AMICI, Domenico
Disegnatore ed incisore in rame, nato a Roma nel 1808. Nel basso vedutismo romano succeduto alla grande era vasiana e piranesiana, l'A. fu tra quelli che mostrarono maggiori ambizioni: dopo aver inciso all'acquaforte alcune vedute "disegnate dal vero", volle apparire anche "inventore" e incise una serie di 30 vedute immaginarie a mo' di scenografie, che nel 1831 licenziò a Roma con il titolo di Opera-scenografica - inventata e incisa - da Domenico Amici-Romano.
Ma quei rami, tutti intagliati a soli contorni, nel modo che era stato tramandato dai tre Hackert ed accettato in Roma, per la figura, da T. Piroli e da F. Giangiacomo, e in un primo tempo, per i paesi incisi, dallo stesso Antonio Acquaroni, non allettava più nessuno; si che anche l'A. s'indusse a chiaros curare, prendendo a modello non già il Piranesi, ma l'ancora vivente Luigi Rossini.
Dopo le Rovine romane in 20 rami (Roma 1832-33), si diede a ritrarre "obelischi" e "fontane", aggiungendo a quei soggetti anche l'altro dei "chiostri", per una raccolta di 30 rami uscita nel 1838. Intanto insisteva nel ritrarre fabbriche e rovine per nuove raccolte, di cui alcune venivano realizzate come tali (Vedute dei contorni di Roma, Roma 1847) ed altre invece si disgregavano strada facendo, mentre i rami entravano in raccolte di altri. Dopo la proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione (8 dic. 1854) e l'erezione successiva, da parte dell'arch. Luigi Poletti, della colonna commemorativa dell'avvenimento, presso piazza di Spagna, l'A. la riprodusse per primo. E questo fu il suo più grande successo professionale. Tradusse anche in 12 rami una serie di acquerelli di Carlo Werner figuranti le rovine di porta San Pancrazio dopo la difesa di Roma del 1849, e partecipò, come Antonio Acquaroni, suo maggior compagno di lavoro nella Calcografla romana, alla grande Scenografia dei più celebri Monumenti ... del 1864.
Ma la sua opera, giudicata oggi, non ha, nel complesso, se non valore di documento e di curiosità. Ricorderemo a tal proposito il Palazzo di Montecitorio, da lui inciso nel 1840, qual era apparso già alla fantasia di Giuseppe Gioacchino Belli, con in alto "bannerola, orologgio e campanile" e "un grossissimo par de campanoni",e giù la folla dei Romani attenta all'estrazione del lotto.
S'ignora la data di morte dell'A., ma nel 1870-71 viveva e lavorava ancora, come risulta da disegni datati del Gabinetto nazionale delle stampe in Roma, della raccolta già Morandi (uno dei quali con la veduta delle adiacenze di Porta Pia dopo la breccia) e di altre raccolte private.
Bibl.: Universal Catalogue of books on art, Supplement, London 1877, p. 19; P. Arrigoni-A. Bertarelli, Piante e vedute di Roma e del Lazio conservate nella raccolta delle stampe e dei disegni, Milano 1939, V. Indice; Mostra di Roma nell'Ottocento,a cura dell'Ist. di Studi Romani, Roma 1932, pp. 49, 57, 146; A. Petrucci, L'incisione italiana. L'Ottocento, Roma 1941, p. 12; D. R. Peretti Griva-A. Petrucci, Roma, Torino 1949, p. 26; Mostra di disegni della Biblioteca d. Ist. naz. d'archeologia e storia dell'arte (catalogo), a cura di V. Cianfarani, Roma 1956, n. 188; A. Petrucci, Il Caravaggio e il mondo calcografico romano, Roma 1957, p. 85; U. Thieme-F. Becker, Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler, I, p. 404.