è ancora una superficie di Steiner, Montesano determinò per primo in quali rapporti di posizioni si trovano queste due superfici, caratterizzò inoltre gli elementi singolari della seconda superficie e determinò le forme da essi descritte al variare del piano nello spazio.
Ancora nel 1886 pubblicò la memoria Su certi gruppi di superficie di secondo grado (in Annali di matematica pura e applicata, s. 2, XIV [1886], pp. 131-140), dedicata allo studio di due gruppi completi di superfici di secondo grado tali che, prese comunque due superfici del gruppo, l’una fosse polare reciproca di se stessa rispetto all’altra. All’epoca erano noti due soli gruppi completi di dette superfici, il gruppo delle 8 superfici di secondo grado a due a due polari reciproche tra loro, e il gruppo dei 10 iperboloidi contenenti i sistemi rigati comuni a 6 complessi lineari di rette, a due a due fra loro in involuzione. Montesano dimostrò che un gruppo completo di superfici quadratiche della specie accennata non poteva che coincidere con uno di questi due gruppi. Inoltre fornì un metodo di costruzione semplice e immediato di detti gruppi e, per dare maggiore generalità alla sua trattazione, invece di operare direttamente con le superfici di secondo grado, prese in considerazione le corrispondenti polari da queste determinate nello spazio.
A partire dal 1888 cominciò a volgere la sua attenzione alle trasformazioni involutorie dello spazio, un campo di ricerca nel quale i suoi contributi rappresentarono punti di riferimento per le ricerche di molti geometri del tempo, italiani e stranieri. Dedusse e caratterizzò, per via puramente geometrica, tutte le possibili trasformazioni monoidali (Sulle trasformazioni involutorie dello spazio, in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, XXI [1888], 14-15-16), ricollegò la teoria delle corrispondenze a quella dei complessi di rette limitatamente al caso in cui ciascuna retta contenga una coppia di punti coniugati, dedusse e costruì il tipo generale di tali trasformazioni mettendo in evidenza alcune rilevanti proprietà di una curva del 10° ordine di genere 11 dalla quale la trasformazione era completamente determinata (Su le trasformazioni involutorie dello spazio che determinano un complesso lineare di rette, in Rendiconti della R. Acc. nazionale dei Lincei. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 4, IV [1888], pp. 207-211 e 277-282). In seguito riprese l’argomento mentre si interessava ad altre questioni a esso connesse e illustrò il caso in cui ciascuna retta contiene tre coppie di punti coniugati (Una estensione del problema della projettività a gruppi di complessi e di congruenze lineari di rette, in Annali di matematica pura e applicata, s. 3, I [1898], pp. 313-357). Prese poi in considerazione le involuzioni appartenenti al complesso tetraedrale e mostrò alcuni esempi di involuzioni irrazionali nello spazio di ordine 2 (Su la trasformazione involutoria dello spazio che determina un complesso tetraedrale, in Rendiconti della R. Acc. nazionale dei Lincei. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 4, V [1889], pp. 123-130; Su alcuni gruppi chiusi di trasformazioni involutorie nel piano e nello spazio, in Atti del R. Istituto veneto di scienze e lettere, s. 6, VI [1889], pp. 1425-1444). Contemporaneamente affrontò il problema della classificazione delle involuzioni dello spazio. Le trasformazioni involutorie nel piano proiettivo erano state completamente studiate e caratterizzate da Eugenio Bertini in una memoria del 1877, ma quelle dello spazio costituivano un campo ancora aperto. In questo ambito Montesano studiò e caratterizzò completamente due famiglie individuate da Max Noether, quella in cui ai piani corrispondono superficie di ordine n con una retta comune (n-2)-pla e una curva base di ordine 3n-4 (Su le trasformazioni involutorie dello spazio, nelle quali ai piani corrispondono superficie di ordine n con una retta (n-2)-pla, in Rendiconti della R. Acc. nazionale dei Lincei. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 4, V [1889], pp. 123- 130), e quella delle superficie di ordine 2n+1 aventi come elementi base uno spazio ellittico di genere arbitrario n e di grado 2n+1 (Su una classe di trasformazioni razionali ed involutorie dello spazio di genere arbitrario n e di grado 2n+1, in Giornale di matematica di Battaglini, XXXI [1893], pp. 36-50). Di quest’ultima famiglia aveva già studiato un caso particolare (Su una classe di trasformazioni involutorie dello spazio, in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, XXI [1888], pp. 688-690). In seguito fornì una nuova classificazione in relazione al genere di un piano sezione generale della superficie coniugata di un piano (Su due trasformazioni razionali e involutorie dello spazio di 4° ordine e di genere zero, ibid., XXX [1897], pp. 536-571).
Dal 1888 si interessò anche delle superficie omaloidiche cominciando dallo studio delle proprietà di una particolare famiglia di ordine qualsiasi n avente i punti in corrispondenza univoca e prospettica con i piani di una stella avente centro in un punto semplice della superficie (Su una famiglia di superficie omaloidiche, in Rendiconti del Circolo matematico di Palermo, II [1888], pp. 131-134). Nel presentare questo lavoro segnalò l’importanza che lo studio di tali superfici rivestiva per la teoria delle reciprocità birazionali nulle, argomento da lui trattato in una memoria presentata all’Accademia dei Lincei da Luigi Cremona (Sulle reciprocità birazionali nulle dello spazio, in Rendiconti della R. Acc. Nazionale dei Lincei, s. 4, IV [1888], pp. 583-590). Anni dopo, prendendo spunto da alcuni risultati ottenuti da Noether e da Cremona, pubblicò un lavoro molto corposo (Su alcune superficie omaloidiche di 4° e 5° ordine prive di linee multiple, in Rendiconti della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, VI [1900], 5, 7, pp. 158-171) nel quale, facendo uso di una particolare trasformazione cremoniana quadratica tra due spazi a 3 dimensioni, costruì e studiò le principali proprietà di una superficie di 4° ordine a sezioni piane di genere 3 e due superficie di 5° ordine a sezioni piane di genere 6 le cui singolarità risultavano tutte raccolte in un sol punto. Con lo stesso metodo ottenne poi altre superficie razionali del 5° ordine come corrispondenti in trasformazioni birazionali dello spazio di altre superfici note (Le superficie omaloidiche di 5° ordine, in Rendiconti della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, VII [1901], pp. 67-106). Il metodo adoperato da Montesano nello studio delle superfici razionali si rivelò molto prolifico consentendogli di scoprire e di analizzare 30 nuovi tipi di tali superfici.
Nel 1892 iniziò lo studio dei sistemi più semplici di coniche nello spazio ordinario che lo portò a determinare, con procedimenti diretti, i vari tipi di congruenze lineari di coniche. Dimostrò che le involuzioni in cui ogni conica di un sistema lineare è autoconiugata sono riducibili alla forma monoidale (Su di un sistema lineare di coniche nello spazio, in Atti dell’Acc. delle scienze di Torino, XXVII [1892], pp. 1053-1069). Fornì poi una classificazione dal punto di vista proiettivo delle congruenze di coniche di indice 1 e diede esempi di congruenze di coniche dello spazio non riconducibili cremonianamente a stelle di rette (Su le congruenze lineari di coniche nello spazio, in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, XXVI [1893], pp. 589-604). Interrogandosi poi circa la genesi di tali corrispondenze, mostrò che le involuzioni appartenenti al complesso delle tangenti potevano ridursi al tipo monoidale (Sulle corrispondenze birazionali dello spazio che determinano complessi di tangenti, in Rendiconti della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, III [1897], pp. 256-262). In seguito fornì una caratterizzazione esaustiva di tali congruenze, distribuendole in tre famiglie determinate dalla corrispondenza involutoria su di un piano particolare dello spazio e studiò le trasformazioni dello spazio che mutano le congruenze di coniche in stelle di rette (Su le congruenze lineari di coniche nello spazio, in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, XXVI [1893], pp. 589-604; I varii tipi di congruenze lineari di coniche dello spazio, in Rendiconti della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, I [1895], pp. 93-110 e 155-181). In quest’ultimo lavoro compare la congruenza del 2° ordine con linea singolare unanimemente conosciuta come ‘congruenza di Montesano’. A questo punto gli sembrò naturale passare allo studio dei complessi bilineari di coniche nello spazio ovvero ai sistemi triplamente infiniti di coniche soddisfacenti alla duplice condizione che in un piano generico vi sia una sola conica del sistema e che le coniche del sistema uscenti da un punto generico dello spazio siano nei piani di un fascio. In realtà, anni prima, studiando la curva gobba di 5° ordine e di genere 1, egli aveva già trovato sistema di coniche soddisfacenti queste condizioni. Al IV Congresso Internazionale dei Matematici a Roma, nel 1908, mostrò che, contrariamente a quanto si riteneva allora, i complessi bilineari di coniche potevano essere tutti generati da un’omografia tra le quadriche di un sistema lineare triplamente infinito e i piani dello spazio (Sui complessi bilineari di coniche nello spazio, in Atti del IV Congresso Internazionale dei matematici, II, Roma 1908, pp. 231-233).
La teoria delle congruenze lineari delle coniche nello spazio di Montesano fu oggetto di una piccola polemica con il belga Lucien Godeaux. Quest’ultimo, in una nota pubblicata nel 1911 sul Comptes rendus de l’Académie des sciences de Paris, (t. 152, pp. 1149-1151) aveva imputato al matematico lucano di non avere specificato che le congruenze da lui ottenute erano le uniche possibili. Montesano rispose immediatamente con una breve nota pubblicata nel tomo 153 dello stesso periodico francese (e sul Giornale di matematiche di Battaglini, IL [1911], pp. 176-177, con il titolo Le congruenze lineari di coniche nello spazio), nella quale, dopo aver riassunto i risultati da lui ottenuti in merito, dimostrò che quanto affermato dallo scienziato belga era privo di fondamento dal momento che nel procedimento stesso da lui adoperato era palesemente implicita l’unicità di dette congruenze. Infine, con poche ma efficaci argomentazioni, mostrò che le note di Godeaux non aggiungevano alcunché di nuovo a quanto da lui precedentemente trovato. Montesano ritornò ancora sulle congruenze lineari delle coniche, con una importante ed esaustiva memoria del 1920 (Su la teoria delle congruenze lineari di coniche nello spazio in Rendiconti della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, XXVI [1920], pp. 60- 68) con la quale intese concludere le indagini iniziate 25 anni prima.
A partire dal 1907 egli rivolse particolarmente le sue attenzioni allo studio delle corrispondenze birazionali fra punti di due piani e di due spazi, argomento a cui dedicò numerose memorie, l’ultima delle quali pubblicata nel 1926 (Su la teoria generale delle corrispondenze birazionali fra i punti dello spazio, in Rendiconti della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, XXXII [1926], pp. 93-96). In questo lavoro, associò a ogni corrispondenza un gruppo cremoniano di numeri (I gruppi cremoniani di numeri, in Atti della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 2, 15 [1911], 7, pp. 146-180) e si avvalse del concetto di discesa stabilito appunto per detti gruppi; costruì il quadro caratteristico di ciascuna corrispondenza contenente tutti i dati che rendono nota una trasformazione (Su i quadri caratteristici delle corrispondenze birazionali piane, in Rendiconti della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, XXI [1915], pp. 30-38, 69-79, 113-119); stabilì le relazioni fondamentali esistenti tra due curve omologhe in una corrispondenza birazionale piana (Su le curve omologhe in una corrispondenza birazionale piana, in Rendiconti del Circolo matematico di Palermo, 31 [1911], pp. 363-368); determinò nuove corrispondenze birazionali dello spazio (Sulle corrispondenze birazionali dello spazio che determinano complessi di tangenti, in Rendiconti della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, XIII (1907), pp. 248- 251; Su alcuni tipi di corrispondenze cremoniane spaziali collegati alle corrispondenze birazionali piane di ordine n, ibid., s. 3, XXVII [1921], pp. 164-175); mostrò come tutte le corrispondenze emisimmetriche potessero essere ottenute quale prodotto di due particolari corrispondenze da lui dette riduttrici (Su le corrispondenze birazionali piane emisimmetriche, ibid., s. 3, XXI [1915], pp. 248-251); caratterizzò completamente le corrispondenze birazionali regolari (Su la teoria generale delle corrispondenze birazionali fra i punti dello spazio, in Atti della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 2, XVII [1926]); mostrò i limiti di un teorema stabilito da Cremona (Sulla teoria generale delle corrispondenze birazionali dello spazio, in Rendiconti della R. Acc. nazionale dei Lincei, s. 5, XXX [1921], pp. 447-451); stabilì un principio di estensione che consentiva di passare dallo studio delle corrispondenze birazionali piane a quelle dello spazio (Principio di estensione nella teoria delle corrispondenze birazionali dello spazio, in Rendiconti della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, XXVII [1921], pp. 116-127). Queste ricerche costituirono la base di partenza di numerosi lavori di matematici europei e americani di buona parte del Novecento.
Quando divenne professore di geometria proiettiva all’Università di Bologna, Montesano cominciò a stilare le dispense delle sue lezioni, che furono pubblicate per la prima volta, litografate, nel 1889 con il titolo di Lezioni di geometria proiettiva, e poi, revisionate e accresciute, furono ristampate ancora all’inizio dell’anno accademico 1904-1905. Da queste appare chiaro che anche nell’insegnamento egli predilesse la via sintetica assiomatica già seguita dal suo predecessore Achille Sannia e che a quel tempo a Napoli era anche seguita da Federico Amodeo. Quest’ultimo aveva partecipato attivamente alla discussione apertasi sul finire dell’Ottocento tra vari geometri, tra i quali Riccardo De Paolis e Corrado Segre, circa la necessità di fondare la geometria proiettiva su basi assiomatiche e sul minor numero di postulati possibile. In una sua memoria del 1891 Amodeo aveva proposto un sistema di 9 postulati che si rivelò molto efficace, tanto che riscosse il favore dei Giuseppe Veronese, Mario Pieri, Federico Enriques, Beppo Levi e di altri geometri italiani. In Lezioni di geometria proiettiva, Montesano stabilì un sistema di soli 6 assiomi, diversi da quelli assunti da Amodeo, e che tra l’altro avevano il pregio di rendere la geometria proiettiva indipendente dal V postulato degli Elementi di Euclide.
Quanti lo conobbero lo descrivono come un uomo mite e buono, dai modi garbati, di modestia pari all’ingegno.
Morì improvvisamente il 1° ottobre 1930 a Salerno, dove si trovava in qualità di presidente di commissione per gli esami di maturità presso il liceo classico Tasso. I funerali furono celebrati il 3 ottobre a Napoli nella chiesa dello Spirito Santo.
Fonti e Bibl.: Un ricco epistolario manoscritto di Montesano (160 lettere relative al periodo 1880-1902) è conservato presso la Biblioteca di scienze, sezione di matematica, dell’Università degli studi di Firenze «G. Scorza». Sulla sua figura e la sua opera si vedano: Commemorazione del socio ordinario residente D. M., in Rendiconti dell’Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, XXV (1931) e Giornale di matematiche di Battaglini, LXXXIX (1931), pp. 176-181 (con elenco completo delle opere); R. Marcolongo, D. M., in Bollettino dell’Unione matematica italiana, X (1931), pp. 54-55; A. Tummarello, D. M., in Bollettino di matematica di Firenze, X (1931), pp. 1-2; F.G. Tricomi, Matematici italiani del primo secolo dello stato unitario, in Mem. dell’Acc. delle scienze di Torino, s. 4 (1962), 1, pp. 1-120, ad vocem; G. Gambini, L. Pepe, La raccolta Montesano di opuscoli nella biblioteca dell’Istituto matematico dell’università di Ferrara, www.unife.it/progetti/comunicare- la-matematica/filemat/pdf/rcmont.pdf; R. Gatto, Storia di una “anomalia”. Le facoltà di scienze dell’Università di Napoli tra l’Unità d’Italia e la riforma Gentile.1860-1923, Napoli 2000, passim.