THUN (Thunn, Thun-Hohenstein), Domenico Antonio
THUN (Thunn, Thun-Hohenstein), Domenico Antonio. – Nacque a Trento il 1° marzo 1686, nel palazzo di famiglia e nella parrocchia di S. Maria Maggiore, da Giovanni Vigilio, conte Thun di Castel Thun, e da Giovanna Wolkenstein. Padrini di battesimo furono il conte Antonio Piccolomini, preposito della cattedrale di Trento, e la zia Caterina Wolkenstein.
Destinato alla carriera ecclesiastica nei ranghi della Chiesa imperiale, ricevette la prima tonsura nel 1700. Successivamente frequentò la facoltà teologica e giuridica di Salisburgo, ospite del cugino Luigi Ernesto Thun di Castel Bragher. Dal 1706 al 1709 studiò presso il Collegio germanico di Roma. A Trento ottenne un canonicato presso il capitolo del duomo, durante il vescovato di Giovanni Michele Spaur e grazie all’intervento del cardinale Bandino Panciatichi. Rimase canonico anche sotto il breve episcopato di Giovanni Benedetto Gentilotti (settembre del 1725) e durante il quinquennio di Antonio Domenico Wolkenstein, suo zio (1725-30).
Alla morte di Wolkenstein, il capitolo tridentino consegnò a Thun la dignità principesco-vescovile, considerandolo un onorevole compromesso tra i candidati principali, il decano Carlo Costanzo Trapp e il suffraganeo Giovanni Michele Venceslao Spaur. Egli proseguiva così la tradizione di governo facente capo alle famiglie della grande aristocrazia territoriale inurbate a Trento: Thun, Wolkenstein, Spaur, Firmian.
La lunga carriera episcopale di Thun, iniziata il 19 giugno 1730 e durata ventotto anni, può essere divisa in tre periodi distinti. Nel primo decennio, egli incarnò il profilo del vescovo riformista e muratoriano, propenso a introdurre nella diocesi una ‘regolata devozione’, attento alla formazione del clero e al controllo delle cerimonie. Promosse la realizzazione del baldacchino in stile berniniano dell’altare maggiore del duomo di Trento e protesse l’Accademia degli Accesi, fondata a Trento nel 1629. In politica estera, durante la guerra di successione polacca, riuscì a impedire la temuta penetrazione francese nei territori asburgici attraverso la Valle dell’Adige. Per riconoscenza, Carlo VI gli fece dono di una croce tempestata di smeraldi che Thun lasciò poi in eredità al nipote Pietro Vigilio, futuro vescovo di Trento (v. la voce in questo Dizionario). In questa prima fase dell’episcopato di Thun giocarono un ruolo centrale i suoi consiglieri, in particolare il decano Trapp e il fratello del vescovo, Francesco Agostino Gaudenzio Thun, il conte che sposando Maria Antonia Spaur aveva garantito la successione alla linea di Castel Thun.
Dopo che il fratello fu colpito da una grave emiparesi, nel 1739 (sarebbe morto nel 1744), l’atteggiamento del vescovo Thun cambiò radicalmente. Il secondo periodo del suo episcopato fu caratterizzato da condotta immorale, da spese incontrollate, da frequentazioni inappropriate ed equivoche, in particolare delle compagnie di attori che animavano regolarmente le serate al castello del Buonconsiglio. Ciò provocò indignazione nell’opinione pubblica, un repentino rallentamento dell’attività di governo e gravi danni alle casse della Mensa vescovile tridentina, anche se, considerata dal punto di vista della storia culturale, la scandalosa condotta del vescovo rappresentò un progresso per la città.
Il capitolo del duomo di Trento, guidato dal nuovo decano Bartolomeo Antonio Passi, cercò un intervento risolutore presso la Curia romana e la corte austriaca. Il consigliere aulico Joseph Ignaz Hormayr riuscì a ottenere da Thun la firma sotto un atto di rinuncia al governo temporale del Principato: un passo che va letto non solo in prospettiva biografica, ma anche come segnale dell’aumentato centralismo viennese dopo il passaggio di poteri da Carlo VI a Maria Teresa. A Thun fu affiancato come coadiutore con pieni poteri e diritto di successione il nipote (figlio di sua sorella Barbara Elisabetta) Leopoldo Ernesto Firmian, che prese servizio nel luglio del 1748, garantendo, oltre agli interessi pubblici dell’episcopio, anche le ambizioni corporative della cerchia di famiglie della nobiltà trentina di cui i Thun facevano parte.
Con la presa del potere da parte di Firmian, Thun si ritirò a vita privata. Mentre il nipote ricostituiva il Consiglio aulico e metteva in atto una decisa politica riformista, il vescovo spodestato, ormai ipovedente, lottava per avere la piena disponibilità della ricca congrua concessagli all’atto di rinuncia: 9600 fiorini annui più alcuni servitori, ma sotto il controllo del coadiutore, che a tratti lesinava.
Il 16 luglio 1756 la congregazione del S. Uffizio restituì a Thun l’amministrazione della sua congrua. Nel frattempo, a Trento il coadiutore Firmian aveva rinunciato ai suoi diritti di successione, preferendo il ritorno alla diocesi di Seckau e abbandonando le ambizioni della sua famiglia su Trento; gli era subentrato il patrizio trentino Francesco Felice Alberti, ponendo una pesante ipoteca sulla successione e sui destini futuri del Principato vescovile e dei rapporti con Casa d’Austria.
Ormai avulso dalle vicende politiche, Thun morì il 7 settembre 1758 nel castello del Buonconsiglio e fu sepolto nella cattedrale di S. Vigilio a Trento.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Trento, Archivio principesco vescovile; Trento, Archivio provinciale, Archivio Thun di Castel Thun; Biblioteca comunale, Fondo Manoscritti, Raccolta Mazzetti.
C. Wurzbach, Biographisches Lexikon des Kaiserthums Österreichs, XLV, Wien 1882, p. 20; A. Zieger, Storia della regione tridentina, Trento 1968, pp. 240-246; C. Donati, Ecclesiastici e laici nel Trentino del Settecento (1748-1763), Roma 1975, pp. 5-14, 54-68; A. Costa, I vescovi di Trento: notizie, profili, Trento 1977, pp. 185-190; Storia del Trentino, IV, L’età moderna, a cura di M. Bellabarba - G. Olmi, Trento 2000 (in partic. C. Donati, Il principato vescovile dalla guerra dei Trent’anni alle riforme settecentesche, pp. 71-126; M. Farina, Istituzioni ecclesiastiche e vita religiosa dal 1650 al 1803, pp. 505-551); L. Giacomelli, D.A. T., principe delle arti, in Castel Thun. Arte, architettura e committenza, a cura di L. Camerlengo - E. Rollandini, Trento 2017, pp. 209-219.